Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22036 del 03/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22036 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MENNA FRANCO N. IL 11/01/1966
avverso la sentenza n. 5207/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
24/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 03/05/2016

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 24.02.2015, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Milano, in data 12.02.2014, nei confronti
di Menna Franco, in relazione ai reati di cui agli artt. 640, 485, 494 c.p..

– con il primo motivo di ricorso, violazione di legge con riferimento alla dedotta tardività della
querela;
– con il secondo motivo di ricorso, violazione di legge in merito all’affermazione della penale
responsabilità.
Il primo motivo di ricorso è aspecifico.
Lo stesso è fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza
di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c) c.p.p., all’inammissibilità (Sez. 4, sent. n.
5191 del 29/03/2000, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta,
Rv. 230634; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, sent. n.
35492 del 06/07/2007, Tasca, Rv. 237596).
Il secondo motivo di ricorso è del tutto generico.
Invero, tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di
inammissibilità, della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le
censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare
gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze.
Nel caso di specie, la censura è inammissibile perché priva dei requisiti prescritti dall’art. 581,
comma 1, lett. c) c.p.p. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata
ampia e logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura
formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed
esercitare il proprio sindacato.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al
versamento della somma, che si ritiene equa, di euro rnillecinquecento a favore della cassa
delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro millecinquecento alla cassa delle ammende.

Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:

Così deciso in Roma il 03.05.2016

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