Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22027 del 06/04/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22027 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: COSTANTINI FRANCESCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BUONOMINI MINO GIORGIO nato il 29/01/1938 a PISTOIA

avverso la sentenza del 30/03/2017 della CORTE ASSISE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA COSTANTINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCA ZACCO
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato OLIVETI MARCO del foro di Roma in proprio ed in
sostituzione dell’avv. PAOLITTO PASQUALE del foro di ROMA in difesa di
BUONOMINI MINO GIORGIO, che insiste per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 06/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 30 marzo 2017, la Corte di Assise di Appello di Roma, in
riforma della sentenza emessa in data 13/05/2015 dalla Corte di Assise di
Frosinone, previa riqualificazione del fatto contestato in omicidio colposo,
condannava Mino Giorgio Buonomini alla pena di anni 2 di reclusione.
1.1 I! Buononnini, all’esito del giudizio di primo grado era stato dichiarato

coniuge della titolare della comunità alloggio per anziani Casa del Rosario, con la
qualifica di medico chirurgo, omettendo di chiamare soccorso o di ricoverare
direttamente nella più vicina struttura ospedaliera e anzi, trattenendo senza
assistenza nei locali della casa di cura Posterli Margherita, di anni 91, che a seguito
dell’esplosione di un termocamino aveva riportato diffuse e profonde ustioni di
primo grado sul 45% della superficie corporea, ne cagionava la morte.
1.2 La Corte di assise di appello, a seguito di gravame interposto dal Buonomini
ne riconosceva la responsabilità ma in accoglimento di uno dei motivi di
impugnazione, ritenendo, quanto all’elemento soggettivo del reato, che nella
condotta dell’imputato non fosse ravvisabile il dolo, anche nella forma del dolo
eventuale, ma solo profili di colpa, riqualificava il fatto in omicidio colposo.
2. Avverso tale pronuncia propone ricorso il Buonomini, tramite il difensore di
fiducia, lamentando:
– violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 110,192 e 521
cod. pen. La corte d’appello, pur avendo riconosciuto che di fatto l’imputato non
ricopriva alcun ruolo all’interno della comunità alloggio e dunque che non era
configurabile in capo al medesimo la qualifica di cogestore della struttura di cui
all’imputazione, lo ha ritenuto responsabile in quanto medico, richiamando l’art.
40 cod. pen. nonché il codice deontologico della categoria che impone ai medici,
indipendentemente dalla loro abituale attività, di adoperarsi comunque per
assicurare idonea assistenza. La corte lo ha dunque ritenuto responsabile per la
qualità di medico ricoperta e l’omessa indicazione sul punto nel capo di
imputazione non ha permesso all’imputato di approntare una adeguata difesa
tecnico – giuridica, in palese violazione dell’art. 521 cod. proc. pen.
– violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 40 e 192 cod.
pen. Si osserva che la motivazione sviluppata dalla corte per addebitare al
Buonomini l’assunzione di una posizione di garanzia sarebbe del tutto insufficiente
in quanto basata su elementi di fatto contrastanti con le risultanze probatorie. In
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responsabile del reato di cui all’art. 575 cod. pen. perché, quale cogestore e

particolare, non corrisponderebbe al vero che l’infermiere Garofalo venne
contattato dal Buonomini poiché fu la dottoressa Mennini a contattarlo e poi egli a
sua volta telefonò all’infermiere Bottomei come evincibile dalle dichiarazioni rese
da entrambi i testimoni. L’errata affermazione secondo cui il ricorrente avrebbe
contattato l’infermiere si porrebbe poi in contraddizione con quanto affermato in
altra parte della sentenza ove si spiega invece che il Garofalo aveva ricevuto una
telefonata proprio dalla dottoressa Mennini. Parimenti, del tutto erroneamente la
corte avrebbe ritenuto che il ricorrente avesse chiamato l’Arbau per la rimozione

astenersi dal compiere qualsiasi attività. Infine, quanto ai parenti della vittima, la
corte, da un lato avrebbe ritenuto le dichiarazioni di questi ultimi non attendibili
quanto alla posizione di cogestore del Buonomini, mentre dall’altro le avrebbe
valutate come elemento indiziario della posizione di garanzia. Da ultimo sarebbe
invece del tutto irrilevante la telefonata fatta dall’imputato alla figlia della signora
Posterli per avvisarla di quanto accaduto trattandosi di evento successivo al
decesso;
– violazione dell’art. 606 lett. d) in relazione all’art. 603 cod. pro. pen. per non
avere la corte accolto la richiesta della difesa di disporre una perizia sulle cause
della morte della signora Posterli, limitandosi ad avallare le conclusioni rassegnate
dai consulenti del pubblico ministero;
– violazione dell’art.606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 61 n. 3 e
69 cod. pen. in quanto la corte di merito avrebbe ritenuto sussistente l’aggravante
prevista dall’art. 61 n. 3 per aver agito nonostante la previsione dell’evento, con
una motivazione, insufficiente, fondata esclusivamente sull’età avanzata e
sull’estensione delle ustioni mentre, non risultando verificata con certezza la causa
della morte, i suddetti indicati elementi non sarebbero da soli idonei a ritenere la
sussistenza della previsione dell’evento morte. Si chiede infine che le circostanze
attenuanti generiche vengano ritenute prevalenti sulla aggravante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Osserva il collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell’art.
129, comma 1, cod. proc. pen., l’intervenuta estinzione del reato per cui si
procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo. Deve rilevarsi
che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità per la manifesta
infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in

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del camino in quanto come riferito dal medesimo il dott. Buonomini gli intimò di

sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l’intervenuta causa
estintiva. Pertanto, in considerazione della intervenuta instaurazione di un valido
rapporto processuale di impugnazione, risulta possibile anche in tale fase di
giudizio rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod.
proc. pen. Non ricorrono, inoltre, le condizioni per una pronuncia assolutoria di
merito, ai sensi di tale ultima disposizione, in considerazione delle valutazioni rese
dai giudici di merito, in ordine all’affermazione di penale responsabilità del
ricorrente. Come noto, ai fini della eventuale applicazione della norma ora citata,

dell’imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime
valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, circostanza non
riscontrabile nel caso di specie.
2. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per
essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
intervenuta prescrizione.
Così deciso il 6 aprile 2018.

Il Consi
Frances

stensore
tini

Il Presidente
Patrizia Picaia

occorre che la prova della insussistenza del fatto o della estraneità ad esso

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