Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22027 del 03/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22027 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CALCAGNO PAOLO N. IL 20/11/1969
avverso la sentenza n. 3275/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del
05/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 03/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 novembre 2014 la Corte di appello di Catania ha
confermato la sentenza del Tribunale di Siracusa del 27 settembre 2012 dì
condanna di Calcagno Paolo alla pena di un anno e mesi due di reclusione
per il delitto continuato previsto dall’art. 9, comma secondo, legge 27
dicembre 1956, n. 1423, e 81 cod. pen., commesso dal 21 febbraio al 21

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato personalmente, il quale lamenta vizio di motivazione con
riguardo al trattamento sanzionatorio per mancata concessione delle
attenuanti generiche e scarsa gravità dei fatti contestati non esaminati col
dovuto rigore dalla Corte territoriale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente si limita ad enunciare in modo assertivo le censure, come
sopra pressoché testualmente riportate, senza confrontarsi minimamente
con la motivazione della sentenza impugnata, che ha dato precisa e
coerente ragione della conferma della pena applicata, peraltro nel minimo
edittale di pena base e con modesto aumento di due mesi per la ritenuta
continuazione. Va aggiunto che neppure sono indicati vizi della motivazione
denunciabili in sede di legittimità per manifesta illogicità, contraddittorietà
ovvero mancanza di giustificazione decisoria.
Il requisito della specificità dei motivi trova la sua ragione di essere
nella necessità di porre il giudice dell’impugnazione in grado di individuare i
punti e i capi del provvedimento impugnato oggetto delle censure: inerisce
al concetto stesso di “motivo” di impugnazione l’individuazione di questi
punti ai quali la censura si riferisce. Si tratta di un requisito espressione di
un’esigenza di portata generale, che implica, a carico della parte, non
solamente l’onere di dedurre le censure che intende muovere a uno o più
punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo
chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al
fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e
di esercitare il proprio sindacato (Sez. 6, n. 31462 del 03/04/2013,
Mazzocchetti, Rv. 256303; Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, dep. 2010,
Valentini, Rv. 245907; Sez. 4, 6 aprile 2004, Distante, Rv. 228926).
1

maggio 2006 e il 26 maggio 2006, con la recidiva reiterata nel quinquennio.

La totale carenza del suddetto requisito nell’impugnazione in esame ne
impone, dunque, la declaratoria di inammissibilità ai sensi del combinato
disposto degli artt. 591, primo comma, lett. b), e 581, lett. c), cod. proc.
pen.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella

2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa
delle ammende.
Così deciso il 3/12/2015.

determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del

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