Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22025 del 06/04/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22025 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: COSTANTINI FRANCESCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LLESHI ARDIAN nato il 19/06/1978

avverso la sentenza del 17/05/2017 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA COSTANTINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCA ZACCO
che ha concluso per conclude per l’inammissibilita del ricorso.

Data Udienza: 06/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con pronuncia del 17/05/2017, la Corte di Appello di Trieste confermava la
sentenza, resa dal Tribunale di Pordenone all’esito di giudizio abbreviato, che
aveva dichiarato Lleshi Ardian responsabile del reato di furto aggravato
condannandolo alla pena di anni due di reclusione ed euro 200,00 di multa, oltre
al pagamento delle spese processuali.
Avverso tale sentenza propone ricorso il Lleshi, tramite il difensore,

lamentando:
– violazione dell’art. 438 comma 5 in relazione all’art. 603 cod. proc. pen. nonché
vizio di motivazione per non avere la corte di appello ritenuto di disporre
l’assunzione della prova dedotta nella richiesta di rito abbreviato condizionato,
escludendo, con motivazione illogica e comunque insufficiente, la necessità di
procedere alla perizia biologica già richiesta dalla difesa in sede di giudizio
abbreviato condizionato e poi rinnovata in occasione dei motivi d’appello al fine di
comparare i reperti sequestrati sul luogo del reato con il profilo genotipico
dell’imputato. Osserva il ricorrente che i giudici di merito hanno fondato il giudizio
di colpevolezza sul campione biologico rilevato sul collo di una bottiglia di aranciata
rinvenuta all’esterno dell’abitazione presso la quale era avvenuto il furto, senza
considerare che la richiesta integrativa di perizia avanzata dalla difesa afferiva agli
esiti di una consulenza genetica espletata utilizzando un profilo asseritamente
riferito al Lleshi ma di cui si disconoscono modalità di repertazione e custodia,
atteso che detto profilo sarebbe stato acquisito nel 2011 in occasione dell’arresto
operato nell’ambito di altro procedimento penale. L’imputato invero avrebbe
dovuto poter contare sull’ammissione di una perizia funzionale ad accertare, nella
pienezza del contraddittorio e con nomina anche di un proprio consulente, se
effettivamente il suo profilo fosse compatibile con quello acquisito sulla base di
reperti assunti quasi 10 anni prima del processo, onde verificare se detti
accertamenti costituivano anche atti d’indagine ripetibili o irripetibili ed in tal caso,
se fossero stati o meno rispettati i diritti preveduti dal codice di rito e la catena di
custodia dei reperti medesimi. Sul punto la motivazione sarebbe del tutto carente
essendosi la corte di appello limitata a considerare la superfluità della richiesta
istruttoria, meramente opinando sul fatto che l’imputato poteva scegliere il
dibattimento ed in quella sede riproporre la questione della perizia;
– violazione dell’art. 192 comma 2 cod. proc. pen. in punto di errata applicazione
dei criteri valutativi della prova indiziaria e vizio di motivazione in quanto gli
elementi da cui la corte territoriale ha indotto la responsabilità del ricorrente
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2.

rappresenterebbero il frutto di un procedimento indiziario non tale tuttavia da
supportarne una valutazione in termini di “gravità’ come imposto dal ricorso
all’art. 192 comma secondo cod. proc. pen. Invero, il test effettuato sulla citata
bottiglia aveva fornito un “esito debolmente positivo” indicando così solamente
una potenziale presenza di residui salivari, e non certo la chiara ed
incontrovertibile presenza degli stessi. Dunque, solo potenzialmente il collo della
bottiglia sarebbe venuto a contatto con la bocca di uno o più utilizzatori e, allo
stesso tempo, solo potenzialmente le tracce rinvenute sul collo della bottiglia

campione salivare estratto dalla bottiglia ciò consentirebbe esclusivamente di
ritenere verosimile la presenza del Lleshi sul posto ma non vi sarebbe alcuna prova
certa che egli abbia perpetrato il furto dopo aver manomesso il sistema d’allarme
della villa;
– violazione dell’art. 61 nn. 2 e 7 cod. pen. per quanto attiene alla ritenuta
sussistenza delle aggravanti contestate. Invero, osserva il ricorrente che non vi è
prova dell’avvenuta disattivazione del sistema d’allarme che potrebbe anche non
aver funzionato per circostanze autogene, e proprio la presenza di un sistema
d’allarme nella villa farebbe venir meno l’aggravante della minorata difesa di cui
all’art. 61 n. 5) cod. pen. Neppure sarebbe configurabile l’aggravante di cui all’art.
61 n. 7) cod. pen. perché quanto sottratto dalla villa, se posto in relazione alle
condizioni economiche ed al tenore di vita della persona offesa, si discosta dalla
rilevante gravità del danno richiesta dalla norma, anche alla luce dell’immediato
ritrovamento dell’automobile rubata che, tra i beni sottratti, costituiva quello di
maggior valore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Quanto al primo motivo, risulta dalla sentenza impugnata che l’imputato aveva
avanzato richiesta di rito abbreviato condizionato alla ripetizione della perizia del
DNA o, in subordine, il giudizio abbreviato semplice. Il Tribunale aveva ritenuto
l’integrazione probatoria non necessaria ai fini della decisione ed aveva accolto
l’istanza subordinata del prevenuto, così ammettendolo al rito abbreviato puro.
Orbene, l’art. 438, comma 5 cod proc. pen. prevede che l’imputato possa
subordinare la richiesta di rito abbreviato ad una integrazione probatoria
necessaria ai fini della decisione, il cui espletamento è rimesso alla valutazione del
giudice sotto il profilo dell’effettiva necessità ai fini del decidere, tenuto conto delle
finalità di economia processuale insite al rito speciale (art. 111, comma 2 Cost.).
L’integrazione probatoria nel rito abbreviato presuppone, da un lato,

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sarebbero riconducibili a tracce di saliva. Pur assumendo, peraltro, come valido il

l’incompletezza di un’informazione probatoria in atti, dall’altro, una prognosi di
positivo completamento del materiale a disposizione per il tramite dell’attività
integrativa, valutazione insindacabile in sede di legittimità se congruamente e
logicamente motivata (Sez. 2, n. 5229 del 14/01/2009, Massaroni Gabrielli, Rv.
243282). Ciò premesso, la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità
ritiene che l’accertamento peritale costituisce un mezzo di prova il cui
espletamento è rimesso al prudente apprezzamento del giudice ed i cui tempi di
esecuzione risultano in genere incompatibili con le esigenze di speditezza da cui è

236191; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, dep. 2004, Ligresti ed altri, Rv. 229665;
Sez. 6, n. 37033 del 18/06/2003, Brunetti, Rv. 228406; Sez. 6, n. 17629 del
12/02/2003, Zandri, Rv. 226809; Sez. 5, n. 12027 del 06/04/1999, Mandalà, Rv.
214873). Nel caso di specie, il rigetto della richiesta di rito abbreviato cd.
condizionato è, dunque, avvenuto in maniera del tutto legittima e l’imputato aveva
la facoltà di riproporre, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado, la richiesta di ammissione al rito alternativo già rigettata. Avendo lo
stesso, invece, avanzato richiesta di accedere al giudizio abbreviato semplice, ha
acconsentito alla utilizzazione ai fini della decisione di tutti gli atti aventi valenza
probatoria assunti non in contraddittorio nel corso delle indagini preliminari (Sez.
4, n. 21707 del 16/01/2004, Casassa, Rv. 228568). Il giudizio abbreviato infatti
si caratterizza essenzialmente per lo scambio che intercorre tra imputato e
ordinamento, il quale contempla la rinunzia da parte del primo ad articolare, in
tutto o in parte, mezzi di prova a discarico, con l’impegno a consentire una rapida
acquisizione del compendio probatorio e una celere definizione del giudizio, in
cambio della riduzione di pena stabilita dall’art. 442, comma 2 cod. proc. pen. La
corte di appello ha comunque ampiamente motivato anche in ordine al motivo di
appello dedotto, ricostruendo analiticamente le modalità di repertannento delle
tracce utilizzate ai fini dell’estrazione e della comparazione del DNA.
3. Anche il secondo motivo è infondato. La corte di appello ha precisato che,
proprio in considerazione degli esiti della comparazione dei campioni biologici,
poteva individuarsi nell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio il soggetto che
aveva bevuto da quella bottiglia abbandonata poi nei pressi del garage della villa
della famiglia Gasparotto la notte in cui fu perpetrato il furto. Tale elemento è
stato congruamente ritenuto non un semplice indizio ma una prova scientifica
idonea ad attestare la presenza certa sul posto del ricorrente quella notte.
Presenza del tutto ragionevolmente ritenuta non giustificabile se non con la sua
partecipazione all’azione criminosa, posto che la bottiglia fu rinvenuta nei pressi
del garage da cui quella notte fu sottratta un’auto e nelle vicinanze di altri oggetti
abbandonati dai ladri nella fuga, e considerato altresì che l’imputato, residente
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connotato il rito abbreviato (Sez. 4, sent. n. 14130 del 22/01/2007, Pastorelli, Rv.

altrove, in precedenza non aveva mai avuto alcun rapporto o contatto con le
persone derubate, il che consentiva di escludere la possibilità che si fosse
trattenuto all’esterno della villa per altre ragioni. Tale motivazione del tutto
congrua e non manifestamente illogica sfugge al sindacato di legittimità mentre il
ricorrente cerca di prospettare una diversa e più favorevole ricostruzione dei fatti
non consentita in questa sede.
4. Il terzo motivo di ricorso, volto a contestare le ritenute circostanze aggravanti,
è inammissibile in quanto formulato in modo generico ed aspecifico. Il ricorrente

quali la corte ha ampiamente argomentato con motivazione adeguata e con la
quale il ricorso omette del tutto di confrontarsi.
5. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna di parte ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deci

il 6 aprile 2018.

infatti si limita a reiterare pedissequamente doglianze già dedotte in appello, sulle

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