Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22018 del 03/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22018 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PEPINI LORENZO N. IL 24/12/1978
avverso la sentenza n. 1071/2011 CORTE APPELLO di PERUGIA, del
20/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 03/12/2015

i

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 20 ottobre 2014 la Corte di appello di
Perugia, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale della sede, con le già concesse attenuanti
generiche in rapporto di equivalenza alle contestate aggravanti della
recidiva e della gravità della minaccia, esclusa la ritenuta continuazione e
applicata la diminuente per il rito abbreviato, ha ridotto da anni uno a mesi

dall’art. 9, comma secondo, legge n. 1423 del 1956, e determinato in euro
trenta di multa la pena per il reato previsto dall’art. 612, comma secondo,
cod. pen., così derubricata l’originaria imputazione ai sensi dell’art. 337 cod.
pen.: reati commessi in Tuoro sul Trasimeno il 13 settembre 2010.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Pepini tramite il difensore, il quale denuncia i seguenti motivi: 2a) vizio di
motivazione per aver respinto con motivazione telegrafica e del tutto
censurabile la tesi difensiva dell’imputato circa la sua inconsapevolezza di
trovarsi nel territorio di un Comune diverso (Tuoro sul Trasimeno) da quello
di soggiorno obbligato (Passignano), considerato che il supermercato dove,
in pieno giorno, fu sorpreso in compagnia della madre, accompagnata a fare
la spesa, si trova nei pressi del confine tra i due Comuni e che il reato
contestato postula il dolo e non la sola colpa; 2b) vizio di motivazione per
avere negato la perizia psichiatrica al fine di accertare la capacità di
intendere e di volere dell’imputato al momento dei fatti, nonostante
l’esibizione da parte della difesa di precedente perizia che, nell’ambito di
diverso processo, aveva riconosciuto il disturbo antisociale di personalità di
Pepíni; 2c) vizio di motivazione con riguardo al motivo di appello che aveva
diffusamente contestato la ritenuta gravità della minaccia di Pepini nei
confronti del vice brigadiere Suriani, in occasione dell’accertamento della
contestata violazione dell’obbligo di soggiorno; 2d) vizio di motivazione in
punto di trattamento sanzionatorio per non avere la Corte territoriale tenuto
conto dello stato psicofisico dell’imputato e, in particolare, del vizio parziale
di mente dal quale lo stesso sarebbe affetto, tale da giustificare attraverso
un giudizio di bilanciamento più favorevole, tra le già riconosciute
attenuanti generiche e le circostanze aggravanti contestate, una pena più
mite.

1

V-

otto di reclusione la pena inflitta a Pepini Lorenzo per il reato previsto

3. Il 27 novembre 2015 risulta pervenuta alla cancelleria memoria
difensiva che reca la data del 23 novembre 2015 ad ulteriore perorazione
dei motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente va rilevata l’intempestività della memoria difensiva che

in violazione della disposizione di cui all’art. 611, comma primo ed ultimo
periodo, cod. proc. pen., con la conseguenza che essa non deve essere
presa in considerazione (c.f.r., ex multis, Sez. 5, n. 7449 del 16/10/2013,
dep. 2014, Casarubea, Rv. 259526).
1.1. I motivi tempestivamente proposti sono manifestamente infondati.
La Corte territoriale non ha ignorato la tesi difensiva dell’imputato circa
l’errore in cui sarebbe incorso non avvedendosi di trovarsi in un Comune
diverso da quello di soggiorno obbligato, ma ha plausibilmente rilevato che
Pepini, nell’interrogatorio reso, si era limitato ad affermare che, considerata
la vicinanza al Comune di Passignano della sede del supermercato, solo per
pochi metri sconfinante, non si era testualmente “preoccupato più di tanto”,
mostrando così di essere consapevole del sia pure breve oltrepassamento
del territorio comunale. E tanto basta ad integrare il dolo generico del
delitto, come correttamente ritenuto dal giudice di merito.
1.2. Il tema dell’imputabilità non è stato parimenti trascurato nella
motivazione della sentenza resa nel giudizio abbreviato, poiché la Corte,
con motivazione adeguata e coerente, ha osservato che, nel caso in esame,
non esisteva indice alcuno che inducesse a ritenere la scemata capacità di
intendere e di volere dell’imputato, né esso poteva trarsi dalla perizia
allegata dalla difesa, espletata in diverso processo risalente al 2005 e
concernente un delitto passionale (il tentato omicidio dell’ex fidanzata), in
cui era stato eclatante l’aspetto passionale ed istintivo per l’incapacità di
Pepini di accettare la fine del rapporto sentimentale; peraltro il motivo
aggiunto della seminfermità mentale dell’imputato esulava totalmente,
come pure osservato dalla Corte, dai motivi di impugnazione
tempestivamente proposti, rivelandosi sotto tale profilo inammissibile.
1.3. Adeguata e coerente risulta la motivazione anche nella parte in cui
ha confermato la gravità della minaccia al pubblico ufficiale da parte di
Pepini nel corso dell’accertamento della violazione della misura di

2

non risulta depositata entro il quindicesimo giorno libero prima dell’udienza,

prevenzione: l’imputato, oltre a minacciare di morte i verbalizzanti, aveva
anche tentato di investire l’autovettura dei Carabinieri.
1.4. Il trattamento sanzionatorio è stato congruamente motivato alla
luce dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. con il riconoscimento delle
attenuanti generiche in regime di equivalenza alle contestate aggravanti
(recidiva e gravità della minaccia).

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,

spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa
delle ammende.
Così deciso il 3/12/2015.

comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle

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