Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22015 del 13/02/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22015 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GADALETA DOMENICO nato il 24/03/1970 a GENOVA

avverso la sentenza del 04/10/2016 della CORTE APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EMANUELE DI SALVO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO GAETA
che ha concluso per
Il P.G. Gaeta Pietro conclude l’inammissibilità.
Udito il difensore

Data Udienza: 13/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1.Gadaleta Domenico ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe
indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in
primo grado, in ordine al reato di cui agli artt. 624-625 n 2 e 7 cod.pen.

2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché il

l’accertamento del possesso del mezzo da parte del ricorrente, ad opera della
polizia giudiziaria, avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a ravvisare il
tentativo e non il reato di furto consumato.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La doglianza formulata dal ricorrente è infondata. Risulta, infatti, dalla
motivazione della sentenza impugnata che l’imputato venne notato dalla polizia
giudiziaria mentre si aggirava tra alcuni motocicli parcheggiati sulla pubblica via.
A un certo momento, egli venne visto salire su una Vespa e, dopo aver
armeggiato con qualcosa, metterla in moto e partire velocemente. Gli agenti,
non essendo riusciti a intervenire prima che il Gadaleta partisse, lo raggiunsero
e lo bloccarono, constatando che egli aveva forzato il bloccasterzo del veicolo e
asportato il blocchetto d’ accensione, in modo da poter avviare il mezzo senza
utilizzare la chiave. L’imputato, perquisito, venne trovato in possesso di arnesi
da scasso (cacciaviti, pinza, chiave del tipo di quelle da scooter). Dunque precisa il giudice a quo – l’autore del fatto conseguì comunque, sia pure per
breve tempo, l’autonoma disponibilità del veicolo, con conseguente
spossessamento del detentore. Di qui la conclusione secondo cui trattasi di furto
consumato e non tentato.
2. Trattasi di una conclusione del tutto aderente al consolidato orientamento
giurisprudenziale secondo cui, ai fini della distinzione tra il reato di furto
consumato e quello tentato, non ha rilevanza né il criterio spaziale, attinente allo
spostamento del bene in luogo diverso da quello della sua apprensione, né il
criterio temporale, attinente alla durata e alla stabilità della detenzione
dell’oggetto da parte del responsabile del reato, sicché è sufficiente, ai fini della
consumazione, la sottrazione della cosa alla disponibilità del detentore e la
correlativa acquisizione del possesso da parte dell’ agente, anche per un breve
1

brevissimo lasso di tempo intercorso tra l’illecita sottrazione del motociclo e

lasso di tempo e nello stesso luogo della sottrazione (Cass., Sez. 5, n. 7047 del
27-11-2008, Rv. 242963; Sez. 4, 17-2-1996, Burrascano, Rv. 205199; Sez. 4.
15-3-1995, Ominelli, Rv. 201870). Solo allorchè l’agente non abbia conseguito,
neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della cosa, non
ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo, come
nel caso in cui venga esercitato un continuo monitoraggio dell’azione furtiva in
essere, mediante appositi apparati di rilevazione automatica ovvero attraverso
la diretta osservazione da parte della persona offesa o degli addetti alla

prontamente, l’iter criminis rimane allo stadio del tentativo ( Sez. U. n. 52117
del 17-7-2014, Prevete, Rv. 261186).Ne deriva che sussiste il delitto di furto
consumato e non tentato allorché, come nel caso di specie, le Forze dell’ordine,
per le caratteristiche della situazione concreta, non possano intervenire prima
del compimento dell’azione criminosa ma solo successivamente
all’impossessamento della res da parte del soggetto attivo. È dunque da
ravvisarsi il reato di furto consumato allorché il reo asporti un oggetto sotto lo
sguardo degli operanti di polizia giudiziaria, i quali però non riescano ad
intervenire immediatamente per interrompere l’azione criminosa, sicché solo in
seguito all’impossessamento da parte dell’autore del furto e mentre quest’ultimo
si allontana dal luogo del commesso reato sia possibile raggiungerlo e bloccarlo
(Cass., Sez. 5, n. 40697 del 23-9-2008, Rv. 241746). Correttamente pertanto,
nel caso in esame, è stato ravvisato il reato consumato e non tentato.
3. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13-2-2017.

sorveglianza ovvero delle forze dell’ordine presenti, che intervengano

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