Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22005 del 03/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22005 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIANCONTIERI FRANCESCO N. IL 13/06/1952
avverso l’ordinanza n. 5876/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
PALERMO, del 23/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 03/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 23 gennaio 2015 il Tribunale di sorveglianza
di Palermo ha respinto l’istanza di detenzione domiciliare per gravi ragioni di
salute

ed

inabilità

parziale,

avanzata

da

Giancontieri

Francesco,

ultrasessantenne, in espiazione di cumulo di pene di anni sette, mesi otto e
giorni nove di reclusione, per violazione della legge sugli stupefacenti, tentato

A ragione della decisione il Tribunale ha addotto che le condizioni dì salute
del condannato (esiti di pregressa frattura scomposta del femore sinistro,
severa gonartrosi a sinistra ed ernia inguinale destra) non erano incompatibili
con il regime carcerario e non comportavano uno stato di inabilità tale da
giustificare la misura domiciliare.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione sia
Giancontieri personalmente, sia tramite il suo difensore, con denuncia dì
violazione di legge ed erronea valutazione dei presupposti legittimanti la
detenzione domiciliare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il duplice ricorso è inammissibile.
Con motivazione adeguata e coerente, esente da violazioni del diritto e della
logica, il Tribunale ha ritenuto, sulla base di giudizio ancorato al contenuto della
relazione sanitaria aggiornata al 13 gennaio 2015, che non sussistessero le
condizioni per l’applicazione della misura richiesta.
Le censure avanzate dal ricorrente personalmente e tramite il difensore
sono, in parte, palesemente prive di fondamento e, in altra parte, mirano ad
una diversa valutazione delle risultanze istruttorie non consentita nel giudizio di
legittimità.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto,

ex art. 616,

comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, anche al pagamento di una somma -stimata equa tra il
minimo e il massimo previsti- di mille euro a favore della cassa delle ammende.

1

t’

c

omicidio e rissa.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.

Così deciso il 3/12/2015.

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