Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22003 del 13/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 22003 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SANTABARBARA GIOVANNI nato il 12/01/1961 a PIANA DI MONTE VERNA

avverso l’ordinanza del 13/10/2017 del TRIB. LIBERTA’ di SANTA MARIA CAPUA
VETERE
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;
sentite le conclusioni del PG, dott. P. Canevelli, che ha concluso per
l’annullamento con rinvio limitatamente al sequestro della cisterna e con il
rigetto del ricorso, nel resto;

Data Udienza: 13/03/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza 13.10.2017, il tribunale del riesame di Santa Maria Capua Vetere
rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse del Santabarbara avverso
il decreto di convalida del sequestro probatorio disposto dal PM in data
20.09.2017; giova precisare, per migliore intelligibilità dell’impugnazione, che il
sequestro ha ad oggetto un’autocisterna tg. AW185LT e carburante del tipo gasolio

terrata presso il distributore ove avveniva il controllo della PG, ritenendo il PM
sussistere il fumus dei reati di cui agli artt. 110 c.p., 40, co. 1, lett. b), e co. 4,
nonché 49, d. Igs. n. 504 del 1995, ritenendo trattarsi di corpo del reato e di cose
ad esso pertinenti necessarie per finalità probatorie connesse alla prosecuzione
delle indagini.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia
iscritto all’albo speciale ex art. 613, c.p.p., deducendo due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.

2.1. Deduce il ricorrente, con il primo motivo, vizio di motivazione e violazione di
legge in relazione agli artt. 63, 503 (rectius, 350), co. 7, c.p.p.
Sostiene il ricorrente che l’ordinanza impugnata sarebbe affetti:t, dai predetti vizi
laddove ha fondato il giudizio di conferma del sequestro probatorio valorizzando
le dichiarazioni rese da Maresca Vincenzo, di cui era stata eccepita l’inutilizzabilità
in quanto autista dell’autocisterna in sequestro, verbalizzate ai sensi dell’art. 350,
co. 7, c.p.p.; quest’ultimo non era stato avvisato che si procedeva ad indagini nei
suoi confronti, sicché sarebbero stati applicabili nei suoi confronti i limiti di cui
all’art. 63, co. 2, c.p.p., con conseguente inutilizzabilità delle sue dichiarazioni; di
ciò si troverebbe conferma nel fatto che l’atto in questione risultava essere stato
letto e chiuso alle 18,10 del 19.09.2017, laddove solo alle successive h. 18,30 il
Maresca sarebbe stato reso edotto della sua qualità di indagato con l’invito ad
eleggere domicilio ed a nominare un difensore di fiducia; il tribunale avrebbe equivocato giuridicamente nell’interpretare il rilievo difensivo, in quanto, illogicamente, avrebbe richiamato due precedenti giurisprudenziali di legittimità che non
sarebbero pertinenti al caso in esame (il riferimento, in ricorso, è a quella decisione
che ha ritenuto utilizzabili le dichiarazioni non verbalizzate rese dal coindagato
nell’immediatezza dell’arresto, laddove, nel caso concreto, si trattava di dichiara-

nel quantitativo di !t. 3848, prelevato dalla cisterna della capienza di IL 7000 in-

zioni verbalizzate rese dall’autista dell’autocisterna che avrebbe dovuto sin dall’inizio essere informato della qualità di indagato e che, solo successivamente,
avrebbe potuto rendere dichiarazioni; dall’altro, si censura il richiamo a quell’altra
decisione di legittimità che riguardava l’utilizzabilità nel giudizio abbreviato delle
dichiarazioni spontanee rese dall’indagato); emergerebbe quindi il vizio motivazionale denunciato per aver utilizzato il tribunale argomentazioni o citazioni che
esulavano dalla questione giuridica da affrontarsi nel caso in esame peraltro, si

aggiunge, la violazione di legge in questione avrebbe avuto valenza decisiva nella
valutazione del merito della vicenda, in quanto le dichiarazioni rese dall’autista
erano state utilizzate per smentire la ricostruzione del fatto fornita dalla difesa,
riportata a pag. 4 del ricorso. Infine, si sostiene che anche la motivazione relativa
alla valutazione del fumus del reato sarebbe viziata sia sotto il profilo dell’illogicità
che del travisamento degli indizi; in particolare, si osserva, il tribunale ha affermato che qualora si fosse effettivamente verificato un guasto della valvola di scarico, sarebbe stato più logico ed opportuno che l’autista rientrasse immediatamente presso la sede della società per la riparazione, anziché effettuare i rifornimenti presso gli impianti di Caserta, loc. Vaccheria ed Alvignano; diversamente,
si sostiene in ricorso, si sarebbe trascurato che presso questi due ultimi distributori
l’autista doveva scaricare solo benzina, come previsto dal DAS, sicchè era opportuno e logico completare il giro per assicurare i rifornimenti giornalieri ai predetti
distributori anziché rientrare immediatamente alla base, non potendo prevedere
quanto tempo sarebbe servito per riparare il guasto. Ancora, si censura il fatto che
nella motivazione della ordinanza impugnata si sarebbe affermato che l’attività di
trasferimento del carburante fosse caduta sotto la percezione della GdF che
avrebbe notato alcuni soggetti procedere al trasbordo, laddove, diversamente, i
finanzieri sarebbero stati solo in grado di presumere che si stesse procedendo al
trasbordo del gasolio poi sequestrato; infine, si taccia di illogicità la motivazione
dell’ordinanza laddove i giudici hanno disatteso la considerazione difensiva relativa
al quantitativo di gasolio che il serbatoio interrato avrebbe dovuto contenere; in
sostanza, si osserva, poiché la G.d.F. aveva rinvenuto 3.848 IL di gasolio era inverosimile che in due sole ore il distributore avesse erogato 3000 IL, contestazione
però superata dal tribunale con l’affermazione, censurata di illogicità, secondo cui
non poteva escludersi che i 3000 !t. precedentemente scaricati fossero stati interamente utilizzati. Sul punto, la difesa del ricorrente sostiene che, tenuto conto
che l’utilizzazione consisteva nell’erogazione al pubblico da parte di un piccolo distributore sito in periferia a Caserta, il ragionamento del tribunale sarebbe illogico
perché, calcolando una media di 50 IL di rifornimento per singolo cliente, sarebbe

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stato necessario ipotizzare, per riscontrare logicamente tale affermazione, che almeno 60 veicoli avrebbero dovuto rifornirsi di gasolio in sole due ore, sicchè se
ogni rifornimento richiedeva almeno 5 minuti, sarebbero state necessarie almeno
tre ore; era quindi agevole con un semplice calcolo matematico ritenere illogica
tale ricostruzione da parte del tribunale, che avrebbe disatteso l’assunto difensivo

2.2. Deduce il ricorrente, con il secondo motivo, vizio di illogicità della motivazione
in ordine alle esigenze cautelari e violazione di legge in relazione all’art. 240, co.
2, c.p.
Si contesta l’ordinanza quanto alla valutazione della rilevanza probatoria dei beni
sequestrati; in particolare, si osserva, per quanto concerne l’autocisterna, il tribunale, pur ritenendo non individuabile una finalità probatoria a fondamento del
mantenimento del sequestro, avrebbe giustificato il permanere del vincolo cautelare richiamando la natura obbligatoria della confisca del veicolo ciò che ne
avrebbe impedito la restituzione in base al disposto dell’art. 324, co. 7, c.p.p.; si
sostiene, tuttavia, che non costituendo il bene in questione, ossia l’autocisterna, il
prezzo del reato, secondo il tribunale lo stesso rientrerebbe nella previsione d cui
al n. 2 dell’art. 240, co. 2, c.p.; si tratterebbe di erronea qualificazione giuridica
del bene perché l’autocisterna non è cosa la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce di per sé reato, donde ciò avrebbe erroneamente
portato ad omettere l’individuazione della finalità probatoria del sequestro dell’autocisterna, con conseguente apparenza della motivazione sul punto, laddove il PM
ha ritenuto non potersi escludere la necessità di effettuare accertamenti anche per
verificarne ulteriormente le caratteristiche, ma, si sostiene, non sarebbe comprensibile sul piano logico quali potrebbero essere le caratteristiche del gasolio rinvenuto nell’apposito serbatoio del distributore, che dovrebbe essere necessario verificare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile perché proposto per
motivi diversi da quelli consentiti.

4. Ed invero, dalla stessa struttura ed articolazione dei motivi di ricorso è evidente
che parte delle doglianze del ricorrente, sono articolate sotto il profilo del vizio di
motivazione, in particolare sotto il profilo della illogicità e del travisamento degli

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con una valutazione congetturale.

indizi (primo e secondo motivo), doglianze che attingono il procedimento argomentativo con cui i giudici del riesame hanno ritenuto sussistere il fumus del reato
ed il periculum in mora.
E’ sufficiente, a tal fine, richiamare le doglianze, più volte ripetute in ricorso, che
attingono l’ordinanza impugnata contestandone il percorso argomentativo, in particolare laddove si censura, anzitutto, la valutazione operata dai giudici del rie-

valvola di scarico fornendo una spiegazione circa il comportamento che invece era
lecito attendersi dall’autista se tale tesi fosse stata verosimile (pagg. 4/5 del ricorso), e, ancora, laddove si contesta (pag. 5 del ricorso) che il trasferimento del
carburante fosse caduto sotto la diretta percezione degli operanti che presumibilmente lo avrebbero desunto e, infine, laddove si taccia di illogicità la considerazione svolta dal tribunale circa il quantitativo di gasolio che avrebbe dovuto contenere il serbatoio interrato, in quanto la soluzione offerta dal tribunale sarebbe
stata smentibile (pagg. 5/6 del ricorso) operando un calcolo basato sul numero
delle autovetture che avrebbero potuto rifornirsi nell’arco temporale indicato.
E’ evidente che le doglianze si appuntano sugli elementi posti a fondamento della
valutazione operata dal tribunale del riesame, e, dunque mirano a censurare un
vizio motivazionale; trattasi, all’evidenza, di censure inammissibili perché precluse
dal chiaro disposto dell’art. 325, c.p.p., che limita il ricorso per cassazione in materia cautelare reale alla sola violazione di legge, con esclusione del vizio di motivazione; sul punto, pacifica è la giurisprudenza di questa Corte che, intervenuta
in materia anche nella sua più autorevole composizione, ha sempre ribadito che il
ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo
o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi
comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della
motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno
del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (per tutte: Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep.
26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692; (Conf. S.U., 29 maggio 2008 n. 25933, Malgioglio, non nnassimata sul punto), circostanza, quest’ultima, da escludersi nel caso
sottoposto all’esame di questa Corte.

5. Il ricorso è, poi, infondato, ove si recuperi il nucleo essenziale delle doglianze,
suscettibili di sindacato ex art. 325 c.p.p., riferite alla presunta violazione di legge
con riferimento, anzitutto (primo motivo), alla violazione di legge relativa al combinato disposto degli artt. 63 e 350, co. 7, c.p.p., per non aver accolto la richiesta

same laddove disattendono la tesi difensiva circa l’essersi verificato un guasto alla

di inutilizzabilità delle dichiarazioni dell’autista dell’autocisterna che avrebbe dovuto essere informato sin dall’inizio di essere sottoposto ad indagini; su tale punto,
è sufficiente richiamare la giurisprudenza di questa Corte che ha già precedente
affermato come a norma dell’art. 350, comma settimo, cod. proc. pen., le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria da persona indagata, senza assistenza del difensore, possono essere utilizzate in fase di indagini preliminari come

stesso codice ne’ alcuna ipotesi di inutilizzabilità specifica, e – ai fini della configurabilità delle condizioni richieste per il sequestro probatorio – possono costituire
elementi concorrenti a fare ritenere ragionevolmente presumibile il reato ipotizzato, anche attraverso la valutazione di altri elementi logici (Sez. 3, n. 166 del
18/01/1995 – dep. 25/02/1995, P.M. in proc. Lauretta, Rv. 201566).
Nella specie, dunque, le dichiarazioni del Maresca, come correttamente evidenziato dal tribunale, ben potevano essere utilizzate a fini cautelari, essendo del tutto
priva di pregio l’eccezione difensiva della loro inutilizzabilità perché non precedute
dagli avvisi ex art. 63 c.p.p. e senza l’assistenza del difensore; del resto, è pacifico
in giurisprudenza che alle dichiarazioni spontanee (art. 350 comma settimo cod.
proc. pen.) del soggetto indagato non si applicano le disposizioni dell’art. 63,
comma primo, cod. proc. pen. e dell’art. 64, stesso codice, giacché l’una concerne
l’esame di persona non imputata o non sottoposta ad indagini e l’altra, attiene
all’interrogatorio, atto diverso dalle spontanee dichiarazioni (Sez. 6, n. 34151 del
27/06/2008 – dep. 26/08/2008, Vanese, Rv. 241466).

6. In secondo luogo, il ricorso è poi infondato con riferimento alla censura relativa
alla violazione di legge riferita all’art. 240, c.p. (secondo motivo); ed invero, è
sufficiente leggere la motivazione dell’ordinanza per rilevare l’infondatezza della
doglianza difensiva, avendo infatti il tribunale del riesame (v. pag. 6) chiarito che
sussiste senz’altro il nesso di pertinenzialità fra res e reato, considerato che l’autocisterna appariva funzionale proprio alla consumazione dell’illecito, perpetrato
mediante l’illecito trasbordo della quantità di carburante sottratta all’accertamento
ed al pagamento delle accise; è lo stesso tribunale poi che, con riferimento alla
rilevanza probatoria dell’autocisterna sequestrata – unica res su cui si appuntano
le doglianze difensive in sede di ricorso – ricorda che, trattandosi di mezzo utilizzato per commettere il reato di contrabbando, dev’essere sempre disposta la confisca, anche nel caso di estinzione del reato per prescrizione; trattasi di riferimento
giuridicamente corretto che, in sé, assorbe la censura relativa all’affermazione del

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indizio di reato, non ricorrendo ne’ l’inutilizzabilità generale di cui all’art. 191,

tribunale circa l’asserita ostatività dell’art. 324, co. 7, c.p.p. alla revoca del sequestro; ed invero, osserva il Collegio, così correggendo la motivazione del tribunale
nell’esercizio della facoltà concessa a questa Corte a norma dell’art. 619, c.p.p.
Circa la natura obbligatoria e non facoltativa della confisca prevista dall’art. 44, d.
Igs. n. 504 del 1995, non sussiste alcun dubbio; ed invero, per espressa previsione
dell’art. 44 citato, si prevede che è obbligatoria la confisca “dei mezzi comunque

l’autocisterna mezzo utilizzato per commettere la violazione dell’art. 40, la stessa
deve essere considerata come oggetto di confisca obbligatoria; che, del resto, si
tratti di confisca obbligatoria è stato più volte riconosciuto dalla giurisprudenza di
questa Corte, la quale ha affermato che la confisca delle cose che servirono o
furono destinate a commettere il reato di contrabbando deve essere sempre disposta dal giudice anche nel caso di estinzione del reato per prescrizione (Sez. 3,
n. 25887 del 26/05/2010 – dep. 07/07/2010, Petrol Service Srl, Rv. 248057, relativa a fattispecie – identica a quella qui sottoposta ad esame di questa Corte – di
confisca riguardante un’autobotte utilizzata per commettere il reato di sottrazione
all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, previsto
dall’art. 40, D.Igs. 26 ottobre 1995, n. 504).

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 13 marzo 2018

utilizzati per commettere le violazioni di cui agli artt. 40, 41 e 43”, sicchè, essendo

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