Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21998 del 01/02/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21998 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI
CATANZARO
nel procedimento a carico di:
LA TORRACA BIAGIO MAURIZIO nato il 23/09/1963 a MORANO CALABRO

avverso l’ordinanza del 22/06/2017 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO

sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
lette/sentite le conclusioni del PG GABRIELE MAZZOTTA

Data Udienza: 01/02/2018

Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio
Udito il difensore

AA

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 22 giugno 2017, il Tribunale di Catanzaro ha annullato
l’ordinanza del Gip dello stesso Tribunale, con la quale – per quanto qui rileva – era stata
disposta la custodia cautelare in carcere a carico di La Torraca Biagio Maurizio, indagato
del delitto di cui all’art. 416 cod. pen., commi 1, 2 e 5, in relazione al d.lgs. n. 504 del
1995, art. 40, comma 1, lettera c), e comma 4, nonché del delitto di cui all’art. 483 cod.
pen., perché si associava con altri coindagati allo scopo di commettere più delitti di

pagamento dell’accisa, destinandolo ad usi soggetti a maggiore imposta, avvalendosi per
lo scopo dell’utilizzo di false documentazioni (DAS e fatture) realizzate mediante
l’indicazione di luoghi di destinazione fittizi, coincidenti con ignare società operanti nel
settore della vendita di prodotti petroliferi.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto che il reato di cui al d.lgs. n. 504 del 1995, art.
40, comma 4, in ordine al quale erano state autorizzate le intercettazioni, non potesse
essere ricondotto alla previsione di cui all’art. 266 cod. proc. pen., comma 2, lettera e),
non rinvenendosi nel testo unico sulle accise, dopo le modifiche apportate dal d.lgs. n. 48
del 2010, alcuna disposizione normativa che espressamente riconducesse al contrabbando
anche i prodotti energetici, carburanti e oli minerali sottratti all’accertamento o al
pagamento dell’accisa; ha rilevato, quindi, l’inutilizzabilità delle risultanze delle
intercettazioni, che costituivano il maggior supporto indiziario giustificativo della misura
cautelare e, effettuata la “prova di resistenza”, ha ritenuto che le restanti emergenze
indiziarie (sequestri di prodotti petroliferi per complessivi litri 141.682 e conclamata falsità
dei documenti di accompagnamento-DAS) non raggiungessero la soglia della gravità
indiziaria prevista dall’art. 273 cod. proc. pen., in ordine alla contestazione cautelare di cui
all’art. 416 cod. pen.
2. – Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Si contesta, con una prima doglianza, la ritenuta non sussumibilità del reato
di cui al d.lgs. n. 504 del 1995, art. 40, nella fattispecie di contrabbando, rilevando che
l’accisa – imposta di fabbricazione o produzione – costituisce un tributo che colpisce
determinati prodotti industriali nel momento in cui escono dal loro circuito produttivo. Si
sottolinea che la giurisprudenza di legittimità, anche successivamente alle modifiche
apportate al predetto testo normativo dal d.lgs. n. 48 del 2010, pur non potendo l’accisa
essere ricompresa nei diritti di confine, è costante nel riconoscere la sussistenza del delitto
di contrabbando in tutti i casi in cui dal comportamento doloso del trasgressore sia
derivata la sottrazione delle merci al pagamento dell’IVA e dell’accisa, configurando un
rapporto di specialità tra il testo unico sulle accise ed il testo unico delle leggi doganale; si

contrabbando di gasolio, in particolare sottraendo gasolio agricolo all’accertamento o al

richiama il dato testuale del d.lgs. n. 504 del 1995, art. 44, che prevede che i beni
utilizzati per commettere il reato di cui al precedente art. 40 siano soggetti a confisca,
«secondo le norme vigenti in materia doganale».
2.2. – In secondo luogo, si lamenta che il Tribunale ha dichiarato inutilizzabili le
intercettazioni telefoniche in quanto autorizzate in relazione al reato di cui al d.lgs. n. 504
del 1995, art. 40, comma 4, Sulla base di una erronea interpretazione del dato normativo.
Ad avviso del ricorrente, il Gip potrebbe autorizzare le intercettazioni anche per una

ministero, che sia evincibile dalla descrizione dei fatti rilevabile dagli atti prodotti. E
sarebbero, in generale, utilizzabili i risultati di intercettazioni disposte per un titolo di reato
che le consenta qualora all’esito delle indagini i fatti accertati integrino una fattispecie che
non le avrebbe consentite.
2.3. – Con una terza doglianza, si contesta la valutazione effettuata dal Tribunale
del riesame in ordine alla valenza della prova di resistenza, in quanto fondata su
argomentazioni carenti, illogiche e contraddittorie; in particolare, il Tribunale avrebbe
omesso di valutare le ulteriori emergenze investigative, costituite dall’attività di
osservazione degli organi di polizia giudiziaria, e la personalità dell’indagato; inoltre la
motivazione esposta si porrebbe in contraddizione con la motivazione di altra ordinanza
dello stesso Tribunale del 15.6.2017 che, in relazione ad altro coindagato, aveva ritenuto
la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Il primo motivo di ricorso è fondato ed assorbente rispetto agli ulteriori motivi
proposti.
2.

– Questa Suprema Corte ha già affermato che l’autorizzazione alle

intercettazioni, ai sensi dell’art. 266 cod. proc. pen., è consentita per il reato di
contrabbando, nel quale deve comprendersi anche quello previsto dal d.lgs. n. 504 del
1995, art. 43, in quanto consistente nella sottrazione di alcol all’accertamento ed al
pagamento dell’accisa.
Si è osservato, da una parte, che il tratto caratteristico del contrabbando, come si
desume dal d.P.R. n. 43 del 1973, art. 292, è la sottrazione di merci al pagamento dei
diritti di confine dovuti; dall’altra, che per accisa si intende «l’imposizione indiretta sulla
produzione e sui consumi prevista con la denominazione di imposta di fabbricazione o di
consumo e corrispondente sovrimposta di confine o di consumo» (d.lgs. n. 504 del 1995,
art. 1, comma 2, lettera b) e che non sono rilevanti sul punto le modificazioni dell’articolo
citato introdotte dal d.lgs. 29 marzo 2010, n. 48, art. 1, comma 1, lettera a)

a seguito

delle quali l’accisa continua ad essere definita come «imposizione indiretta sulla
produzione o sul consumo dei prodotti energetici, dell’alcole etilico e delle bevande

3t

fattispecie diversa ed ulteriore rispetto a quella indicata nella richiesta del pubblico

alcoliche» -, considerato, da un lato, che il predetto articolo, anche a seguito delle
introdotte modifiche, individua analiticamente le ipotesi dell’imposta dovuta
all’importazione e, dall’altro, che il d.lgs. n. 504 del 1995, art. 43, comma 4, continua a
disporre che «L’alcole ed i prodotti alcolici detenuti in condizioni diverse da quelle
prescritte si considerano di contrabbando» e che, in materia di confisca si applicano, ai
sensi dell’art. 44, le disposizioni legislative vigenti in materia doganale (Sez. 3, n. 38024
del 20/06/2013, Rv. 257684; Sez. 3, n. 38430 del 9/07/2008).

quale le intercettazioni sono state autorizzate in relazione al reato di cui al d.lgs. n. 504
del 1995, art. 40, consistente anch’esso nella sottrazione di prodotti (oli minerali, soggetti
ad accisa ed indicati nell’art. 21 del predetto decreto) all’accertamento o al pagamento
dell’accisa (Sez. 3, n. 2419 del 21/11/2017, dep. 22/01/2018, Rv. 271766; Sez. 3, n.
2418 del 21/11/2017, dep. 22/01/2018, Rv. 272038, entrambe riferite alla stessa
fattispecie associativa per la quale qui si procede). Infatti, in tale disposizione il legislatore
ha riunito tutte le condotte illecite aventi ad oggetto gli oli minerali, razionalizzando il
sistema previgente (d.l. n. 271 del 1957, artt. 9, 10, 11, 12, 14; legge 31 dicembre 1962,
n. 1852, art. 20; d.l. n. 46 del 1976, art. 6; r.d.l. n. 334 del 1939, artt. 22 e 23). Essa
punisce, quindi, una serie di condotte, tutte accomunate dalla finalità di sottrarre il
prodotto all’accertamento o al pagamento dell’accisa sugli oli minerali, allo scopo di
immettere, su un mercato parallelo a quello legale, quantità di prodotto petrolifero. Del
resto, la stessa formulazione dell’art. 266 cod. proc. pen., lettera

e),

si riferisce

genericamente a «delitti di contrabbando» e, sia nel linguaggio comune che in quello
giuridico, il termine “contrabbando” si riferisce alla produzione e al movimento di merci,
trattandosi di un’offesa diretta contro gli interessi finanziari dello Stato e degli enti pubblici
minori, che si compie con l’evasione dei dazi o delle imposte di produzione e di consumo.
In altri termini, la nozione di contrabbando attiene sia a forme di evasione (di violazione
delle legge finanziarie impositive di dazi sulle merci estere, nonché di divieti di entrata e di
uscita delle stesse nel e dal territorio nazionale) che accedono al contrabbando doganale
estero sia a forme di evasione di altri tributi previsti da leggi finanziarie non doganali,
come le imposte di fabbricazione, i monopoli fiscali, le imposte comunali di consumo, che
si sostanziano in condotte fraudolente relative ai dazi interni di consumo nonchè ai
monopoli di stato (c.d. “contrabbando interno”). Questa Suprema Corte, del resto, aveva
già chiarito, sia pure a fini diversi, che la sottrazione al pagamento della imposta di
fabbricazione sugli oli minerali costituiva contrabbando interno (Sez. 6, n. 10414 del
12/12/1989, dep. 17/07/1990, Rv. 184942, con riferimento ad analoga disposizione della
pregressa normativa di cui al r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, art. 23).

Tale principio trova applicazione, per identità di ratio, anche nel caso in esame, nel

Va, quindi, ribadito il seguente principio di diritto: è ammissibile, ai sensi dell’art.
266, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., l’autorizzazione alle intercettazioni di
conversazioni o comunicazioni per il reato previsto dal d.lgs. n. 504 del 1955, art. 40, in
quanto lo stesso, consistendo nella sottrazione di prodotti energetici all’accertamento e al
pagamento dell’accisa, deve ritener’ si compreso tra i delitti di contrabbando.
3. – L’ordinanza impugnata si pone in contrasto con tale principio, con la
conseguenza che la stessa, assorbita ogni ulteriore doglianza, deve essere annullata, con

del principio di cui sopra.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di
Catanzaro, sezione misure cautelari personali.
Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2018.

rinvio al Tribunale di Catanzaro, che dovrà procedere a nuovo esame, facendo applicazione

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