Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21997 del 26/02/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21997 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ASLLANAJ ALTIN N. IL 27/08/1981
avverso la sentenza n. 3913/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 30/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;
Data Udienza: 26/02/2014
R.G. 29696 / 2013
Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Bologna ha confermato la
sentenza del Tribunale di Parma, che all’esito di giudizio ordinario ha dichiarato il
cittadino albanese Altin Asllanaj colpevole di tre reati, unificati dalla continuazione, di
illecita vendita continuata di sostanza stupefacente del tipo cocaina ad una pluralità di
tossicodipendenti di Parma in un arco di tempo compreso tra l’agosto 2008 e il marzo
2009, condannandolo -concessegli le attenuanti generiche e l’attenuante di cui all’art. 73
co. 5 LS- alla pena di tre anni di reclusione ed euro 12.000 di multa.
Contro tale sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato di persona, deducendo difetto di motivazione in ordine alla invocata riduzione
della pena, negata dalla Corte felsinea senza tenere conto di tutti parametri dettati
dall’art. 133 c.p. e degli argomenti censori esposti con i motivi di appello.
Il ricorso è inammissibile, poiché prospetta argomenti critici incentrati su una
mera rivalutazione fattuale delle fonti di prova non consentita in questa sede, alla luce
della completezza e logicità della motivazione con cui i giudici di appello hanno ritenuto
di confermare la decisione di primo grado, congrua e adeguata al non modesto disvalore
della prolungata attività criminosa del prevenuto la pena determinata dal giudice di
primo grado.
Giova aggiungere che la sentenza n. 32/2014 (non ancora efficace ex artt. 136 Cost.
e 30 L. 87/1953) con cui il giudice delle leggi ha dichiarato incostituzionali le disposizioni
della L. 49/2006 modificative della disciplina penale degli stupefacenti, così
ripristinando il previgente regime sanzionatorio, non influisce sull’odierna regiudicanda,
la pena valutata congrua e applicata dal giudice di merito essendo senz’altro “legale” alla
stregua di entrambe le normative nella loro diacronica successione (identicità della pena
prevista dall’art. 73 co. 5 L.S. vigente e di quello anteriore reintrodotto dalla decisione
della Corte Costituzionale).
All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende,
che stimasi equo determinare nella misura di euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 26 febbraio
2014
Motivi della decisione