Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21991 del 25/05/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21991 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Boncompagni Ludovisi Francesco Maria, nato in Svizzera il 29/06/1965

Avverso la sentenza del 24/03/2016 della Corte di appello di Roma

Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso,
Sentita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Ciro
Angelillis, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
Udito il difensore, Avv. Luigi Mancini che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24/3/2016 la Corte di appello di Roma ha ordinato la
consegna all’Autorità Giudiziaria austriaca di Boncompagni Ludovisi Francesco
Maria, in accoglimento di M.A.E. processuale emesso il 20/8/2014 dall’A.G.
austriaca per i reati di truffa e di evasione fiscale commessi tra il 2011 e il 2014
in Austria, nel contempo respingendo la richiesta di differimento della consegna
in relazione allo svolgimento in Italia di processo che vede il Boncompagni
Ludovisi imputato del delitto di bancarotta fraudolenta.

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Data Udienza: 25/05/2016

2. Ha proposto ricorso il Boncompagni Ludovisi tramite il suo difensore.
Dopo aver riepilogato la vicenda processuale, dato conto del M.A.E. e
dell’ordine di arresto sul quale lo stesso si fonda nonché delle integrazioni
richieste dalla Corte territoriale e delle risposte fornite dalla A.G. austriaca, e
fatto riferimento ad una sentenza nel frattempo pronunciata dal Tribunale di
Vienna nei confronti dei correi, il ricorrente passa ad indicare nel dettaglio i

2.1. Con il primo motivo denuncia violazione dell’art. 6, comma 1, lett. d),
e) e f), e comma 3, dell’art. 17, comma 4 e dell’art. 18 lett. t), legge 69 del
2005, e vizio di motivazione, agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e),
cod. proc. pen.
La Corte aveva rilevato che i reati erano puniti con pena superiore al limite
di cui all’art. 7, comma 3, legge 69 cit. e che era rispettato il requisito della
doppia punibilità in relazione ai reati di associazione per delinquere, evasione
fiscale e truffa.
Viene contestata tale affermazione innanzi tutto in relazione alla ritenuta
sussumibilità della condotta nel reato di associazione per delinquere, non
essendo dimostrato che la richiesta dell’A.G, austriaca concernesse anche quel
reato.
Non si sarebbe potuta invocare la causa di consegna obbligatoria di cui
all’art. 8, comma 1, lett. a), legge 69, dovendo essere dimostrato il presupposto
della sussistenza sul piano indiziario di una struttura associativa e della
partecipazione del ricorrente al sodalizio.
Il M.A.E. era in realtà riferito al reato di evasione fiscale e a quello di truffa
professionale, ma senza riferimento all’appartenenza della persona ad una banda
operante in Austria composta da almeno tre persone, con distinzione di ruoli,
avente il programma criminoso di commettere una serie di evasioni fiscali.
Le fonti di prova desumibili dal M.A.E. e delle informazioni integrative
riguardavano solo l’ipotesi dell’evasione fiscale, con conseguente violazione
dell’art. 6, comma 1, lett. d), e) e f), legge 69 del 2005.
La pena massima contenuta nel M.A.E. corrispondeva a quella della truffa
professionale, mentre per l’evasione fiscale nell’ordine di arresto si faceva
riferimento alla possibilità di infliggere pena fino a cinque anni.
In concreto era del tutto mancante la motivazione nel M.A.E. in relazione al
reato associativo, in violazione dell’art. 18 lett. t), legge 69, ferma restando la
violazione dell’art. 17, comma 4, legge 69.

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motivi.

2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 7, comma 2, legge
69 del 2005 con riferimento all’evasione dell’IVA.
La Corte non aveva considerato che si sarebbe dovuto aver riguardo in
materia di tasse e imposte all’assimilabilità con fattispecie previste dalla
legislazione italiana, essendo inoltre richiesta la previsione di pena pari o
superiore ad anni tre.
Ma nel caso di specie si sarebbe dovuta prendere in considerazione in

che prevede pena non superiore a due anni di reclusione, con conseguente
insussistenza dei presupposti per la consegna.
In ogni caso non si rinveniva alcuna motivazione in ordine alla
partecipazione del ricorrente all’ipotizzata evasione dell’IVA, non essendo dato
comprendere perché egli avrebbe dovuto risponderne, visto che il ricorrente non
era amministratore né di diritto né di fatto delle società di diritto austriaco.
E neppure era dato comprendere con quali condotte il ricorrente avrebbe
istigato Guglielmo Del Marco e gli altri membri della banda a evadere VIVA.
La Corte avrebbe dovuto comunque rifiutare la consegna ai sensi dell’art. 18
lett. t) legge 69 del 2005, per mancanza di motivazione in ordine alla
partecipazione del ricorrente, stante l’insussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza in ordine al reato tributario.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in
relazione ai gravi indizi di colpevolezza a carico del consegnando circa il reato di
truffa professionale aggravata e violazione dell’art. 17, comma 4, e dell’art. 18
lett. t), legge 69 del 2005, agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.
proc. pen.
La Corte aveva ritenuto che fosse sufficiente che le fonti di prova relative
all’attività criminosa e al coinvolgimento della persona richiesta fossero
astrattamente idonee a fondare la gravità indiziaria, pur con la sola indicazione
delle evidenze fattuali a carico, essendo la valutazione in concreto demandata
all’A.G. del Paese emittente.
Nella verifica delle evidenze fattuali la Corte aveva però fornito una
motivazione carente, perché priva di indicazioni sulle specifiche fonti di prova
relative al coinvolgimento del ricorrente e perché priva dell’allegazione delle
evidenze fattuali a carico del consegnando.
Inoltre la Corte aveva pregiudizialmente negato l’esame della valenza
probatoria dei fatti accertati dal Tribunale di Vienna nel processo a carico di
presunti correi, dando conto della risposta del Pubblico Ministero austriaco, nella
quale era precisato che Gugliemo Del Marco dinanzi al Tribunale di Vienna aveva
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materia di evasione dell’IVA la fattispecie di cui all’art. 10-ter d.lgs. 74 del 2000,

confessato, che il mandato di cattura a carico del Boncompagni Ludovisi si
basava anche su altre prove documentali e dichiarative, che l’udienza dinanzi al
Tribunale di Vienna non aveva mutato il grave sospetto di reato contro il
ricorrente. Ma non era specificato in che consistessero le altre prove in funzione
delle indicazioni specifiche sulle fonti di prova relative all’attività criminosa e al
coinvolgimento della persona richiesta.
Era peraltro irrilevante che il Del Marco avesse confessato, fermo restando

secondo cui nulla era mutato in ordine alla posizione del ricorrente,
diversamente risultando invero dalla lettura delle valutazioni contenute alla pag.
21 di quella sentenza.
2.4. Con il quarto motivo, in via subordinata, il ricorrente denuncia
apparenza o contraddittorietà della motivazione in ordine al diniego del
differimento della consegna richiesto ai sensi dell’art. 24 legge 69 del 2005, in
modo da consentirgli di partecipare a processo a suo carico in Italia per
bancarotta fraudolenta.
La Corte aveva enunciato principi affermati in materia dalla Corte di
cassazione ma in concreto non aveva operato alcun vaglio delibativo, essendosi
privilegiata l’esecuzione del M.A.E. con motivazione illogica e contraddittoria, a
fronte di ragioni che avrebbero dovuto condurre alla conclusione opposta, come
la pendenza per fatti risalenti al 2010, la maggior gravità del reato per cui si
procede in Italia, l’impossibilità di svolgere celermente il relativo processo.
Né la Corte aveva assolto l’obbligo di sentire il Tribunale dinanzi al quale
pende il processo in Italia.

3. Nell’interesse del ricorrente è stata presentata anche una memoria
difensiva, nella quale si ribadiscono le ragioni per cui la consegna deve essere
rifiutata in relazione ai motivi già presentati e si chiarisce, con riguardo al quarto
motivo, volto a far valere l’illogicità della motivazione relativa al mancato
differimento della consegna, che il processo per il quale il M.A.E. è stato emesso
non è stato fissato e che avverso l’imputazione, formulata solo il 29/4/2016, è
stato presentato ricorso sul quale la Corte d’appello viennese dovrà pronunciarsi
nei prossimi due o tre mesi, prima dei quali non è possibile fissare udienza: ne
discende che mancano le ragioni per cui al ricorrente dovrebbe essere impedito
di esercitare il suo diritto di difesa nel processo pendente in Italia.

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che la sentenza del Tribunale di Vienna avrebbe consentito di verificare l’assunto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è incentrato sulla configurabilità dell’associazione per
delinquere.
Si tratta in realtà di una questione irrilevante, che «vitiatur sed non viziat»,
in quanto il M.A.E. risulta chiaramente emesso per due tipologie di reati,
l’evasione fiscale, come membro di una banda di almeno tre persone che si sono

specificamente indicati negli atti trasmessi dall’A.G. austriaca i precisi riferimenti
normativi.
L’ipotesi dell’associazione per delinquere in realtà non è di per sé
conferente, anche se in taluni passi della sentenza impugnata si fa ad essa
riferimento.
Va per vero rilevato che il fatto-reato va inteso in relazione alla sua
inquadrabilità in fattispecie previste dall’ordinamento interno, ma nel caso di
specie non è la sussistenza della banda che costituisce il fulcro della violazione
bensì l’evasione fiscale.
Il problema è dunque quello di verificare se i presupposti per la consegna
ricorrano o meno in relazione ai due reati configurati nel M.A.E. e nell’ordine di
arresto sulla cui base il M.A.E. è stato emesso.

2. Nel secondo motivo si contesta la disposta consegna in relazione al reato
di evasione fiscale.
In primo luogo si sostiene che l’ipotesi formulata corrisponderebbe a quella
prevista dall’art. 10-ter d.lgs 74 del 2000 e dunque non consentirebbe la
consegna, essendo in Italia prevista una pena inferiore ad anni tre.
Per quanto posto in luce dall’A.G. austriaca in risposta alle note di richiesta
integrativa del 16 febbraio e del 2 marzo 2015, risulta che le evasioni fiscali sono
state realizzate da imprese «missing trader» che hanno importato quantità di
prodotti elettronici e hanno esposto VIVA nelle loro fatture, che però non ha poi
formato oggetto né di comunicazione al competente ufficio né di pagamento: i
compratori della merce parimenti coinvolti nell’evasione fiscale nell’ambito delle
proprie dichiarazioni hanno fatto valere VIVA esposta nelle fatture ma non
versata, come IVA a credito.
Le imprese «missing trader», avvicendatesi in vari periodi, acquistavano la
merce da società aventi sede in Svizzera o a Malta o in Romania, e in genere lo
stesso giorno la rivendevano a compratori, costituiti da imprese austriache, che
erano coinvolte nell’evasione fiscale.
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unite per compiere reati, e la c.d, truffa professionale, reati di cui sono

Le condotte assumevano rilevanza il giorno 15 del secondo mese successivo,
allorché doveva essere dato un avviso al competente ufficio ed effettuato il
versamento di un acconto.
In tale quadro il ricorrente aveva, secondo l’A.G. austriaca, il ruolo
dell’organizzatore, avvalendosi di Guglielmo Del Marco, che in accordo con il
ricorrente aveva l’amministrazione delle imprese «missing trader». Il ruolo del
Boncompagni Ludovisi era stato confermato da altri soggetti, come Mantler

finanziatore e in un’occasione si era presentato minacciosamente a casa sua.
Altrettanto aveva sostenuto di aver agito in accordo con il ricorrente e con
Del Marco Trunkenpolz Marcus.
Nell’ordine di arresto sulla cui base è stato emesso il M.A.E. si fa riferimento
oltre che alle dichiarazioni del Del Marco, a quelle di Christofer Horvath, secondo
cui Boncompagni Ludovisi era il capo, e di Alexander Fritz e Karl Hofbauer, oltre
che alle dichiarazioni rese dai citati Aigner e Mantler.
Ciò posto, è d’uopo rilevare che ai sensi dell’art. 7, comma 2, legge 69 del
2005, in materia di tasse, imposte, dogana e cambio, la doppia punibilità non
opera in senso stretto, dovendosi invece aver riguardo all’assimilabilità di tasse e
imposte e alla previsione per le analoghe tasse e imposte italiane di una
sanzione della reclusione pari o superiore ad anni tre.
Nel caso di specie la complessa e articolata attività criminosa non può
risolversi nel riferimento all’ipotesi contemplata dall’art. 10-ter d.l.vo 74 del
2000, incentrata sul mancato versamento dell’IVA dovuta in base a dichiarazione
annuale.
In realtà la nota saliente della condotta è ravvisabile nella mancanza di
preavviso e nel mancato versamento degli anticipi dovuti alle scadenze previste,
secondo lo schema dettagliatamente esposto nella sopra citata nota di risposta
dell’A.G. austriaca, dal quale risulta il mancato versamento di una cifra
considerevole per ciascuna delle società missing trader coinvolte.
Anche a non voler considerare la componente di frode insita nel
meccanismo, è d’uopo comunque rilevare che l’evasione, rispetto alle citate
società missing trader, non si correla ad una dichiarazione annuale ma ne
prescinde, il che sostanzialmente consente di assimilare la condotta quanto
meno all’ipotesi di cui all’art. 5 d.lgs. 74 del 2000 per la quale è prevista la pena
di anni tre.
D’altro canto risultano indicati gli elementi di prova e le relative fonti.
A tal fine costituisce ius receptum

che «in tema di mandato di arresto

europeo, l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della riconoscibilità del presupposto
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Nikolas, o Aigner Harald Marius, secondo cui il Boncompagni Ludovisi era il

dei gravi indizi di colpevolezza, deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per
il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa,
fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia
ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si
chiede la consegna» (Cass. Sez. U. n. 4614 del 30/1/2007, Ramoci, rv. 235348).
D’altro canto con riguardo al tipo di motivazione del provvedimento cautelare
che è alla base del M.A.E., «è sufficiente che l’autorità giudiziaria emittente abbia

attraverso la puntuale allegazione delle evidenze fattuali a carico della persona di
cui si chiede la consegna» (Cass. Sez. U. n. 4614, Ramoci, cit., rv. 235349).
Ne discende che nel caso di specie la documentazione inviata dà modo di
comprendere il percorso seguito dall’A.G. austriaca e di ravvisare gli elementi
che sono stati, nei termini sopra lumeggiati, ritenuti evocativi del fatto-reato
commesso dalla persona di cui è chiesta la consegna, nulla significando la
circostanza che il ricorrente non rivestisse formalmente ruoli amministrativi nelle
società austriache coinvolte.
Deve corrispondentemente escludersi la violazione sia dell’art. 17, comma 4,
sia dell’art. 18 lett. t), legge 69 del 2005.

3. Il terzo motivo concerne il reato di truffa professionale.
In questo caso dall’ordine di arresto interno si desume che il Boncompagni
Ludovisi è raggiunto da elementi indiziari in ordine alla sua partecipazione nei
mesi di maggio e giugno del 2013 ad un’operazione fraudolenta, compiuta in
accordo con Guglielmo Del Marco e altri, avendo indotto in errore i responsabili
di due società sulla originalità dei prodotti Microsoft e Apple e convinto i predetti
ad acquistare numerosi pezzi in realtà falsificati, in cambio di un cospicuo prezzo.
Le accuse a carico del Boncompagni Ludovisi si fondano sulle indagini
condotte dalla Direzione di Polizia giudiziaria della Bassa Austria, in particolare
sulla deposizione di Christofer Horvath, secondo cui il denaro riveniente dalla
vendita di pezzi in apparenza della Apple erano stati divisi tra Boncompagni
Ludovisi e Del Marco, nonché sulle risultanze degli estratti conto, che hanno
posto in luce che una somma di euro 600.000,00 era stata versata ad
un’impresa del ricorrente.
Quanto all’ulteriore affare truffaldino risultava inoltre che secondo il Del
Marco lo stesso era stato concepito dal Boncompagni ed inoltre era avvenuta una
consegna di denaro in Bratislava.
Posto che i riferimenti normativi specificati in allegato alla documentazione
inviata dall’A.G. austriaca valgono a delineare la fattispecie ipotizzata, in questo
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dato “ragione” del provvedimento adottato; il che può realizzarsi anche

caso sostanzialmente concidente con quella della truffa, si contesta la concreta
configurabilità dei gravi indizi e di una congrua motivazione sul punto, tanto più
in relazione alle risultanze della sentenza nel frattempo emessa dal Tribunale di
Vienna nei confronti dei correi.
Ma in realtà deve ribadirsi che lo standard richiesto in questa sede si risolve
nell’indicazione di un compendio che l’A.G. dello Stato di emissione ha ritenuto
seriamente evocativo del fatto-reato e della responsabilità del soggetto di cui è

In tale ottica merita condivisione la sentenza impugnata, in quanto in effetti
la documentazione originariamente e successivamente trasmessa dall’A.G.
austriaca consente di ricostruire quel compendio indiziario, non essendo possibile
in questa sede proporre un ragionamento probatorio alternativo, di esclusiva
pertinenza di quell’A.G.
Ed invero risultano indicate le fonti dichiarative che convergono sul
Boncompagni Ludovisi, suffragate dal riscontro della somma entrata nelle casse
di un’impresa del predetto.
Quanto alla sentenza del Tribunale di Vienna, nella risposta fornita dall’A.G.
austriaca alla nota del 17 luglio 2015 si assume che la stessa non avrebbe in
alcun modo inciso sul quadro indiziario, basato non solo sulle dichiarazioni del
Del Marco, ma anche su altre dichiarazioni, oltre che sulle risultanze di estratti
conto e e mails.

Peraltro, considerando l’invocato passaggio di pag. 21, si rileva come in esso
si sottolinei che il Del Marco aveva dichiarato di aver paura per la propria vita
poiché egli stesso sarebbe stato vittima di Boncompagni Ludovisi, e che peraltro
progressivamente la credibilità del Del Marco era stata riconsiderata, apparendo
che egli ammetteva le circostanze per le quali la situazione degli elementi di
prova era schiacciante.
In tale ottica il Del Marco aveva ammesso, dopo aver inizialmente addossato
ogni responsabilità al Boncompagni Ludovisi, che egli stesso aveva avuto un
ruolo predominante, per lo meno in relazione alle società austriache, ciò che
aveva indotto il Tribunale a ritenere che lo stesso dirigesse le aziende indicate
negli accertamenti.
Tale passaggio peraltro non può essere isolatamente valutato, giacché il
M.A.E. si fonda su un complessivo compendio probatorio, che non può dirsi
radicalmente e ineluttabilmente smentito, fermo restando che a tal fine occorre
comunque una valutazione dell’A.G. dello Stato di emissione.
Correttamente l’A.G. austriaca in sede di chiarimenti ha rilevato che le
dichiarazioni del Del Marco non costituivano unica prova a carico di Boncompagni
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chiesta la consegna.

Ludovisi, fermo restando che anche nella sentenza del Tribunale di Vienna
compare il riferimento al versamento di somme dirette al ricorrente.
Pertanto il quadro evocativo del fatto-reato e del ruolo del ricorrente
permane, non potendosi dire acquisiti elementi dirimenti di segno contrario.
Ne discende che il motivo di ricorso è come gli altri infondato.

relazione alla pendenza di altro procedimento in Italia a carico del ricorrente.
Deve rilevarsi come il giudizio si fondi su una valutazione di opportunità, che
deve tener contro di alcuni parametri, come la gravità dei reati e la data di
consumazione, lo stato di restrizione della libertà, la complessità dei
procedimenti, la fase o il grado in cui si trovano (Cass. Sez. 6, n. 14860 del
27/3/2014, Dumitran).
In tale ottica la valutazione operata dalla Corte territoriale risulta aver dato
conto di quei parametri, valutando il fatto che a fronte di un procedimento
pendente in primo grado con l’imputato in stato di libertà, sia pure per un reato
di non modesta gravità risalente al 2010, è preferibile disporre la consegna in
esecuzione del M.A.E. processuale, che comunque non pregiudica la posizione
del ricorrente, il cui processo in Italia è destinato a rimanere sospeso nel periodo
di detenzione all’estero.
Non incidono su tale valutazione gli elementi prospettati nella memoria
difensiva da ultimo depositata, a fronte del fatto che un’imputazione è stata
comunque formulata dall’A.G. austriaca ae che semmai potrà determinarsi un
ritardo di due o tre mesi.

5. In conclusione il ricorso va per intero rigettato con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, d.P.R.
69 del 2005.
Così deciso il 25/5/2016

4. Il quarto motivo deduce il tema del differimento della consegna in

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