Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21986 del 28/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21986 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
c/
CIMAROLI SABRINA nato il 05/03/1975 a TERRACINA

avverso l’ordinanza del 21/05/2015 del TRIB. LIBERTA’ di LATINA
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
lette/sept-tre le conclusioni del PG e s Pt-t4A-3r-r2

QG

Udit i difensor Avv.;

1,2

Data Udienza: 28/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Latina, con ordinanza del 21/5/2015, ha respinto la richiesta
di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo di attrezzature informatiche
emesso dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data
31/3/2015 e notificato il 14/4/2015 a Sabrina CIMAROLI, indagata per il reato di

prescritta licenza del Questore, l’attività di raccolta di scommesse per conto del
«bookmaker» austriaco «SKS365 Group Gmbh».
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il
proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.

2.Con un unico motivo di ricorso lamenta che l’ordinanza impugnata sarebbe
errata laddove afferma la sussistenza dei requisiti di attualità e concretezza della
misura reale, asserendo che le argomentazioni sviluppate dai giudici del riesame
non sarebbero condivisibili, avendo ella dimostrato che la situazione di fatto
accertata sarebbe ormai mutata, non esercitando più l’attività per conto della
società austriaca, quanto meno dal 20 aprile 2015, come dimostrato dal fatto che
la predetta società avrebbe regolarizzato la propria posizione con riferimento a
diversi punti commerciali, tra i quali non figura, però, quello a lei riconducibile.
Osserva, pertanto, che la motivazione dell’ordinanza sarebbe affetta da un
vizio logico insanabile della motivazione laddove si afferma che l’operatore
austriaco, pur avendo regolarizzato la propria posizione in Italia, continui la
raccolta di scommesse mediante soggetti non autorizzati, incorrendo così in una
causa di decadenza del diritto di esercitare stabilmente l’attività economica in
Italia.
La cessazione del rapporto con la società, inoltre, avrebbe determinato il
venir meno del periculum in mora che giustificava il sequestro.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1

cui all’art. 4, legge 401/89, per aver esercitato, senza essere in possesso della

La costante giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente espressa nel
senso che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di
riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere
proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai
motivi di cui all’articolo 606, lettera e) cod. proc. pen. pur rientrando, nella
violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di
motivazione meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di precise
norme processuali (Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 . V.

25/6/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv.
242916; Sez. 5, n. 8434 del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255).

2. Nel caso di specie la ricorrente, pur dichiarando in ricorso di denunciare la
violazione di legge, svolge le proprie censure concentrandosi esclusivamente
sulla motivazione del provvedimento, proponendo in questa sede una propria
personale valutazione dei dati fattuali valorizzati dal Tribunale, che ripropone
sotto una diversa ottica.
Tali apprezzamenti, i quali, non potendo avere ingresso in questa sede di
legittimità, da soli giustificherebbero la declaratoria di inammissibilità della
proposta impugnazione, risultano del tutto infondati.
I giudici del riesame hanno infatti evidenziato, con opportuni richiami anche
alla giurisprudenza di questa Corte, come sia stato accertato in fatto che la
ricorrente operava senza la necessaria licenza del Questore, che aveva
espressamente rigettato una richiesta in tal senso, ordinando anche l’immediata
sospensione di qualsiasi attività riconducibile alle scommesse con provvedimento
notificato il 30/5/2013 all’interessata.
Osserva inoltre il Tribunale che, dagli accertamenti espletati dalla polizia
giudiziaria, era emerso che l’indagata proseguiva nella sua attività, risultando, da
un’informativa del 14/2/2015 del Commissariato di P.S. di Terracina, che
all’interno dei locali nella disponibilità della ricorrente era allestito un punto di
raccolta scommesse per conto della società austriaca mediante l’installazione di
due terminali completi per l’accettazione di scommesse usati dal personale
addetto, nonché due terminali con monitor a disposizione dei clienti per
l’accettazione di scommesse e per la visione di eventi sportivi.
I giudici del riesame, pur a fronte dell’evidenza di tali dati fattuali, hanno
fornito puntuale risposta alle deduzioni della difesa, osservando come la
circostanza secondo la quale l’assenza del punto commerciale della ricorrente tra
quelli regolarizzati dall’operatore austriaco sarebbe dimostrativo della cessazione
di ogni rapporto, resta confinata nel campo delle mere asserzioni, escludendo

anche Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5, n. 35532 del

anche la fondatezza dell’ulteriore rilievo difensivo, secondo il quale l’attività
sarebbe ora limitata a quella di mero «internet point».

3.

Le argomentazioni sviluppate dal Tribunale appaiono giuridicamente

corrette e risultano del tutto immuni dalle censure sviluppate in ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte ha infatti affermato che, in tema di
raccolta di scommesse sportive, l’adesione – da parte dell’operatore privo di
licenza di pubblica sicurezza e di concessione – alla sanatoria di cui all’art. 1,

rispetto delle prescrizioni imposte dalla medesima disposizione, determina il
diritto di svolgere l’attività in corso da tale momento fino alla data di scadenza,
nell’anno 2016, delle vigenti concessioni statali, e conseguentemente, il venir
meno delle esigenze preventive legittimanti il mantenimento in sequestro delle
attrezzature destinate allo svolgimento della predetta attività (Sez. 3, n. 23960
del 12/5/2015, RM. in proc. Criscione, Rv. 263847; Sez. 3, n. 43392 del 9/4/2015,
Buratti, non massimata, Sez. 3, n. 23963 del 26/5/2015, Musco, non massimata,
Sez. 3, n. 23961 del 12/5/2015, Leto, non massimata).
A tali conclusioni si è pervenuti anche con specifico riferimento alla società
austriaca «SKS365 Group Gmbh», osservando che avendo la stessa aderito alla
sanatoria fiscale e almeno fino alla data di scadenza, nell’anno 2016, delle
concessioni di Stato vigenti per la raccolta delle scommesse – ed
indipendentemente dalla sussistenza o meno del

fumus commissi delicti

relativamente alle condotte poste in essere fino a quella data e alla risoluzione
della questione di pregiudizialità proposta da questa Corte in sede comunitaria l’attività dei soggetti inseriti nell’elenco di quelli in ordine ai quali tale procedura
si è positivamente conclusa può essere legittimamente svolta (così Sez. 3, n.
5734 del 21/1/2016, Balzano, non massimata).
Di tale evenienza hanno dato atto i giudici del riesame, valorizzando la
circostanza che l’odierna ricorrente non è compresa nell’elenco di cui si è detto,
tanto è vero che essa stessa riconosce, in ricorso, di aver rinunciato per propria
scelta di regolarizzare la propria posizione di intermediaria rispetto all’operatore
austriaco e ponendo in evidenza gli inequivocabili e significativi dati fattuali
dell’esito del sopralluogo, con il rinvenimento di terminali collegati con il suddetto
operatore e dell’assenza del necessario titolo abilitativo.

4. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento,
nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della
somma, equitativamente fissata, di euro 1.500,00

3

comma 643, della L. 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), nel

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 (millecinquecento) in
favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in data 28.4.2015

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