Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21982 del 24/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21982 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Guidara Antonio, nato a Sant’Angelo di Brolo il 6 dicembre 1946
avverso l’ordinanza del Tribunale di Savona del 19 settembre 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Marco Russo.

Data Udienza: 24/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 19 settembre 2014, Il Tribunale di Savona ha rigettato
l’appello proposto dall’indagato avverso l’ordinanza del Gip dello stesso Tribunale, con
la quale era stata rigettata l’istanza di revoca del sequestro preventivo per equivalente
disposto con provvedimento del 27 luglio 2014, per C 1.963.157,83, nel procedimento
R.G.N.R. 2438/14/21, in relazione: al reato di cui all’art.

10-ter del d.lgs. n. 74 del

2000, per l’omesso versamento dell’Iva per l’anno di imposta 2008, inizialmente

1.084.394,29 (capo a dell’imputazione provvisoria); al reato di cui all’art. 10-ter del
d.lgs. n. 74 del 2000, per l’omesso versamento dell’Iva per l’anno di imposta 2012,
inizialmente quantificata in C 925.083,88 e poi, a seguito di pagamenti parziali, in C
878.763,54 (capo b dell’imputazione provvisoria).
Il Tribunale premette che, nell’ambito del diverso procedimento R.G.N.R.
2341/11/21, il pubblico ministero aveva emesso, in data 18 giugno 2014, decreto di
citazione a giudizio, per: il reato di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 74 del 2000 relativo alle
dichiarazioni per l’anno di imposta 2008 (capo a dell’imputazione provvisoria); il reato
di cui all’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000, per l’omesso versamento dell’Iva per
l’anno di imposta 2008, quantificata in C 1.451.420 (capo b dell’imputazione
provvisoria). Osserva, poi, che la difesa dell’indagato aveva dedotto l’identità fra il
fatto di cui al capo a) del procedimento R.G.N.R. 2438/14/21 e quello di cui al capo b)
del procedimento R.G.N.R. 2341/11/21, prospettando l’improcedibilità dell’azione
penale in ordine capo a) del procedimento R.G.N.R. 2438/14/21. Lo stesso Tribunale
rileva che nel procedimento R.G.N.R. 2438/14/21 il pubblico ministero ha emesso, in
data 29 maggio 2015, decreto di citazione a giudizio. Rileva altresì che, sebbene
debba ritenersi l’identità fra i due fatti, in quanto riferiti allo stesso soggetto,
all’omesso versamento dell’Iva per lo stesso anno di imposta davanti al Tribunale di
Savona in composizione monocratica, in entrambi non è iniziata l’istruttoria
dibattimentale, sicché di essi potrà essere disposta la riunione ai sensi dell’art. 17 cod.
proc. pen.
2. – Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo l’identità fra il fatto di cui al capo a) del procedimento R.G.N.R.
2438/14/21 e quello di cui al capo b) del procedimento R.G.N.R. 2341/11/21, e
prospettando, quale conseguenza, l’improcedibilità dell’azione penale in ordine capo a)
del procedimento R.G.N.R. 2438/14/21.

N3

quantificata in C 1.599.174,46 e poi, a seguito di pagamenti parziali, in C

Il ricorrente – sulla premessa che la decisione del Tribunale si fonda
essenzialmente sul fatto sopravvenuto rappresentato dall’emissione del decreto di
citazione a giudizio nel procedimento penale nel quale era stato emesso il sequestro lamenta, in primo luogo, l’erronea applicazione degli artt. 322 bis e 597 cod. proc.
pen., sul rilievo che il Tribunale avrebbe dovuto valutare la questione sollevata con
l’atto d’appello in base alla situazione processuale esistente a quel momento e non
alla luce del fatto nuovo introdotto dal pubblico ministero dopo la presentazione

2015. Né tale fatto può essere considerato alla stregua di un elemento probatorio
nuovo, la cui introduzione sarebbe ammissibile nell’appello in materia di misure
cautelari.
Con un secondo motivo di doglianza, si deduce la violazione degli artt. 669,
649, 405 cod. proc. pen., sul rilievo che, una volta accertata la sussistenza della
litispendenza, si sarebbe dovuta ritenere la consumazione del potere del pubblico
ministero di esercitare l’azione penale nel secondo procedimento.
In terzo luogo, si lamenta che l’emissione del decreto di citazione a giudizio nel
procedimento R.G.N.R. 2438/14/21 non muta, in ogni caso, i termini della questione.
Sussiste, infatti, un divieto generale di reiterazione di procedimenti e decisioni
sull’identica regiudícanda; cosicché diviene irrilevante la considerazione che i due
procedimenti, trovandosi nello stesso stato, potranno comunque essere riuniti., In
prossimità dell’udienza in camera di consiglio davanti a questa Corte, la difesa ha
depositato memoria, con la quale evidenzia, richiamando gli atti dei procedimenti di
merito, che gli stessi non potranno essere riuniti neanche in concreto, perché si
trovano in stati diversi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – I motivi di ricorso – che possono essere trattati congiuntamente, perché
attengono al rapporto di litispendenza che lega i procedimenti R.G.N.R. 2438/14/21 e
R.G.N.R. 2341/11/21 e alle sue eventuali conseguenze sul sequestro preventivo
disposto nell’ambito del procedimento R.G.N.R. 2438/14/21 – sono fondati.
Deve preliminarmente osservarsi che non è deducibile dinanzi alla Corte di
cassazione la violazione del divieto del ne bis in idem, in quanto è precluso, in sede di
legittimità, l’accertamento necessario per verificare la preclusione derivante dalla
coesistenza di procedimenti iniziati per lo stesso fatto e nei confronti della stessa
persona, non potendo la parte produrre documenti concernenti elementi fattuali, la cui
valutazione è rimessa esclusivamente al giudice di merito (ex plurimis, sez. 5, 10
3

dell’appello, ossia alla luce del decreto di citazione a giudizio emesso il 29 maggio

gennaio 2013, n. 9825, rv. 255219; sez. 5, 11 dicembre 2012, n. 5099, rv. 254654;
sez. 5, 6 maggio 2011, n. 24.954, rv. 250920; sez. 4, 3 dicembre 2009, n. 48575, rv.
245740). Tale preclusione non trova, però, applicazione nel caso di specie, in cui
questa Corte non deve effettuare alcuna valutazione di merito, perché è stato lo
stesso Tribunale ad espressamente ritenere sussistente l’identità fra il fatto di cui al
capo a) del procedimento R.G.N.R. 2438/14/21 e quello di cui al capo b) del
procedimento R.G.N.R. 2341/11/21. Lo stesso Tribunale ha, però, affermato che nel

un., 28 giugno 2005, n. 34655, perché nei due procedimenti non è iniziata l’istruttoria
dibattimentale, sicché di essi potrà essere disposta la riunione ai sensi dell’art. 17 cod.
proc. pen.; con la duplice conseguenza che l’azione penale in ordine al reato di cui al
capo a) del procedimento R.G.N.R. 2438/14/21 non può ritenersi improcedibile e che
il sequestro può essere mantenuto. Contrariamente a quanto implicitamente ritenuto
dal Tribunale, la richiamata sentenza delle sezioni unite non ha la sola finalità di
evitare che il corso del primo processo sia frenato in modo che l’altro possa pervenire
alla stessa fase e grado e sia, quindi possibile la riunione, con ciò consentendo di
evitare di dichiarare la litispendenza tra processi pendenti nello stesso stato e grado e
di fronte allo stesso giudice. La richiamata sentenza delle sezioni unite di questa Corte
afferma, a ben vedere, l’opposto principio, secondo cui non può essere nuovamente
promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo sia
già pendente, anche se in fase o gradi diversi, nella stessa sede giudiziaria e su
iniziativa del medesimo ufficio del pubblico ministero; con la conseguenza che, nel
procedimento eventualmente duplicato, deve essere disposta l’archiviazione, oppure,
se l’azione penale sia stata esercitata, deve essere rilevata con sentenza la relativa
causa di improcedibilità. Ovviamente, la non procedibilità, che consegue alla
preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal pubblico
ministero, riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti
davanti a giudici ugualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto
processuale; come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di
competenza, che restano invece applicabili ai casi di duplicazione del processo innanzi
a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente (il principio è stato
costantemente ribadito, ex multis, da sez. 1, 10 aprile 2008, n. 17789, rv. 239849;
sez. 4, 21 maggio 2008, n. 25640, rv. 240783; sez. 5, 11 novembre 2014, n.
504/2015, rv. 262219).

A4

caso di specie non troverebbero applicazione i principi di cui alla sentenza Cass. sez.

Tali principi trovano applicazione anche nel caso di specie, in cui – come visto l’azione penale è stata esercitata, per lo stesso fatto, prima (18 giugno 2014) nel
procedimento R.G.N.R. 2341/11/21 e poi (29 maggio 2015) nel procedimento
R.G.N.R. 2438/14/21, nell’ambito del quale è stato disposto il sequestro oggetto del
presente giudizio.
4. – Ne deriva che l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro devono
essere annullati senza rinvio, con restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonché il decreto di sequestro del
Gip del 26 luglio 2014, disponendo la restituzione di quanto in sequestro all’avente
diritto. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2016.

P.Q.M.

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