Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21967 del 26/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21967 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LOVREGLIO NICOLA N. IL 10/12/1980
avverso la sentenza n. 2189/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
31/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 26/02/2014

R. G. 29281/2013

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Bari, intervenuta
rinuncia (art. 589 c.p.p.) ai motivi di impugnazione relativi al merito della regiudicanda
e diversi da quelli inerenti al solo trattamento sanzionatorio, ha ridotto, così
confermando in punto di responsabilità la sentenza di condanna pronunciata in
giudizio abbreviato dal g.u.p. del Tribunale di Trani nei confronti di Nicola Lovreglio,
la pena inflitta all’imputato per il reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente ad
un anno e quattro mesi di reclusione ed euro 4.000 di multa, formulando un giudizio di
prevalenza delle già concesse attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 73 co.
5 L.S. sulla contestata recidiva (alla luce della sopravvenuta sentenza n. 251/2012 della
Corte Costituzionale).
Contro la sentenza ricorre personalmente per cassazione l’imputato, deducendo
violazione di legge e illogicità della motivazione con riguardo alla omessa rivisitazione
degli elementi costitutivi dell’ascritto reato di detenzione di droga per finalità di
vendita o cessione a terzi (la cocaina sequestratagli sarebbe stata destinata al suo
personale consumo).
La sentenza n. 32/2014 (non ancora efficace ex artt. 136 Cost. e 30 L. 87/1953) con
cui la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali le disposizioni della L. 49/2006
modificative della disciplina penale degli stupefacenti, così ripristinando il previgente
precettivo e sanzionatorio, non influisce sulla regiudicanda (uguale pena prevista per le
droghe pesanti dai due testi dell’art. 73 co. 5 L.S. (prima e dopo la decisione del giudice
delle leggi). Ciò chiarito, il ricorso è inammissibile per indeducibilità e manifesta
infondatezza delle delineate censure integrate dalla mera replica di motivi di appello
espressamente rinunciati dall’imputato nel giudizio di secondo grado. In vero
l’indeducibilità delle doglianze discende dall’applicazione del combinato disposto degli
artt. 589 e 597 co. 1 c.p.p. Vale a dire dalla intervenuta rinuncia ai motivi di
impugnazione diversi da quelli relativi alla misura della pena, correlata al principio di
devolutività dell’appello. La rinuncia ad uno o più motivi di appello circoscrive, infatti,
la cognizione del gravame ai soli capi o punti della decisione ai quali si riferiscono i
residui motivi, di tal che l’imputato non può dolersi con il ricorso per cassazione
dell’eventuale omessa motivazione in ordine ad uno dei motivi rinunciati.
All’inammissibilità del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle
ammende, che -in ragione della natura del provvedimento impugnato e dei
corrispondenti motivi di ricorso- si stima equo fissare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 26 febbra . 2014

Motivi della decisione

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