Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21967 del 19/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21967 Anno 2018
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: RENOLDI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Papa Riccardo, nato a Noto il 18/06/1979,
avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Torino in data 21/03/2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del sostituto
Procuratore generale, dott. Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 21/03/2017, il Tribunale di sorveglianza di
Torino aveva rigettato l’istanza proposta da Riccardo Papa avente ad oggetto la
concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale ai sensi dell’art. 47,
comma 4 ord. penit. e, in subordine, della detenzione domiciliare ai sensi
dell’art. 47-ter, comma 1-ter ord. penit..
2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo
stesso Papa a mezzo del difensore fiduciario, avv. Antonio Cataldi, deducendo
due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente
necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. B), cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea applicazione della legge
penale per avere il tribunale di sorveglianza rigettato la richiesta del beneficio

Data Udienza: 19/12/2017

nonostante il positivo contesto socio-familiare dell’istante, la disponibilità di
un’attività lavorativa e la piena consapevolezza dei propri agiti criminosi.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura, ex art. 606, comma 1, lett.
e), cod. proc. pen., la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in
relazione al giudizio di non meritevolezza dell’accesso alla misura, fondato sulla
considerazione dei reati in relazione ai quali è stato emesso il provvedimento di
cumulo cui si riferisce l’istanza di misura alternativa; reati che non
consentirebbero di connotare lo stesso Papa come soggetto non meritevole dei
benefìci richiesti.

3. In data 13/09/2017, il Procuratore generale presso questa Corte ha
depositato in Cancelleria la propria requisitoria scritta con la quale ha chiesto la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’ordinanza impugnata, infatti, ha fondato il negativo giudizio prognostico
posto alla base della reiezione della richiesta di misura alternativa, su una serie
di elementi di indubbia valenza predittiva, quali: la presenza di numerosi
precedenti penali e di polizia; il lungo periodo di consumazione, dal 2007 al
2011, dei reati fiscali per cui è attualmente condanna; la mancanza di una stabile
attività lavorativa; l’assenza di un franco percorso di revisione critica rispetto ai
propri vissuti e, in generale, la mancanza di una positiva evoluzione della sua
personalità. Ed a partire da tali elementi prognostici ha ritenuto sussistente un
elevato pericolo di recidiva, formulando un giudizio di inidoneità delle misure
richieste a realizzare qualunque obiettivo di risocializzazione.
3.

Il percorso valutativo in questo modo compiuto, si muove entro il

perimetro delineato dalle norme richiamate e non configura, dunque, alcuna
violazione di legge, peraltro neppure chiaramente evocata dal ricorrente nel
primo motivo di impugnazione.
4. Del pari, la motivazione della decisione di rigetto si connota per la piena
logicità delle relative cadenze argomentative, che senza alcun travisamento dei
dati istruttori ha esplicato le ragioni per le quali il tribunale ha ritenuto, con
apprezzamento di merito, come tale insindacabile in questa sede, di formulare il
giudizio di inaffidabilità soggettiva e di inidoneità delle misure al perseguimento
di un obiettivo di risocializzazione, che sta alla base del provvedimento reiettivo.
5. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere,
pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa

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di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in 2.000,00 euro.
6. La natura non particolarmente complessa della questione e l’applicazione
di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della
decisione in forma semplificata.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 (duemila) in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 19/12/2017

e

Il Consi)ere
i
estensore

Il Presidente

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