Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21965 del 19/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21965 Anno 2018
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: RENOLDI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Gargiulo Massimiliano, nato a Taranto il 17/08/1976,
avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Taranto in data 5/04/2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del sostituto
Procuratore generale, dott. Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 5/04/2017, il Tribunale di sorveglianza di
Taranto rigettò, nei confronti di Massimiliano Gargiulo, l’istanza di differimento
dell’esecuzione della pena ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2 cod. pen. ovvero
di detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-ter ord. pen.. Secondo il
Collegio, infatti, non potevano ritenersi sussistenti, nel caso di specie, le
condizioni di incompatibilità della situazione sanitaria del detenuto con il contesto
carcerario, potendo le sue patologie essere affrontate presso un idoneo centro
clinico dell’Amministrazione penitenziaria, ove il tribunale chiese, con il
medesimo provvedimento di rigetto, che Gargiulo fosse immediatamente
trasferito.
2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo
stesso Gargiulo a mezzo del difensore fiduciario, avv. Emidio Altavilla,

Data Udienza: 19/12/2017

deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.,
l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché il vizio di
motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. B) ed E), cod. proc. pen., in
relazione alla corretta disciplina dettata dagli artt. 147, comma 1, n. 2 cod. pen.
e 47-ter, comma 1-ter ord. pen. e all’omessa valutazione dei risultati della
perizia medica e delle argomentazioni difensive. In particolare, l’ordinanza non
avrebbe tenuto conto del fatto che il perito avesse indicato la malnutrizione

che indici quali un BMI inferiore a 18 kg/m2 e la scarsa o nulla alimentazione per
più di cinque giorni rappresentassero fattori di rischio elevato per lo sviluppo di
sindrome da rialimentazione con complicanze di tipo cardiorespiratorio,
neurologico, renale, muscolare, endocrinologico, metabolico e gastrointestinale;
ed ancora che la condizione pseudo-neurologica e di deperimento organico
necessitasse di un costante monitoraggio in ambiente clinico internistico, allo
scopo di operare ìski rialimentazione graduale e sotto controllo medico. In questo
modo, i giudici di merito avrebbero omesso di valutare la circostanza, riferita dal
perito, secondo la quale il permanere in una condizione detentiva avrebbe potuto
determinare, in assenza dell’inserimento in ambiente clinico internistico, ulteriori
rilevanti conseguenze dannose oltre a una sofferenza aggiuntiva integrante un
trattamento contrario al senso di umanità o comunque un

vulnus alla dignità

della persona. Tanto più che lo stesso perito, proprio per le difficoltà di gestione
del quadro clinico in ambiente penitenziario, avrebbe suggerito, senza che il
tribunale ne desse atto, l’inserimento di Gargiulo in un reparto extracarcerario in
regime di detenzione domiciliare, da integrare con gli interventi da parte del
C.S.M.; soluzione condivisa anche dalla direzione sanitaria del carcere. E che la
situazione potesse essere meglio gestita attraverso il trasferimento in un centro
clinico sarebbe stato smentito da una precedente perizia, risalente al 2014,
acquisita agli atti del tribunale, che però non ne avrebbe dato atto.
3.

In data 18/09/2017, il Procuratore generale presso questa Corte ha

depositato in Cancelleria la propria requisitoria scritta, con la quale ha chiesto la
declaratoria di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
2. Secondo quanto stabilito dall’art. 146, comma 1, n. 3 cod. pen., il rinvio
dell’esecuzione della pena deve essere obbligatoriamente disposto quando la
persona condannata sia affetta da una “malattia particolarmente grave” a causa
della quale le sue condizioni di salute risultino incompatibili con l’espiazione
carceraria inframuraria o quando lo stadio evolutivo raggiunto dalla malattia, sia
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quale “fattore di rischio per ulteriori gravi complicanze organiche” e, soprattutto,

tale da non consentire ai trattamenti disponibili ed alle terapie praticabili di
sortire effetto, sia in quel contesto detentivo o in altro diverso. Ciò
coerentemente alla funzione dell’istituto in esame, posto a tutela dei “beni
primari della persona quali il diritto alla salute, il diritto alla vita, il divieto di
sottoposizione a trattamenti detentivi contrari al senso di umanità”, a
prescindere dal dato relativo alla pericolosità sociale del detenuto (così Sez. 1, n.
990 del 28/11/2017, dep. 12/01/2018, Pace, non massimata).
Quanto, poi, al differimento facoltativo previsto dall’art. 147 cod. pen., esso

condannato che si trovi in una condizione di “grave infermità fisica”, ovvero in
una situazione clinica connotata dalla presenza di patologie di qualificata serietà,
tali da esporre a pericolo la sua vita o da provocare altre rilevanti conseguenze
pregiudizievoli o, comunque, da esigere cure inattuabili nel circuito carcerario;
valutazione che va condotta mediante il bilanciamento tra le sue esigenze
personali e l’interesse alla sicurezza della collettività, tanto che il giudizio di
perdurante pericolosità sociale del condannato autorizza il rigetto della richiesta
di differimento (Sez. 1, n. 17947, 30/03/2004, Vastante, Rv. 228289; Sez. 1, n.
972 del 14/10/2011, Farinella, Rv. 251674; Sez. 1, n. 26136 del 6/6/2012,
Scudera, Rv. 253087; sez. 1, n. 37216 del 5/03/2014, Carfora, Rv. 260780). Le
considerazioni che precedono valgono, altresì, nei casi di patologia psichiatrica,
la quale può costituire causa di differimento facoltativo della esecuzione della
pena soltanto quando sia di tale gravità da produrre una infermità fisica non
fronteggiabíle in ambiente carcerario o da rendere l’espiazione della pena
contraria, per le eccessive sofferenze patite dal detenuto, al senso di umanità
(Sez. 1, n. 35826 del 11/05/2016, dep. 30/08/2016, Di Silvio, Rv. 268004; Sez.
1, n. 41986 del 4/10/2005, Veneruso, Rv. 232887; Sez. 1, n. 25674 del
15/04/2004, Petruolo, Rv. 228132).
Fuori dai casi menzionati opera, infine, l’art. 148 cod. pen., il quale impone al
giudice di ordinare il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o in casa di cura
e custodia del condannato affetto da infermità psichica, quando essa sia di entità
tale “tale da impedire l’esecuzione della pena” ovvero di gravità tale da non
consentire al detenuto di avvertire il significato complessivo dell’esecuzione della
pena, in particolare sul versante rieducativo.
3. Tanto premesso in termini generali, giova rilevare che, nel caso che
occupa, gli accertamenti sanitari disposti dal tribunale di sorveglianza hanno
documentato, a carico del detenuto, un “disturbo dell’adattamento non
specificato persistente in soggetto con iporessia, ipotonia ed ipostenia degli arti
inferiori”; calo ponderale da addebitarsi “al rifiuto del Gargiulo ad alimentarsi,
verosimilmente sulla base di un disadattamento allo stato detentivo”. Inoltre, è
stato riferito che, secondo i sanitari, il conseguente stato di deperimento

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può essere disposto dalla magistratura di sorveglianza nei confronti del

organico sarebbe stato “responsabile della marcata astenia e ipotrofia delle
masse muscolari con conseguenti ipotonia muscolare e difficoltà della
deambulazione”.
Le informazioni in atti hanno, altresì, riportato il giudizio espresso dagli
operatori dell’Area sanitaria della Casa circondariale di Torino, i quali hanno
riferito in ordine all’atteggiamento “manipolativo” e “teatrale” del detenuto, che
rifiuta sia l’alimentazione che la terapia di sostegno psicofarmacologico.
4. Alla stregua delle richiamate acquisizioni istruttorie, il Tribunale di

non vi fosse, anche per il rifiuto opposto dal detenuto di alimentarsi e di
assumere la terapia prescrittagli, una situazione clinica tanto avanzata da non
essere suscettibile di miglioramento, escludendo condivisibilmente la sussistenza
delle condizioni stabilite dall’art. 146 cod. pen..
Nella stessa prospettiva, l’ordinanza ha specificamente affrontato la
questione relativa alla possibilità di configurare i requisiti per il differimento
facoltativo, escludendo che la situazione clinica di Massimiliano Gargiulo,
caratterizzata da un’importante calo ponderale e da ipotonia e ipoastenia degli
arti inferiori, potesse essere ricondotta alla nozione di “grave infermità fisica”,
ponendo in luce la possibilità di fare ricorso al ricovero in un Centro diagnostico
terapeutico dell’Amministrazione penitenziaria, peraltro specificamente richiesto
dal medesimo tribunale, ovvero in un luogo esterno di cura ai sensi dell’art. 11
ord. penit..
Il Tribunale di sorveglianza, infatti, ha ritenuto, con accertamento in fatto
non censurabile in sede di legittimità in quanto sorretto da idonea motivazione,
che tale soluzione operativa potesse consentire di gestire adeguatamente la
situazione sanitaria del detenuto, ritenendo che le caratteristiche del Centro
diagnostica terapeutico di Bari rispondessero ai requisiti indicati dal perito.
Fermo restando che le eventuali complicanze sono state rappresentate come una
mera possibilità di evoluzione del quadro clinico, sicché, all’evidenza, il tribunale
deve avere implicitamente ritenuto che tale evenienza non ridondasse, in termini
di “gravità”, sul quadro clinico del detenuto.
L’insussistenza delle condizioni richieste per la concessione del rinvio
facoltativo od obbligatorio della esecuzione della pena preclude, poi,
l’applicabilità della detenzione domiciliare per un periodo di tempo determinato
previsto dall’art. 47, comma 1-ter, della legge n. 354 del 1975, poiché questa
ipotesi di detenzione domiciliare si configura come istituto privo di un ambito
applicativo autonomo, essendo la stessa concedibile, in via surrogatoria, a
condizione che ricorrano i presupposti legittimanti il differimento della pena ai
sensi degli artt. 146 e 147 cod. pen. (Sez. 1, n. 25841 del 29/04/2015, dep.
18/06/2015, Coku, Rv. 263971).
4

sorveglianza ha correttamente ritenuto, fornendone adeguata motivazione, che

5. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere
rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 19/12/2017

Il Presidente

Il Consigpere estensore

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