Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21964 del 26/02/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21964 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CILIBERTI MASSIMO N. IL 02/05/1974
avverso la sentenza n. 697/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
15/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;
Data Udienza: 26/02/2014
R. G. 29183 / 2013
Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Torino ha confermato la
sentenza del Tribunale di Cuneo, che all’esito di giudizio abbreviato ha riconosciuto
Massimo Ciliberti colpevole del delitto di illecita detenzione per finalità commerciali di
due involucri contenenti sostanza stupefacente del tipo cocaina idonea alla formazione di
531 dosi droganti medie giornaliere, condannandolo alla pena di quattro anni di
reclusione ed euro 18.000 di multa.
Contro la sentenza di secondo grado ha presentato di persona due ricorsi per
cassazione l’imputato, deducendo: con il primo violazione di legge con riguardo alla
declaratoria di sua “contumacia” nel giudizio di appello, cui non ha potuto partecipare,
pur avendone fatto richiesta (essendo in carcere perché arrestato per altri reati) all’ufficio
matricola della casa circondariale, che non ha disposto la sua traduzione in udienza; con
il secondo l’ingiustificato diniego dell’attenuante del fatto lieve ex art. 73 co. 5 L.S.
Il ricorso è inammissibile per totale genericità e manifesta infondatezza delle
censure. La sentenza impugnata, che non ha dichiarato la contumacia dell’imputato,
attestandone la condizione di detenuto per altra causa “non comparso” (si è proceduto
con rito camerale a seguito di giudizio abbreviato), puntualizza in motivazione come
l’imputato “non abbia chiesto di partecipare” all’udienza di appello in camera di
consiglio. A fronte di tale specifica notazione, implicante la regolarità della vocatio in
iudicium del prevenuto, questi con l’odierno ricorso adduce elementi censori non sorretti
da alcun atto o indicazioni di concrete circostanze suscettibili di avvalorare la sussistenza
dei presupposti della pretesa nullità del giudizio di appello, siccome svoltosi in sua
asserita e non volontaria assenza. Con congrua motivazione, poi, la Corte territoriale ha
escluso la possibilità di qualificare il fatto come di lieve entità, avuto riguardo al dato
quantitativo della sostanza oggetto di reato (ben 531 dosi medie “giornaliere”).
Nessuna incidenza può nel caso di specie riconoscersi alla sentenza n. 32/2014
(non ancora efficace ex artt. 136 Cost. e 30 L. 87/1953) con cui la Corte Costituzionale ha
dichiarato incostituzionali le disposizioni della L. 49/2006 modificative della disciplina
penale degli stupefacenti, così ripristinando il previgente regime sanzionatorio, atteso
che all’imputato è stata applicata la più favorevole sanzione prevista dall’art. 73 L.S.
modificato dalla L. 49/2006 (pena base nel minimo edittale di sei anni di reclusione
rispetto agli otto anni previsti dalla norma “ripristinata” dal giudice delle leggi).
All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi
equo determinare nella misura di euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 26 febbrai 2014
Il consiglie
nsore
Il Pr sidente
Motivi della decisione