Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21964 del 12/05/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21964 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: GIANESINI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GIACCHETTI CIRO nato il 31/01/1972 a TORRE ANNUNZIATA

avverso il decreto del 16/12/2015 della CORTE APPELLO di SALERNO
sentita la relazione svolta dal Consigliere MAURIZIO GIANESINI;
lette/svdite le conclusioni del PG che. aiP„Zreeit: tke. kis elnk1 -17.2

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 12/05/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Ciro GIACCHETTI ha proposto ricorso per Cassazione contro
il decreto con il quale la Corte di Appello di SALERNO, in parziale riforma del
decreto emesso dal Tribunale della stessa città, ha ridotto l’ambito della confisca
di prevenzione di un immobile alla misura del 40% rispetto al valore
complessivo.
2. Il difensore ha dedotto tre motivi di ricorso.

generica affermato dalla Corte di Salerno e l’uso dei criteri sulla base dei quali
tale giudizio era stato formulato.
2.2 Con il secondo e terzo motivo, il ricorrente ha criticato i criteri attraverso
i quali la Corte salernitana aveva quantificato le presumibili entrate e l’entità del
patrimonio immobiliare del GIACCHETTI e ha osservato che, per un acquisto in
particolare da parte della moglie, lo stesso Tribunale aveva escluso la riferibilità
della operazione al proposto, così che il provvedimento di appello, che aveva
invece riconnpreso detta operazione nel calcolo delle uscite, aveva operato una
sorta di non consentita reformatio in peius del provvedimento di primo grado in
assenza di specifica impugnazione della pubblica accusa sul punto; anche i criteri
di valutazione degli acquisti immobiliari, poi, dovevano far riferimento al
momento del loro acquisto e non a quello dell’accertamento effettuato
nell’ambito della procedura di prevenzione e il contratto di mutuo bancario
sottoscritto dal Giachetti era stato garantito da una copertura assicurativa
sottoscritta dal fratello.
3. Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del
ricorso sia perché presentato sulla base di mere questioni di merito già affrontate
dalla Corte di SALERNO sia perchè i motivi dedotti non tenevano conto che il
ricorso in Cassazione in materia di misure di prevenzione è ammesso solo per
violazione di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va rigettato, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
2. Va ricordato i via preliminare come il ricorso per Cassazione in materia di
misura di prevenzione sia limitato alla sola violazione di legge, così che eventuali
vizi della motivazione del provvedimento impugnato possono trovare ingresso
nel giudizio di legittimità quando la stessa sia totalmente mancante ovvero, pur
2

2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha contestato il giudizio di pericolosità

formalmente presente, si caratterizzi per elementi tali di apoditticità e/o
apparenza da essere parificata, appunto, ad una motivazione sostanzialmente
inesistente.
2.1 Ciò detto, va allora osservato, in merito al primo motivo di ricorso (tra
l’altro caratterizzato dalla riproposizione di questioni e di profili strettamente di
merito) come la relativa questione sia stata già affrontata e risolta dalla Corte
di Appello con motivazione alla quale non può certo essere riconosciuto lo stigma
di inesistenza o di apoditticità, dal momento che la Corte di SALERNO ha

GIACHETTI nella categoria dei soggetti di cui agli artt. 1 e 4 decr. leg.vo
159/2001 richiamando condanne per reati contro il patrimonio, contro la libertà
personale e contro l’ordine pubblico e ha poi correlativamente perimetrato,
(come richiesto dal Cass. Sez. Unite 26/6/2014 – dep. 2015 – n. 4880, Spinelli)
l’ambito temporale e cronologico della pericolosità al fine di ricomprendere entro
tale ambito l’acquisto del bene patrimoniale oggetto di confisca.
2.2 Identiche considerazioni vanno svolte in relazione al secondo motivo di
ricorso, proposto anch’esso per ragioni di merito dettagliatamente e
esaurientemente valutate nella motivazione del provvedimento impugnato;
l’unica prospettazione, peraltro, passibile di una qualificazione astratta in termini
di violazione di legge è quella relativa alla affermazione di una violazione del
divieto di “reformatio in peius” per avere la Corte di Appello, in assenza di
impugnazione sul punto da parte della pubblica accusa, ricompreso nel calcolo
delle uscite patrimoniali una entità finanziaria pari a 94.000,00 euro relativa
all’acquisto da parte della moglie del GIACHETTI di due immobili che invece il
Tribunale di primo grado aveva escluso dal computo in quanto “provenienti da
una operazione immobiliare tutta sviluppatasi all’interno della famiglia di
origine”.
2.3 Il principio del divieto di “reformatio in peius” di cui all’art. 597, comma
3 cod. proc. pen. opera, secondo la giurisprudenza di legittimità, anche nella
materia delle misure di prevenzione, come affermato da Cass. Sez. 1 del
5/2/1991 n. 545, Ribisi, Rv 186445; esso, peraltro, in evidente analogia
processuale con quanto previsto dal citato art. 597, comma 3 cod. proc. pen.,
resta realizzato solo quando il contenuto propriamente precettivo della decisione
di appello abbia comportato, in assenza di impugnazione della pubblica accusa,
un trattamento deteriore rispetto a quello inflitto in primo grado in termini di
maggiore durata temporale della misura di prevenzione o di inflizione di una
misura più restrittiva o di applicazione alla stessa misura di modalità di

espressamente e dettagliatamente affrontato il tema dell’inserimento del

esecuzione più stringenti e costrittive; il principio suddetto non opera invece
quando il contenuto precettivo della decisione di appello sia identico a quello di
primo grado (e nel caso in esame esso è addirittura più favorevole al ricorrente,
dato che il sequestro e la confisca del fabbricato sono stati ridotti al 40% del
totale) e la circostanza affermata come deteriore sia costituita solamente da una
più sfavorevole valutazione di elementi di fatto non direttamente incidenti, come
si è detto, sul contenuto finale della decisione giudiziale.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12 maggio 2016.

P.Q.M.

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