Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21961 del 19/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21961 Anno 2018
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: VANNUCCI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PRETTA GIANLUCA nato il 07/03/1978 a TARANTO

avverso il decreto del 05/12/2016 del TRIB. SORVEGLIANZA di TARANTO
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;
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Data Udienza: 19/12/2017

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, dott. Roberto Aniello, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del
decreto impugnato e la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di
Taranto.

OSSERVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con decreto emesso de plano il 5 dicembre 2016 il Presidente del Tribunale
di sorveglianza di Taranto dichiarò inammissibile la domanda con la quale Gianluca

detenzione domiciliare in riferimento alla pena inflittagli con sentenza,
irrevocabile, emessa dal Tribunale di Taranto il 10 aprile 2014: e ciò sul rilievo che
il ricorrente risultava emigrato in Germania a partire dal 9 marzo 2016;
che per la cassazione di tale ordinanza Pretta ha proposto ricorso (atto da lui
stesso sottoscritto) deducendo che, a suo avviso, erroneamente la domanda
venne dichiarata inammissibile posto che egli non era irreperibile, sì che nel caso
di specie avrebbero dovuto trovare applicazione le norme recate dall’art. 157 cod.
proc. pen.; con conseguente fissazione di udienza camerale per l’esame del merito
della domanda da notificare nel luogo del domicilio eletto;
che il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio del decreto
impugnato, non richiedendo la legge processuale la residenza del condannato in
Italia quale presupposto di ammissibilità in rito della domanda in questione;
che, alla luce del rinvio contenuto nell’art. 678 cod. proc. pen., la regola per la
trattazione dei procedimenti dalla legge affidati alla competenza del tribunale di
sorveglianza è quella del contraddittorio e della discussione del merito ad udienza
camerale che si svolge con la partecipazione necessaria del difensore del
ricorrente e del pubblico ministero, con facoltà per le parti (ricorrente, difensore,
pubblico ministero) di depositare memorie e per il giudice di acquisire d’ufficio
documenti ed assumere prove, sempre nel rispetto del contraddittorio fra le parti
(art. 666, commi 3,4 e 5, cod. proc. pen.);
che solo all’esito dell’udienza camerale il tribunale di sorveglianza decide sul
merito della domanda con ordinanza (art. 666, comma 6);
che all’osservanza di tale sequenza procedimentale l’art. 666, comma 2, del
codice di rito consente, eccezionalmente, di derogare, prevedendo l’emissione
immediata di decreto di inammissibilità della domanda le quante volte, per quanto
qui interessa, la stessa sia manifestamente infondata «per difetto delle condizioni
di legge»;
che la giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare il principio secondo
cui la manifesta infondatezza della domanda, giustificante l’emissione del decreto
di inammissibilità e la deroga alla regola del contraddittorio assicurato dal

Pretta ebbe a chiedere l’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, la

procedimento camerale sopra richiamato, è possibile solo quando nel ricorso
difettino all’evidenza i requisiti minimi indefettibili richiesti dalla legge per
l’accoglimento della domanda, non anche quando il relativo esame da parte del
giudice comporti accertamenti e valutazioni discrezionali in riferimento al caso
concreto sottoposto al suo esame (in questo senso cfr., e multis, Cass. Sez. 1, n.
876 del 16 luglio 2015, Ruffolo, Rv. 265857; Cass. Sez. 2, n. 47402 del 21 ottobre
2014, Chisci, Rv. 260971; Cass. Sez. 1, n. 35045 del 18 aprile 2013, Giuffrida, Rv.
257017; Cass. Sez. 1 n. 3054 del 14 gennaio 2004, Lubrano di Diego, Rv.

che nessuna norma di legge processuale prevede che la residenza del
condannato in Italia costituisca presupposto di ammissibilità (ovviamente, in rito)
di domanda di affidamento in prova al servizio sociale ovvero di detenzione
domiciliare;
che l’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen. fa solo obbligo al condannato non
detenuto, non latitante, non irreperibile (come il ricorrente) che presenti tali
domande «di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio»; dall’odierno ricorrente
effettuata nel caso di specie;
che Cass. Sez. U, n. 18775 del 17 dicembre 2009, dep. 2010, Mammoliti, Rv.
246720, ha chiarito, da un lato, che la richiesta di misura alternativa alla
detenzione, ai sensi dell’art. 656, comma 6, cod. proc. pen., deve essere
corredata, a pena d’inammissibilità, anche se presentata dal difensore, dalla
dichiarazione o dalla elezione di domicilio effettuata dal condannato non detenuto,
non trova applicazione per il condannato latitante o irreperibilejed ha, dall’altro,
rimarcato che rimane in ogni caso impregiudicata la concreta concedibilità, da
valutare caso per caso, di misure alternative in favore di chi si sia sottratto
volontariamente a un provvedimento coercitivo ovvero in favore di chi non abbia
uno stabile collegamento con il territorio;
che, in tale ordine di concetti, è dunque illegittimo il decreto di inammissibilità
emesso de plano sul solo presupposto che il condannato (che con il ricorso
contenente tali domande abbia eletto domicilio in Italia) risieda all’estero (in
questo senso cfr., fra le altre, Cass. Sez. 1, n. 12891 del 7 marzo 2008, Cardi, Rv.
239654; Cass. Sez. 1, n. 16697 del 7 febbraio 2007, Tajkunovic, Rv. 236511);
che è certamente vero che l’esecuzione della misura alternativa dell’affidamento
in prova al servizio sociale alla detenzione implica il necessario svolgimento della
stessa in Italia, in quanto i centri di servizio sociale per adulti sono deputati a
svolgere solo in ambito nazionale la loro attività che, per le sue peculiarità e la sua
specifica natura, non è ricompresa tra le funzioni statali esercitabili all’estero da
parte di uffici consolari ( in questo senso, cfr. per tutte, Cass. Sez. 1, n. 18862 del
27 marzo 2007, Magnani, Rv. 237363; Cass. Sez. 1, n. 45585 del 24 novembre

226962);

2010, Scozzari, Rv. 249172; Cass. Sez. 1, n. 18225 del 25 marzo 2014, Valtriani,
Rv. 261994; Cass. Sez. 7, n. 34747 del 11 dicembre 2014, dep. 2015, Calanna,
Rv. 264445) e che tale regola vale anche per la detenzione domiciliare, ma è
altrettanto vero che le questioni derivanti dalla residenza del condannato all’estero
e della refluenza di tale fatto sulla concreta possibilità di concedere le misure in
discorso in Italia, sì da garantire controlli sulla relativa esecuzione, attengono al
merito della domanda (possibilità di svolgere in Italia l’opera ovvero esistenza in
Italia di luogo di privata dimora ove trascorrere la detenzione), non anche ai

che è solo nel contraddittorio fra le parti che il tribunale di sorveglianza potrà
verificare se la residenza del condannato all’estero costituisce in concreto ostacolo
allo svolgimento dell’affidamento in prova ovvero della concessione della
detenzione domiciliare;
che il decreto impugnato, che ha equiparato questione di merito (concreta
impossibilità di svolgere l’affidamento in prova ai servizi sociali) a questione di rito
(presupposto processuale per l’esame di ammissibilità della domanda di misure
diverse dalla detenzione in carcere), deve dunque essere annullato senza rinvio;
con conseguente rimessione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Taranto che,
dopo l’instaurazione del contraddittorio fra le parti con le modalità previste dall’art.
666, commi 3, 4 e 5 cod. proc. pen., valuterà se la residenza dell’odierno
ricorrente all’estero costituisca, o meno, fatto impediente l’accoglimento della
domanda.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al
Tribunale di sorveglianza di Taranto per l’esame della domanda.

Così deciso in Roma il 19 dicembre 2017.

Il Consigliere estensore
Marcpl Varucci

Il Presidente
Antonella patrizia Mazzei

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presupposti processuali impedienti l’esame del merito medesimo;

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