Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21959 del 13/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21959 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari
nel procedimento a carico di
Menduni Domenico, nato a Terlizzi il 25/12/1980

avverso la sentenza del 31/10/2014 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Trani

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale A.P. Viola, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, decidendo
sulla richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con sentenza del
31/10/2014, assolveva perché il fatto non è previsto dalla legge come reato,
ai sensi dell’art. 129 c.p.p., Menduni Domenico, imputato del reato di cui
all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, perché, in assenza

Data Udienza: 13/04/2016

di autorizzazione e senza il F.I.R. (formulario identificativo dei rifiuti),
conferiva alla ditta “Ecologia Figli Pellicani” di Pellicani Giovanni, con sede in
Ruvo di Puglia, rifiuti metallici, per complessivi kg. 770.
In particolare, il Giudice riteneva che la mera attività di “conferimento” di
rifiuti, così come contestata nell’imputazione, non rientrasse tra le condotte
espressamente previste dalla fattispecie incriminatrice (“attività di raccolta,
trasporto, recupero, smaltimento ed intermediazione”), e che non fosse
consentita, in tal senso, una analogia in malam partem; inoltre, non avendo il

assumerebbe rilevanza penale ai sensi dell’art. 256 d.lgs. 152 del 2006, il
fatto contestato va qualificato come trasporto di rifiuti in assenza del
formulario, che – ai sensi dell’art. 258, comma 4, d.lgs. 152/2006, nel caso in
cui il soggetto attivo siano “le imprese che raccolgono e trasportano propri
rifiuti non pericolosi”, e, ai sensi dell’art. 260 bis, comma 7, d.lgs. 152/2006,
nel caso in cui il soggetto attivo sia il trasportatore – viene sanzionato come
mero illecito amministrativo.
L’indicazione, nell’imputazione, del formulario neppure potrebbe implicare
la contestazione del trasporto – condotta per la quale ne è prevista la
necessità -, in quanto non provata.
Infine, mancando la prova di un’attività sistematica e professionale di
raccolta e trasporto dei rifiuti, va altresì esclusa l’integrazione dell’art. 256
d.lgs. 152/2006, trattandosi di attività occasionale, come desumibile dal
numero esiguo di conferimenti (nel caso di specie, uno).

2. Ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la
Corte di Appello di Bari, chiedendo l’annullamento della sentenza, e
deducendo i vizi di violazione di legge e di contraddittorietà della motivazione.
Lamenta la qualificazione attribuita alla condotta di “conferimento”,
contraddittoriamente ritenuta non rientrante nella fattispecie di cui all’art. 256
d.lgs. 152/2006, ma nondimeno attratta nel paradigma normativo del
trasporto in assenza di formulario.
Deduce che la condotta accertata consiste nell’attività di trasporto di
materiale ferroso, rientrante nelle fasi di gestione dei rifiuti indicate dall’art.
256 T.U. arnb., e, sebbene occasionale, e non professionale, deve essere
sottoposta al regime autorizzativo di cui agli artt. 212 e ss. d.lgs. 152 del
2006.

qL

P.M. specificato l’autorizzazione in assenza della quale la condotta

3. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione
ha chiesto l’accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento senza
rinvio della sentenza impugnata, ribadendo le censure proposte, ed
evidenziando, altresì, che in caso di prova insufficiente il Gip, richiesto
dell’emissione di un decreto penale di condanna, non può emettere sentenza
di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., dovendo al contrario disporre
la restituzione degli atti al P.M. .

rigetto del ricorso del P.M., richiamando le argomentazioni della sentenza di
proscioglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Giova, al riguardo, premettere che le questioni di diritto proposte
coincidono, pressoché totalmente, con quelle già affrontate da questa Corte
nella decisione di numerosi ricorsi presentati in altri procedimenti seriali
originati presso il Tribunale di Cuneo, e decisi all’udienza del 07/01/2016.
Va pertanto operato un espresso richiamo alle decisioni emesse, e, tra
esse, in particolare a Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, in
quanto già oggetto di massimazione.

2. Quanto alla ritenuta lacunosità del compendio probatorio posto a
fondamento della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con
particolare riferimento alla integrazione della condotta di “trasporto”, è
pacifico che il giudice per le indagini preliminari può prosciogliere la persona
nei cui confronti

il

Pubblico Ministero abbia

richiesto l’emissione

di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente
indicate nell’art. 129 cod. proc. pen., e non anche perché la prova risulti
mancante, insufficiente o contraddittoria ai sensi dell’art. 530, comma
secondo, stesso codice, posto che queste categorie, in quanto non richiamate
dall’art. 129 citato, possono acquisire rilievo soltanto quando le parti,
compreso il P.M., abbiano potuto esercitare compiutamente, nella sede a ciò
destinata, il diritto alla prova (Sez. 3, n. 45934 del 09/10/2014, Fusco,
Rv. 260941; ex multis, Sez. U, n. 18 del 9.6.1995, Cardoni, rv. 202375, che a
loro volta richiamavano le sentenze nn. 19, 20, 21, 22, emesse in pari data,
rispettivamente, nei proc. Omenetti, Valeri, Solustri e Tupputi; conf. sez. 5, n.
18059 del 25.3.2003, Bortolotti, rv. 224849).

4. Con memoria pervenuta il 11/04/2016 Menduni Domenico ha chiesto il

2.1. Nel caso in esame non soltanto non ricorre la mancanza assoluta
della prova non integrabile nelle fasi successive, cui pure fa riferimento la
citata pronuncia delle S.U. n. 18 del 1995, unico requisito legittimante un
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. dal G.i.p. investito della richiesta
ex art. 459 cod. proc. pen., ma in realtà la decisione fonda sulla ritenuta
carenza probatoria concernente l’attività di trasporto del materiale conferito
un ragionamento congetturale, per desumerne una carenza di professionalità
ed una occasionalità della condotta dalla quale trarre, a sua volta, elemento

Tuttavia, la pretesa incompletezza probatoria avrebbe dovuto imporre,
nell’ambito del procedimento ‘monitorio’ attivato, la restituzione degli atti al
pubblico ministero procedente.

3. La ratio decidendi della sentenza impugnata è incentrata sulla pretesa
mancanza di tipicità della condotta accertata e contestata.
Al riguardo, va innanzitutto rilevata l’erroneità dell’affermazione di diritto
contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale il “conferimento” di
rifiuti non rientra nella fattispecie di gestione abusiva di rifiuti di cui all’art.
256, comma 1, lett. a, d.lgs. 152 del 2006; sia sufficiente osservare che il
“conferimento” allude, con linguaggio ‘gergale’ (sebbene recepito anche dalla
legislazione settoriale, ad es. nell’art. 188, comma 3, T.U. amb.), alla
condotta di commercio di rifiuti, che ne presuppone, peraltro, logicamente il
trasporto; è altresì evidente che la formulazione dell’imputazione è funzionale
alla descrizione del fatto storico, la cui qualificazione giuridica è rimessa, nel
solco dell’indicazione delle norme di legge violate, al giudice; escludere la
condotta di “conferimento” dall’area di tipicità della fattispecie di cui all’art.
256, comma 1, lett. a, d.lgs. 152/2006, sol perché non riproduce
lessicalmente una delle condotte – pur materialmente integrate – descritte
dalla classica ‘norma a più fattispecie’, la cui latitudine ermeneutica ed
applicativa si estende pacificamente a tutte le fasi di gestione dei rifiuti,
sarebbe analogo all’esito ermeneutico di un proscioglimento dal reato di
omicidio, sol perché l’imputazione descrive il fatto storico di “ammazzare” un
uomo, anziché “cagionare la morte” di un uomo.
Altrettanto erronea appare la qualificazione della condotta accertata in
termini di mero trasporto senza il formulario identificativo dei rifiuti, in
ragione del richiamo contenuto nell’imputazione; trattandosi di fatto diverso,
ed ulteriore rispetto al trasporto e commercio abusivo, il relativo illecito può

per affermare la carenza di tipicità.

essere suscettibile di autonoma sanzione amministrativa, ma non può
ritenersi assorbente del disvalore penale della gestione abusiva.
Anche il rilievo attribuito dalla sentenza alla omessa specificazione delle
“prescritte autorizzazioni” è erroneo, in quanto, all’evidenza, l’autorizzazione
necessaria per la gestione di rifiuti è quella, richiamata dalla norma
incriminatrice di cui all’art. 256, comma 1, lett. a, disciplinata dall’art. 212
d.lgs. 152 del 2006.

occasionalità, va ribadito che, trattandosi di illecito istantaneo, ai fini della
configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs 152 del
2006, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi
alternative tipizzate dalla fattispecie penale (Sez. 3, n. 8979 del 2/10/2014,
dep. 2015, Cristinzio, Rv. 262514; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino,
Rv. 257631; Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea, Rv. 250674; Sez. 3,
n. 21655 del 13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605), purchè costituisca una
“attività” e non sia assolutamente occasionale.
La nozione di assoluta occasionalità è stata al riguardo approfondita da
Sez. 3, n. 29992 del 24/06/2014, Lazzaro, Rv. 260266, che ha chiarito che la
fattispecie di cui all’art. 256, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, la quale
sanziona le attività di gestione compiute in mancanza della prescritta
autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211,
212, 214, 215 e 216 del medesimo D.Lgs., è configurabile anche con
riferimento alle condotte di raccolta e di trasporto esercitate in forma
ambulante e con una minima organizzazione, salva l’applicabilità della deroga
di cui al comma quinto dell’art. 266 del D.Lgs. 152 del 2006, per la cui
operatività occorre che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per
l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del Digs. 31
marzo 1998, n. 114 e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo
commercio.
Al riguardo, l’orientamento è stato ribadito dalla già richiamata Sez. 3, n.
5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, alla quale è possibile rinviare
quanto all’apparato argomentativo, che ha, altresì, affermato:

PI

“Ai fini della

configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica
soggettiva del soggetto agente bensì la concreta attività posta in essere in
assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in
modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalista
(Nella specie il carattere non occasionale della condotta è stato desunto

4. In ordine alla pretesa irrilevanza penale della condotta in ragione della

dall’esistenza di una minima organizzazione dell’attività, dal quantitativo dei
rifiuti gestiti, dalla predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro
trasporto, dallo svolgimento in tre distinte occasioni delle operazioni
preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita dei soli metalli, dalla
successiva vendita e dal fine di profitto perseguito dall’imputato)”).
Pertanto, l’assoluta occasionalità non può essere desunta esclusivamente
dalla natura giuridica del soggetto agente (privato, imprenditore, ecc.),
dovendo invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai

esclusivamente solipsistica della condotta (ad es., dato ponderale dei rifiuti
oggetto di gestione, necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto
di rifiuti, fine di profitto perseguito). In altri termini, se un soggetto – anche,
come nel caso di specie, mero “detentore” di rifiuti – appresta una serie di
condotte finalizzate alla gestione di rifiuti, mediante preliminare raccolta,
raggruppamento, trasporto e vendita di rifiuti, pur non esercitando in forma
imprenditoriale, pone in essere una “attività” di gestione di rifiuti per la quale
occorre preliminarmente ottenere i necessari titoli abilitativi.
Evidentemente il profilo della assoluta occasionalità sarà oggetto precipuo
della valutazione di fatto rimessa al giudice del merito, e dunque questione
essenzialmente probatoria, e, ove congruamente motivata, non sarà
suscettibile di censura in sede di legittimità.
Va, infine, evidenziato che l’art. 30 della I. 28/12/2015, n. 221 (c.d. legge
sulla Green Economy) ha introdotto il comma 1-bis dell’art. 188 d.lgs. 152 del
2006, secondo cui: “Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o
di metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro
trattamento deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attività
di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attività di commercio
o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa
che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o
privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all’art. 212, comma 5,
ovvero al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle
disposizioni della parte quarta del presente decreto. Alla raccolta e al
trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la
disciplina di cui all’art. 266, comma 5”.
4.2. Nel caso di specie, e limitandosi alle condotte che risultano
contestate nell’imputazione, risulta che il trasporto ed il conseguente
commercio di rifiuti ferrosi siano stati effettuati in una sola occasione;
tuttavia, tali condotte, lungi dall’essere connotate da assoluta occasionalità,

quali poter desumere un minimum di organizzazione che escluda la natura

denotano un minimum di organizzazione, atteso che la raccolta di ben 770 kg.
di rifiuti metallici implica una preliminare fase di raggruppamento e cernita dei
soli metalli, il trasporto di un tale consistente quantitativo di rifiuti necessita di
un apposito veicolo, adeguato e funzionale al contenimento degli stessi, ed il
commercio è evidentemente finalizzato all’ottenimento di un profitto.

5. La sentenza impugnata va dunque annullata con trasmissione al

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ed ordina la trasmissione degli
atti al Tribunale di Trani.

Così deciso in Roma il 13/04/2016

Il Consigliere estensore

Tribunale di Trani, per l’ulteriore corso.

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