Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21956 del 05/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21956 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

sul ricorso proposti da
Adarab Abedelaziz, nato in Marocco il 19/02/1988

avverso l’ordinanza del 17/12/2014 13/10/2015 del Tribunale di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Giulio Romano che ha concluso chiedendo l’annullamento
dell’ordinanza con rinvio al Tribunale di Roma;

RITENUTO IN FATTO

1. Adarab Abedelaziz propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, in data
17/12/2014, con la quale il Tribunale di Roma, in funzione di giudice
dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di rideterminazione della pena inflitta con la
sentenza di condanna, in data 18 giugno 2012, parzialmente riformata dalla
sentenza della Corte d’appello, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione e C
8000 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre

Data Udienza: 05/04/2016

1990, n. 309 per la detenzione di nnarjuana, sentenza divenuta irrevocabile il 19
settembre 2012.
Nel pervenire a tale conclusione, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto non
fondata l’istanza del ricorrente con cui chiedeva la rideterminazione della pena
inflitta a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014,
dichiarativa dell’illegittimità costituzionale degli artt. 4.- bis e 4-vicies ter del d.l.
30 dicembre 2005, n. 272, introdotti dalla legge di conversione 21 febbraio
2006, n. 49, con cui era stata introdotta l’equiparazione del trattamento

“pesanti”, e ciò sul presupposto che la pronuncia della Corte Costituzionale non
estendeva i suoi effetti caducatori all’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73
comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, modificata per effetto della d.l. 23
dicembre 2013 n. 146, convertito dalla legge 21 febbraio 2014 n. 10 e
successivamente, quanto alla sanzione, dal d.l. 20 marzo 2014 n. 36 convertito
dalla legge 16 maggio 2014 n. 79 e, conseguentemente, essendovi stata
successione di leggi nel tempo, regolate dall’art. 2 comma 4 cod.pen., la norma
più favorevole non poteva trovare applicazione nel caso di sentenza passata in
giudicato in epoca antecedente alla modifica legislativa.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto
l’annullamento del provvedimento impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. il ricorso è fondato.
Come è noto le Sezioni Unite, ripetutamente intervenute sulle ricadute della
dichiarazioni di incostituzionalità, per effetto della sentenza n. 32 del 2014 della
Corte Costituzionale, hanno stabilito i seguenti principi che devono trovare
applicazione nel caso in esame:
– nella sentenza Jazouli ( S.U., n. 33040 del 26/02/2015, Rv.264206 ), le Sezioni
Unite hanno preso atto degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità degli
artt. 4-bis e 4-vicies del d.l. n. 272 del 2005 – inseriti nella legge di conversione
n. 49 del 2006 -, effetti consistiti nella “eliminazione” ex tunc dell’intera riforma
del 2006, che aveva soppresso ogni distinzione fondata sulla natura delle
sostanze droganti e nella conseguente reviviscenza dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del
1990, nella originaria formulazione di cui all’art. 14 della legge 26 giugno 1990,
n. 162, caratterizzato dalla distinzione della risposta sanzionatoria con
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sanzionatorio delle violazioni in materia di cosiddette droghe “leggere” e

riferimento al tipo di droga; e hanno ravvisato l’illegalità della pena non solo nel
caso in cui siano superati i limiti edittali massimi ripristinati a seguito della
dichiarazione di incostituzionalità, ma anche qualora tali limiti siano formalmente
rispettati facendo riferimento al principio di legalità di cui agli artt. 1 cod. pen.,
25, secondo comma Cost. Le S.U. hanno, dunque, ritenuto che l’incostituzionalità
della cornice edittale in base alla quale il giudice ha misurato la responsabilità
dell’imputato «finisce con il travolgere la stessa pena in concreto inflitta, vale a
dire il risultato finale di detta misurazione, perché, non essendo più attuale il

sanzionatoria edittale), la misurazione compiuta non traduce più – per effetto del
mutamento dei parametri di riferimento – né coerentemente né correttamente il
giudizio di responsabilità». Infatti, la valutazione di responsabilità del reo
«non risulta più misurata “legalmente”, perché la risposta punitiva è stata
elaborata sulla base di un compasso sanzionatorio incostituzionale, così da
risultare alterato lo stesso giudizio di gravità del reato ai sensi e per gli effetti di
cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.», per cui l’individualizzazione del trattamento
sanzionatorio viene completamente travolta.
– nella sentenza Marcon ( S.U., n. 37107 del 26/02/2015, Rv. 264857) i Giudici
nella loro massima espressione, nel richiamare quanto stabilito dalle sentenze
delle Sezioni Unite “Ercolano” e “Gatto”, che riconoscevano al giudice
dell’esecuzione, in virtù dell’art. 30, quarto comma, legge n. 87 del 1953, il
potere di rideterminare la pena anche quando la dichiarazione di
incostituzionalità aveva ad oggetto una norma penale diversa da quella
incriminatrice, hanno stabilito il principio ( affermato con riguardo alla sentenza
di applicazione di pena) che la pena applicata su richiesta delle parti in base
all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990, nella formulazione di cui alla legge n. 49 del
2006, dichiarata successivamente incostituzionale dalla sentenza n. 32 del 2014,
deve essere rideterminata anche in sede esecutiva, in modo tale che le parti e il
giudice possano riferirsi al diverso e più mite trattamento sanzionatorio risultante
dal rivissuto art. 73 cit. prima della modifica.
Tale affermazione deve essere estesa, stante la medesima

ratio

sottesa

all’affermato principio, anche per il caso in cui al giudice dell’esecuzione venga
richiesta la rideterminazione della pena inflitta con sentenza di condanna per
droghe “leggere”, come nel caso in esame, in forza di un procedimento di
commisurazione della pena, basato sui limiti edittali previsti dall’art. 73 d.P.R.
309 del 1990, come modificato dalla legge n. 49 del 2006, in vigore al momento
del fatto, ma dichiarato successivamente incostituzionale con la sentenza n. 32
del 2014, che è illegale anche se è ricompresa entro i limiti edittali previsti

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giudizio astratto di disvalore del fatto (essendosi modificata la forbice

dall’originaria formulazione del medesimo articolo, rivissuto per effetto della
stessa sentenza costituzionale.
5. L’ordinanza deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Tribunale di Roma
per un nuovo esame
P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.

Così deciso il 05/04/2016

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