Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21955 del 09/01/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21955 Anno 2018
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DRUSCOVICH ANDREA nato il 18/01/1967 a TRIESTE

avverso la sentenza del 15/11/2016 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ADET TONI NOVIK
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIA
FRANCESCA LOY
che ha concluso per
Il P.G. conclude per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore
E’ presente l’avvocato EQUIZI GREGORIO del foro dell’AQUILA, sostituto
processuale, come da nomina depositata in udienza, dell’avvocato FERRUCCI
LUCA MARIA del foro di TRIESTE, che, riportandosi al ricorso, conclude
chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Data Udienza: 09/01/2018

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 15 novembre 2016, depositata il 29 dicembre
successivo, la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza
emessa il 4 giugno 2014 dal Giudice per l’udienza preliminare del medesimo
Tribunale, ha assolto l’appellante Druscovich Andrea dal reato di cui al capo ggg)
(favoreggiamento della prostituzione) per l’insussistenza del fatto, ed ha
rideterminato la pena per i residui reati per i quali ha confermato la condanna in

2. In sintesi, non venendo in rilievo in questa sede di legittimità il tema della
responsabilità, è sufficiente accennare che Druscovich, unitamente ad altri
soggetti giudicati separatamente o non appellanti, è stato condannato per i reati
di cui agli artt.: 1) 110 cod. pen. – 5 comma 8 bis Decreto Legislativo n.
286/1998 (capo QQ) per aver contraffatto documenti al fine di ottenere il rilascio
di un visto di ingresso in favore di due cittadini bengalesi (tali Mallik e Sayal); 2)
110 cod. pen. – 12 comma 3 lett. d) Decreto Legislativo n. 286/1998 per aver
compiuto atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato
dei predetti Mallik e Sayal (capo RR); 3) 48 – 81 cpv., 110 – 479 cod. pen. per
aver, con la condotta indicata al capo RR) indottoin errore funzionari della
Questura per ottenere il rilascio dei permessi di soggiorno in favore dei cittadini
bengalesi utilizzando atti contenenti attestazioni ideologicamente false (capo
SS); 4) 48 cod. pen. – 5 comma 8 bis Decreto Legislativo n. 286/1998 per aver
contraffatto documenti al fine di determinare il rilascio di visto di ingresso in
favore del cittadino extracomunitario bengalese (tale Alam) mediante l’induzione
in errore della propria madre (capo PPP); 5) 48 – 61 n. 2 – 110 – 480 cod. pen.
per aver indotto in errore la propria madre e il dirigente dell’ufficio provinciale

Ok\.,

—–

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del lavoro a rilasciare il nulla osta i lavoro subordinato stagionale in favore del
cittadino bengalese Alam (capo QQQ). Tutti i reati sono stati unificati in
continuazione e all’imputato sono state concesse le attenuanti generiche.

3. Nel respingere i motivi di appello, la corte territoriale ha così motivato:
e

(—-“”

I- non era riconoscibile la buona fede dell’imputato alla luce delle
òg,
conversazioni intercettate erri p1 reale svolgimento dei fatti, non avendo i cittadini
extracomunitari prestato nessuna attività lavorativa; l’alloggio asseritamente
destinato ad ospitare gli extracomunitari risultava essere stato dato in locazione
a terzi soggetti; la consapevolezza del carattere simulato del rapporto di lavoro
derivava dalla mancanza di risorse economiche dell’imputato, come risultanti
dalla dichiarazione dei redditi;
2

anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 16.000 di multa.

H- La fittizia offerta di lavoro e la falsità delle attestazioni prodotte agli uffici
pubblici portava per conseguenza a ritenere che l’imputato avesse procurato
l’ingresso illegale nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari; lo stesso
imputato aveva ammesso di aver ingannato la madre;
III- non potevano essere riconosciute al Druscovich le attenuanti di cui agli
artt. 114 cod. pen., 12 comma 3 quinquies Decreto Legislativo n. 286/1998, 62
n. 5 cod. pen.: in particolare, quanto a quest’ultima, la corte territoriale riteneva,
in assenza di precedenti giurisprudenziali, di richiamare la giurisprudenza

prostituzione che escludeva l’applicazione di detta attenuante. Osservava la corte
che “da un lato il consenso del cittadino extracomunitario all’immigrazione
clandestina è elemento essenziale della fattispecie criminosa e dall’altro la
condotta di tale soggetto non può essere considerata quale concausa dell’evento,
che del resto, rispetto al delitto contestato, non assume avere propria natura di
fatto essenziale al perfezionamento del delitto”.

4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso Druscovich, a mezzo del
difensore di fiducia, e ne chiede l’annullamento con un unico motivo per erronea
applicazione della legge penale con riferimento alla mancata concessione
dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 5 cod. pen. e per manifesta illogicità della
motivazione, motivo che viene qui sinteticamente riassunto nei limiti necessari
per la decisione, secondo quanto previsto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il difensore contesta il percorso argomentativo sviluppato dalla corte di
merito e il parallelismo tra il delitto di favoreggiamento della prostituzione e
quello di aver procurato l’ingresso di stranieri mediante l’utilizzo di falsi
documenti. Ritiene la difesa che, diversamente dal favoreggiamento della
prostituzione -e della analoga fattispecie di decesso in conseguenza di cessione
di stupefacente- il consenso degli stranieri agli atti diretti a procurare l’ingresso
nello Stato, non sia un elemento necessario al compimento di questi atti,
essendo gli stessi interessati soltanto alle conseguenze del reato, ovvero
all’ingresso nello Stato. Diversamente che nei casi di prostituzione, il
comportamento dei cittadini bengalesi è stato rilevante per il perfezionamento
della fattispecie di reato e si è posto come concausa rilevante ai fini della
realizzazione dell’evento. Infatti, senza la loro collaborazione -accesso in
Questura per il fotosegnalamento e pagamento del prezzo per l’assunzione
fittizia- non sarebbe stato possibile ottenere i visti di ingresso ed i permessi di
soggiorno. La condotta volontaria posta in essere dagli stranieri dimostrava
l’intenzione di cagionare l’evento, inteso come illecito ottenimento dei documenti
e permessi necessari all’ingresso in Italia, e si atteggiava come concausa
3

formatasi in relazione ai delitti di sfruttamento e favoreggiamento della

dell’evento. La difesa richiama le decisioni del giudice di legittimità n. 24261 del
13 maggio 2009 e n. 31878 del 18 maggio 2011 nelle quali l’applicazione
dell’attenuante in questione era stata negata per la specificità dei casi, non
assimilabili al presente, in cui i cittadini extracomunitari avevano contribuito alla
realizzazione del reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

della giurisprudenza di questa Corte, è infondato e va respinto.

2. Con la proposta doglianza, la difesa dell’imputato censura il mancato
riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 5 cod. pen. in relazione alla
contestazione elevata al capo RR), relativa al reato di cui all’art. 12, comma 3,
lett. d)1 del D. Lgs n. 286/98, che recita «3. Salvo che il fatto costituisca più
grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico,
promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel
territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente
l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non
è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da
cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in
cui: [omissis] d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o
utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o
alterati o comunque illegalmente ottenuti». Trattasi del reato più grave tra quelli
contestati a Druscovich, sul quale sono stati applicati gli aumenti per la ritenuta
continuazione tra i reati, sicchè l’eventuale riconoscimento dell’attenuante di cui
all’art. 62 n. 5 cod. pen. avrebbe una incidenza sul calcolo della pena.
2.1. La corte d’appello ha escluso l’applicabilità di questa attenuante
richiamando gli arresti giurisprudenziali resi in relazione a casi di sfruttamento
della prostituzione, per i quali «La circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 5
cod. pen. (concorso del fatto doloso della persona offesa) non è applicabile ai
delitti di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, sia sotto il profilo
che il concorso della volontà della prostituta è elemento costitutivo delle due
fattispecie, sia sotto il profilo che alla prostituta non può essere riconosciuta la
qualità di persona offesa, ma soltanto di parte eventualmente danneggiata e di
soggetto passivo, sia sotto il profilo che il fatto della prostituta costituisce
soltanto occasione, prossima o remota, del delitto e non vera e propria causa o
concausa dell’evento come prescrive l’art. 62 n. 5 c.p. (Sez. 3, n. 285 del

4

1. Il ricorso, che propone argomentazioni volte a sollecitare una revisione

26/11/1999 – dep. 13/01/2000, D’Angeli A, Rv. 215353; in termini, Sez. 3, n.
44915 del 23/04/2014 – dep. 29/10/2014, Di Primo, Rv. 261382)».
2.2. Un medesimo argomentare, come riporta la difesa del ricorrente,
sorregge anche il diniego del riconoscimento dell’attenuante in casi che hanno
riguardato specificamente il tema della immigrazione clandestina, evidentemente
non noti alla corte di appello. Si tratta delle sentenze Sez. 6, n. 24261 del 2009
e Sez. 1 n. 31878 del 2011. In entrambe le decisioni, concernenti ipotesi di
ingressi di stranieri nel territorio dello Stato, si è affermata l’incompatibilità

clandestino (D.Lgs. n. 246 del 1998, art. 12, commi 3 e 3 bis) di immigrati, sia
perché la norma presuppone il necessario consenso della persona (così, la
sentenza n. 24261 del 2009), sia per la mancanza di un comportamento delle
parti offese cosciente e volontario “compiuto con l’intento (non imputabile
all’agente) di aggravare le conseguenze del reato (e non quindi su sollecitazione
dell’agente stesso) e non è comunque ravvisabile quando il consenso dell’offeso
sia elemento costituivo della fattispecie criminosa o il suo stato di illiceità il
presupposto per la commissione del reato da parte dell’agente” (così, la sentenza
n. 31878 del 2011).
2.3. Nonostante il dissenso del ricorrente, le

rationes decidendi delle

decisioni richiamate sono pertinenti anche al caso in esame, sicchè l’impugnata
decisione si pone perfettamente in sintonia con tali principi. L’obiettivo
perseguito dalla norma è contrastare il mercato di esseri umani rendendo
penalmente rilevanti tali attività parassitarie e lucrative e andando a colpire in
maniera più diretta l’attività svolta dalle organizzazioni criminali dedite al traffico
degli stranieri sia in Italia che all’estero. Nella costruzione della fattispecie,
incentrata sui comportamenti di chi gestisce questo traffico (promuove, dirige,
organizza, finanzia o effettua) in una prospettiva analoga a quella dell’articolo
416 del codice penale, l’immigrato clandestino, la cui condotta non è comunque
irrilevante penalmente (art. 10 bis), è il beneficiario della condotta illecita e un
elemento necessario per il suo perfezionamento sicchè, concettualmente e
normativamente, l’accettazione del trasporto e il compimento delle attività
connesse -predisposizione di falsi documenti, pagamento del compenso per il
lavoro fittizio- aggravando la fattispecie, quali condotte autonome e funzionali al
raggiungimento dello scopo finale, non possono allo stesso tempo essere
considerate come circostanze attenuanti, ai sensi dell’art. 62, n. 5, cod. pen.
Ciò che aggrava la pena non può allo stesso tempo attenuarla.

3. Un’altra considerazione sorregge questa conclusione. Secondo la
dogmatica giuridica, le circostanze del reato sono elementi accessori delle
5

concettuale dell’attenuante con l’ipotesi delittuosa di agevolazione dell’ingresso

singole fattispecie descrittive del reato al quale accedono. Esse presuppongono
l’esistenza del reato nei confronti del quale rappresentano un plus eventuale. A
questa regola, non sfugge nemmeno la circostanza in esame (concorso del fatto
doloso della persona offesa): nella struttura della fattispecie si è in presenza di
un reato già perfetto nei suoi elementi costitutivi, sui quali si innesta, mediante
una condotta causalmente rilevante, il comportamento della persona offesa, tale
da creare un aggravamento dell’evento tipico. E però, la fattispecie criminosa
dell’art. 12 comma 3 cit. corrisponde ad un reato di pericolo o a consumazione

“ingresso”.
3.1. La più recente giurisprudenza di questa Corte di cassazione è infatti
ormai consolidata nella affermazione del principio di diritto secondo il quale “in
tema di disciplina dell’immigrazione, il delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998,
art. 12, consistente nel compiere atti diretti a procurare l’ingresso illegale di una
persona nello Stato, ha natura di reato di pericolo o a consumazione anticipata
ed è del tutto irrilevante il conseguimento dello scopo” (Sez. 1, n. 27106 del
16/06/2011 – dep. 12/07/2011, Giurato, Rv. 250803; cui adde Sez. 1, n. 16120
del 29/03/2012 – dep. 02/05/2012, Cosenza, Rv. 253209; Sez. 1, n. 1082 del
04/12/2008 – dep. 13/01/2009, Malik, Rv. 242487; Sez. 1, n. 38159 del
23/09/2008 – dep. 07/10/2008, P.G. in proc. Dimcea, Rv. 241130; Sez. 1, n.
10716 del 28/02/2008 – dep. 07/03/2008, P.G. in proc. Policiuc, Rv. 239565;
Sez. 1, n. 10255 del 28/02/2008 – dep. 06/03/2008, P.G. in proc. Petrica
Constantin, Rv. 239239; Sez. 1, n. 34053 del 06/10/2006 – dep. 11/10/2006,
P.M. in proc. Buza e altro, Rv. 234803). La detta natura comporta, poi, il
corollario che, ai fini del perfezionamento del delitto in parola, non è necessario
che l’agente realizzi la condizione sufficiente a procurare l’ingresso illegale nel
territorio dello Stato di uno straniero; basta, invece, che il soggetto attivo ponga
in essere, con la propria condotta, una condizione (necessaria o no),
teleologicamente connessa al potenziale ingresso illegale dello straniero, perché
sia integrata la situazione di pericolo, la quale rappresenta l’oggetto giuridico
della norma incriminatrice. Non solo è assente l’evento del reato, perché il
compimento dell’attività illecita costituisce ex se l’oggetto del reato, ma
trattandosi di delitto che offende gli interessi dello Stato al controllo del territorio
e alla intangibilità dei confini, l’immigrato non è la persona offesa del reato (in
realtà, ne è il beneficiario), ma solo eventualmente un danneggiato (salvo
naturalmente i casi di cui alle lett. b) e c).
3.2. Va conclusivamente affermato il seguente principio di diritto: «La
circostanza attenuante del concorso del fatto doloso della persona offesa non è
applicabile ai delitti contro le immigrazioni clandestine nell’ipotesi di utilizzo di
6

anticipata, che si perfeziona per il solo fatto di compiere atti diretti a procurare

documenti contraffatti o alterati, sia perchè il concorso della volontà della
persona non cittadina già costituisce elemento necessario per la realizzazione
della fattispecie, sia perchè il reato è di pericolo e la persona immigrata
clandestinamente non è persona offesa del reato, tale qualità spettando solo allo
Stato».

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 9 gennaio 2018

delle spese processuali.

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