Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21948 del 17/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21948 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cesarano Marcello, nato a Castellammare di Stabia il 6/7/1945
avverso l’ordinanza del 25/2/2014 del Tribunale di Torre Annunziata
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
letta la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Giulio Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto dei
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25 febbraio 2014 il Tribunale di Torre Annunziata ha
respinto l’istanza di Marcello Cesarano, di sospensione dell’ordine di demolizione
emesso dal Pubblico Ministero in esecuzione della sentenza del Pretore di Torre
Annunziata del 13 ottobre 1997, divenuta irrevocabile il 1 dicembre 1997 (che
aveva riconosciuto il Cesarano responsabile dei reati di cui agli artt. 20, lett. c, I.
47/85, 1 sexies I. 421/85 e 734 cod. pen.), ritenendo sufficientemente
determinanta l’ingiunzione a demolire del Pubblico Ministero ed irrilevante la
dichiarazione di compatibilità ambientale rilasciata dal Comune di Massa
Lubrense il 29 gennaio 2014.

Data Udienza: 17/02/2016

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo
difensore, affidato a tre motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173
disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato insufficienza della motivazione, per
la inconferenza della giurisprudenza di legittimità richiamata dal Tribunale,
relativa al condono paesaggistico e non alla compatibilità paesaggistica posta a
fondamento della istanza.
2.2. Con il secondo motivo ha prospettato violazione ed erronea applicazione

base del rilievo che l’accertamento della compatibilità paesaggistica determina il
venir meno ex post della abusività dell’intervento edilizio.
2.3. Mediante il terzo motivo ha denunciato violazione di legge per essere
riservata alla sola autorità amministrativa l’emissione dell’ordine di demolizione
delle opere abusive realizzate anteriormente al 28/11/1997.

3. Il Procuratore Generale nella sua requisitoria ha concluso per il rigetto del
ricorso, evidenziando la insufficienza della dichiarazione di compatibilità
paesaggistica ai fini della sospensione o della revoca dell’ordine di demolizione,
trattandosi di atto amministrativo non incompatibile con la demolizione, e
l’estraneità del terzo motivo alle questioni trattate nel provvedimento impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata
l’insufficienza della motivazione in ordine alla incidenza sul mantenimento
dell’ordine di demolizione della richiesta di rilascio dell’accertamento di
compatibilità paesaggistica, e della successiva emissione dello stesso, la
doglianza risulta dei tutto generica, in quanto il ricorrente non ha precisato,
come pure sarebbe stato suo onere, in dipendenza del principio di
autosufficienza dei ricorso, la natura e l’entità delle opere abusive, né,
soprattutto, il contenuto del provvedimento richiesto e successivamente
ottenuto, con la conseguente inammissibilità della censura, che a causa della sua
genericità non consente di compiere alcuna verifica in ordine alla congruità ed
alla correttezza della motivazione del provvedimento impugnato, non essendo
stati sufficientemente indicati i motivi di ricorso oggetto di insufficiente risposta
da parte del primo giudice, né le carenze, incongruenze, illogicità o
manchevolezze di tale provvedimento.

2

di legge in relazione agli artt. 31 d.P.R. 380/2001 e 167 d.lgs. 42/2004, sulla

Va comunque ricordato che la presentazione dell’istanza di accertamento di
compatibilità paesaggistica per gli abusi commessi entro il 30 settembre 2004
(art. 1, comma trentasettesimo, I. 15 dicembre 2004, n. 308) non determina la
sospensione del procedimento penale in difetto di un’espressa previsione
legislativa, non potendosi nemmeno estendere alla disciplina del condono
paesaggistico l’effetto sospensivo previsto dalla disciplina del condono edilizio
introdotta dal di. n. 269 del 2003 (convertito con modifiche in I. n. 326 del
2003), attesa la mancanza di qualsiasi collegamento tra le due discipline (Sez. 3,

06/11/2012, Pallone, Rv. 254265). Inoltre neppure l’avvenuto rilascio di tale
accertamento è vincolante per il giudice penale, che dispone comunque del
potere-dovere di valutare la sussistenza dei requisiti di sanabilità dell’abuso, in
quanto compete sempre al giudice l’accertamento dei presupposti di fatto e
giuridici legittimanti l’applicazione del cosiddetto condono ambientale (Sez. 3,
Sentenza n. 27750 del 27/05/2008, Serro, Rv. 240822; Sez. 3, n. 889 del
29/11/2011, Falconi, Rv. 251640), nella specie, come evidenziato, non allegati
dal ricorrente, con la conseguente preclusione al compimento di detta indagine.

2. Analogo ordine di considerazioni può essere svolto a proposito del
secondo motivo, mediante il quale ii ricorrente ha denunciato violazione degli
artt. 31 d.P.R. 380/2001 e 167 digs. 42/2004, per l’errata considerazione dei
rilievo dell’intervenuto accertamento di compatibilità ambientale in relazione alle
opere abusive (consistenti nella realizzazione della pavimentazione in
calcestruzzo e nell’ampliamento di un tratto di strada vicinale e di un viale
all’interno della proprietà del ricorrente), che farebbe venir meno il carattere
abusivo dell’intervento, in quanto, come sottolineato anche dal Procuratore
Generale, la sentenza di condanna, di cui è stata domandata la sospensione
dell’esecuzione e la revoca dell’ordine di demolizione con la stessa disposto,
riguarda il reato di cui all’art. 1 sexies I. 431 del 1985 ed il reato di cui all’art.
20, lett. c), l. 47 dei 1985, ed in relazione a quest’ultimo l’accertamento di
compatibilità ambientale fatto valere dai ricorrente e posto a fondamento della
sua istanza risulta privo di incidenza.
All’illecito urbanistico consegue, ai sensi dell’art. 31, comma 9, d.P.R.
380/2001, l’ordine di demolizione delle opere abusive, indipendentemente dalla
sussistenza anche di una violazione paesaggistica, cui consegue il diverso e più
ampio obbligo di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, con la conseguenza
che il rilascio dell’accertamento di compatibilità ambientale successivamente alla
irrevocabilità della sentenza è idoneo ad incidere solamente sull’ordine di
rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato, previo
obbligo, per il giudice dell’esecuzione, di valutarne la legittimità (Sez. 3,
3

n. 37311 del 03/07/2007, Dottorini, Rv. 237384; conf. Sez. 3, n. 1442 del

Sentenza n. 10396 del 04/02/2010, Capicchioni, Rv. 246348), ma non determina
anche il venir meno dell’ordine di demolizione conseguente al reato urbanistico,
che tutela interessi diversi, e presenta anche un carattere di minore completezza
ed effettività rispetto all’ordine di rimessione in pristino in materia paesaggistica,
in quanto non solo non copre tutte le ipotesi di alterazione del paesaggio, ma
non comporta la reintegrazione totale del bene nell’area protetta (Sez. 3, n.
10032 del 15/01/2015, Cacace, Rv. 262753M Sez. 3, n. 862 del 22/02/1996,
Pezzetta, Rv. 204601).

disposto in relazione al reato urbanistico l’intervenuto rilascio dell’accertamento
di compatibilità ambientale, che ha influenza solamente sul diverso ed autonomo
obbligo di rimessione in pristino di cui all’art. 167 d.lgs. 42/2004, con la
conseguente insussistenza della violazione di legge denunciata dal ricorrente con
il secondo motivo di ricorso, che risulta pertanto infondato.

3. Il terzo motivo, mediante il quale, tra l’altro, è stata richiesta una
pronuncia (l’archiviazione della procedura esecutiva) che non rientra nelle
attribuzioni di questa Corte, attiene alla individuazione del soggetto legittimato
ad eseguire l’ordine di demolizione (che sarebbe ad avviso del ricorrente il
Sindaco, con la conseguente inammissibilità della esecuzione da parte del
Pubblico Ministero), ma si tratta di questione che non era stata prospettata al
Giudice dell’esecuzione e di cui, quindi, risulta preclusa la deduzione nel giudizio
di legittimità.
Giova comunque ricordare che la competenza in materia di esecuzione
spetta in via generale al Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 655 cod. proc. pen.,
dunque anche in materia di demolizione, e che il sindaco è titolare, in materia
urbanistica, di una propria competenza amministrativa concorrente, di vigilanza
sull’attività urbanistico-edilizia sul territorio comunale, che comprende il potere
di procedere direttamente alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino
dello stato dei luoghi, così come quello di deliberare, con il consiglio comunale,
l’esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto a quelli sottesi alla
demolizione, e quindi non può essere indicato come H soggetto incaricato
dell’esecuzione dell’ordine di demolizione emanato in sede giurisdizionale (Sez.
3, n. 9139, Del Duca, Rv. 217472).
Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto, stante l’inammissibilità del
primo e del terzo motivo e l’infondatezza del secondo, con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

4

Deve, pertanto, ritenersi privo di rilievo riguardo all’ordine di demolizione

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 17/2/2016

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