Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21947 del 17/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 21947 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Koval yov Oleksandr, nato in Ucraina il 25/10/1963
avverso l’ordinanza del 9/1/2015 del Tribunale di Cosenza
visti g li atti, il provvedimento impu g nato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati ;
letta la re q uisitoria depositata da! Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore g enerale Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo il ri g etto del
ricorso e la condanna del ricorrente al pa g amento delle spese processuali.

RITENUTO IN FATTO

-L Con ordinanza del 9 gennaio 2015 il Tribunale di Cosenza ha dichiarato
inammissibile l’istanza presentata da Oleksandr Koval yov, diretta ad ottenere la
revoca dell’ordine di demolizione di opera abusiva, disposto con la sentenza n.
986 del 2013 del medesimo Tribunale di Cosenza, divenuta irrevocabile il 16
ottobre 2013, rilevando che, nonostante l’affermazione dei richiedente circa la
natura solo ornamentale delle opere, tanto che il g iudice amministrativo aveva
annullato la relativa ordinanza sindacale di demolizione, dette opere erano
strumentali alla realizzazione di una volumetria non consentita, se non in
presenza di un titolo abilitativo, e che l’ordinanza del g iudice amministrativo, di
annullamento della ordinanza sindacale di demolizione delle medesime opere,

Data Udienza: 17/02/2016

non imponeva raccoglimento della istanza di revoca, in considerazione della solo
parziale coincidenza del materiale probatorio posto a fondamento della decisione.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo
difensore, affidato ad un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato
violazione dì legge penale, per l’omessa considerazione da parte del Tribunale
della sufficienza per rdella segnalazione certificata di inizio attività di cui all’art.
22 d.P.R. 380/2001 per la realizzazione degli interventi eseguìti dall’imputato

di contenimento con pietre di fiume), come riconosciuto dal TAR, e per la
mancata acquisizione da parte del giudice dell’esecuzione degli atti del
procedimento penale, da cui avrebbe potuto essere verificata la non necessarietà
della demolizione delle opere.

3. Il Procuratore Generale nella sua requisitoria ha concluso per il rigetto del
ricorso, evidenziando l’irrilevanza della pronuncia della autorità amministrativa,
in ragione della autonomia e distinzione del potere sanzionatorio del giudice
nell’impartire l’ordine di demolizione rispetto all’analogo potere della autorità
amministrativa.

4.

Il ricorrente ha depositato memoria con la quale ha dato atto

dell’accoglimento da parte di questa Corte del ricorso proposto dalla
comproprietaria Venda, nei confronti di altra identica ordinanza del giudice
dell’esecuzione del Tribunale di Cosenza, reiettiva della medesima istanza di
revoca dell’ordine di demolizione, ribadendo la rilevanza della decisione del
giudice amministrativo, comunque ostativa ad una pronuncia de plano.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Come già osservato da questa Corte, anche a proposito dell’analogo ricorso
proposto nei confronti della medesima ordinanza del Tribunale di Cosenza
dall’altro destinatario dell’ordine di demolizione (cfr. Sez. 3, n. 6433 del
11/11/2015, dep. 2016, Vencia, non massimata), l’ordine di demolizione
impartito dal giudice con la sentenza di condanna, per la sua natura di sanzione
amministrativa applicata dall’autorità giudiziaria, non è suscettibile di passare in
giudicato, essendone sempre possibile la revoca quando esso risulti
assolutamente incompatibile con i provvedimenti amministrativi che abbiano
conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività
(cfr. Sez. 3, n. 3456 del 21/11/2012, Oliva, Rv. 254426), tanto che è stato
affermato che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con la
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(consistiti in lavori di manutenzione per il rivestimento di un preesistente muro

sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta, deve essere
revocato quando sopravvengano atti amministrativi con esso del tutto
incompatibili, mentre va sospeso qualora sia concretamente prevedibile e
probabile l’emissione, entro breve tempo, di atti amministrativi incompatibili
(cfr., ex multis, Sez. 3, n. 29447 del 19/6/2013, Russo, Rv. 255873; Sez. 3, n.
17066 del 18 maggio 2006, Spillantini, Rv. 234321), fermo restando il poteredovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio
sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e

del potere di rilascio (così Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci ed altro, Rv.
260972).
Deve, dunque, in via generale, ritenersi che gli atti tipici della pubblica
amministrazione idonei ad evitare la esecuzione della sentenza di condanna nella
parte in cui impone la demolizione della opera abusiva sono, oltre alla
intervenuta demolizione dell’immobile ad opera della stessa pubblica
amministrazione, la intervenuta concessione in sanatoria e la delibera del
consiglio comunale che abbia dichiarato la conformità del manufatto con gli
interessi pubblici urbanistici ed ambientali; al riguardo costituisce principio
consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di esecuzione non
sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un provvedimento
giurisdizionale favorevole, ma solo “un onere di aliegazione, il dovere, cioè, di
prospettare e indicare al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si basa,
incombendo poi all’autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi
accertamenti “(così, ex multis, Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010, Di Sabatino,
Rv. 248276; in linea con tale assunto, in materia cfr. Sez. 3, n. 25832 del
29/5/2013, Schena e altro, Rv. 256295).
Ora, nel caso di specie, pur avendo il ricorrente adempiuto all’onere di
allegazione richiesto, prospettando !a non necessarietà della demolizione
dell’opera in ragione della sua reale entità, allegando al riguardo ed in tal senso
ia sentenza dei Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria del 5
dicembre 2014, che ha ravvisato un difetto di istruttoria da parte dei Comune di
Pedace in ordine alla reale consistenza delle opere e, comunque, ha affermato la
sottoposizione delle stesse al regine della segnalazione certificata di inizio attività
di cui all’art. 22 d.P.R. 380/2001, la cui mancanza non è sanzionabile con
l’ordine di demolizione ma con l’applicazione di una sanzione pecuniaria, il
Tribunale non ha esercitato i propri poteri istruttori, al fine di accertare la reale
consistenza delle opere abusive e la loro eventuale conformità agli strumenti
urbanistici, ed ha ritenuto preclusivo ad ogni valutazione il giudicato della
sentenza di condanna posta in esecuzione, omettendo di considerare il dato
dell’annullamento dell’ordine di demolizione emesso dal Sindaco.
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dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio

La presenza di tale dato e le allegazioni del ricorrente non consentivano,
però, l’adozione della procedura de plano di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc.
pen., ed imponevano, alla stregua dei principi ricordati, la suddetta verifica di
compatibilità delle opere con gli strumenti urbanistici.
Il giudice dell’esecuzione può, infatti, provvedere con decreto motivato,

de

plano, solo allorquando la richiesta risulti manifestamente infondata per difetto
delle condizioni di legge o costituisca mera riproposizione di una richiesta già
rigettata e basata sui medesimi elementi, dovendo altrimenti adottare

proc. pen. Il provvedimento de plano è giustificato dalla immediata rilevabilità
dell’infondatezza dell’istanza o dalla evidente coincidenza della stessa con altra
identica istanza già respinta, con la conseguenza che, al di fuori dei casi di
insussistenza dei presupposti normativi della richiesta – in quanto la manifesta
infondatezza deve riguardare il difetto delle condizioni di legge, intese, in senso
restrittivo, come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, ma
direttamente imposti dalla norma – rimangono riservate al rito camerale la
pronuncia di incompetenza, le questioni di diritto di non univoca soluzione e la
delibazione dì fondatezza nel merito dell’istanza (Sez. 3, Sentenza n. 47402 del
21/10/2014, Chisci, Rv. 260971; Sez. 1, n. 42900 del 27/09/2013, Pretto, Rv.
257159; Sez. 5 n. 34960, 17 settembre 2007; Sez. 1, n. 14040 del 27/03/2007,
Menin, Rv. 236216; Sez. 1 n. 24164, 26 maggio 2004; Sez. 5 n. 15099, 30
marzo 2004; Sez. 1 n. 27737, 26 giugno 2003).
Il Tribunale avrebbe dovuto, dunque, non essendo preclusivo il solo dato
della formazione del giudicato, adottare la procedura camera> citata e verificare
nel merito la fondatezza delle &legazioni de! ricorrente.
Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio›. !
Tribunale di Cosenza per nuovo esame.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Cosenza.
Così deciso il 17/2/2016

necessariamente la procedura camerale prevista dall’art. 666, comma terzo, cod.

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