Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21930 del 17/04/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21930 Anno 2018
Presidente: MICCOLI GRAZIA
Relatore: BORRELLI PAOLA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
CILIBERTI SACHA nato il 05/01/1989 a REGGIO CALABRIA
POLIMENI MASSIMILIANO nato il 06/10/1993 a REGGIO CALABRIA

avverso la sentenza del 17/11/2016 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA BORRELLI;
udito il Sostituto Procuratore generale OLGA MIGNOLO, che ha concluso per
l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 novembre 2016, la Corte di appello di Reggio
Calabria, in riforma della sentenza del locale Tribunale, assolveva Sacha Ciliberti
e Massimiliano Polimeni dal delitto di rapina aggravata ai danni di Francesco
Marrapodi e ne confermava la condanna per lesioni ai danni di quest’ultimo e di
Ion Cristian Radu, con conseguente rideterminazione della pena in anni due e
mesi otto di reclusione per Ciliberti e in anni due e mesi quattro di reclusione per
Poli meni.
I fatti attengono ad un’aggressione dei due imputati e di un terzo soggetto
rimasto ignoto ai danni del Marrapodi, che aveva riportato lesioni giudicate
guaribili in venticinque giorni, e dell’amico di questi, Radu, che era intervenuto in

Data Udienza: 17/04/2018

suo soccorso e che era rimasto anch’egli ferito e giudicato guaribile in cinque
giorni.
2. Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati, a mezzo dei
rispettivi difensori.
2.1. Il ricorso di Sacha Ciliberti è articolato su due motivi.
2.1.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di
motivazione riguardo al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di
cui all’art. 62, comma 1, n. 2), cod. pen. ed al trattamento sanzionatorio

motivare e, riguardo al secondo, aveva assolto al dovere argomentativo circa il
discostamento dal minimo edittale della pena con mere frasi di stile.
2.1.2. Con il secondo motivo, la parte lamenta analoghi vizi, questa volta
con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, fondato solo
sull’esistenza di un precedente, commesso dall’imputato quando era minorenne.
2.2. Con l’unico motivo di ricorso, Massimiliano Polimeni lamenta violazione
di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 110, 582, 585 cod. pen. in
quanto la Corte di appello aveva confermato il giudizio di responsabilità sulla
base di dati processuali equivoci. La condanna era stata pronunziata in virtù
delle sole dichiarazioni della persona offesa, senza sottoporle al necessario vaglio
critico; in dibattimento era emerso che Polimeni era intervenuto solo a sedare il
diverbio tra il coimputato e la persona offesa ed era stato solo marginalmente
coinvolto nella colluttazione che era seguita alla violenta reazione del Marrapodi.
Altro aspetto della doglianza concerne la mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche e la commisurazione della pena rispetto all’effettiva
partecipazione dell’imputato al fatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Ciliberti è complessivamente infondato
1.1. Il primo motivo di ricorso presentato nell’interesse del Ciliberti è
infondato quanto al trattamento sanzionatorio perché la Corte di appello, nel
rideterminare la pena dopo l’assoluzione per la rapina, ha fornito un’adeguata
motivazione dei dati considerati nell’operazione dosimetrica, valorizzando

in

malam partem il precedente del ricorrente, le «tinte fosche della causale» e nella parte relativa al trattamento sanzionatorio come in quella dedicata alla
conferma della condanna per i reati di cui ai capi B) e C) – l’assoluta gravità della
condotta, caratterizzata da violenza e brutalità (si pensi, oltre all’entità delle
lesioni del Marrapodi, alle modalità attuate per provocare alla persona offesa

giacché, quanto alla prima, la Corte di appello aveva completamente omesso di

maggior dolore e alle minacce per costringere i feriti a non chiamare le forze
dell’ordine, evidenziate alle pagg. 15 e 16 della sentenza impugnata).
Deve, a questo proposito, ricordarsi che è inammissibile la censura che, nel
giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena
la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e
sia sorretta — come nel caso di specie — da sufficiente motivazione (Sez. 5, n.
5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142: Sez. 3, n. 1182 del
17/10/2007, dep. 2008, Cilia e altro, Rv. 238851).
Con riferimento alla questione dell’invocata attenuante della provocazione,

affrontata, ma il suo diniego deve ritenersi implicitamente motivato sia perché la
Corte di appello ha escluso che la causale del fatto sia stata processualmente
accertata (con le ovvie implicazioni in tema di ricostruzione della spinta che
aveva mosso l’imputato), sia perché la descrizione della brutalità
dell’aggressione esclude quel rapporto di adeguatezza (ancorché non di
proporzionalità) che deve comunque caratterizzare la reazione del soggetto che
invoca l’attenuante in discorso (ex multis, Sez. 1, n. 52766 del 13/06/2017, M
C., Rv. 271799; Sez. 1, n. 1214 del 06/11/2008, dep. 2009, Sanchez Sanchez,
Rv. 242622). Il ricorso, pertanto, deve essere in parte qua, rigettato.
1.2. Il secondo motivo di ricorso del Ciliberti — in punto di diniego delle
circostanze attenuanti generiche — va rigettato perché infondato giacché la
Corte di appello ha adeguatamente motivato sul punto, valutando
congiuntamente il precedente e la natura del fatto per cui si procede ed
evidenziando in più punti della sentenza la gravità di quest’ultimo. Tale
interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il
giudice, quando rigetta la concessione delle circostanze attenuanti generiche,
non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi
favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a
fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti (Sez. 3, n. 28535
del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e
altri, Rv. 248244).
1.3. Il ricorso del Polimeni è anch’esso da respingere.
1.3.1. Riguardo al profilo dell’an della responsabilità, il ricorso è
inammissibile perché aspecifico in quanto affidato a rilievi prevalentemente
teorici e sordi alle argomentazioni della Corte di appello. Altrimenti detto, il
ricorrente ha omesso di confrontarsi con la sentenza impugnata che, con
motivazione completa, univoca ed immune da cadute logiche, aveva dato atto
delle ragioni per le quali l’imputato in discorso dovesse ritenersi coinvolto nel
pestaggio. Tale impostazione ne determina l’inammissibilità giacché, come

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occorre rilevare che effettivamente la Corte di merito non l’ha espressamente

ribadito di recente da Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv.
268823 (in motivazione), i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili
non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando
difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del
provvedimento impugnato.
1.3.2. Quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche, il ricorso è infondato giacché la Corte di appello ha adeguatamente
motivato sul punto, facendo riferimento agli indici di natura personale e fattuale

l’adesione a logiche ritorsive manifestatasi con l’ausilio al coimputato) che hanno
imposto di non accedere al trattamento di favore e facendo così buon governo
della giurisprudenza di questa Corte già ricordata quanto all’analogo motivo del
coimputato (cfr. supra § 1.2.).
1.3.3. La sentenza si sottrae alle censure del ricorrente, infine, anche con
riferimento al trattamento sanzionatorio, nel determinare il quale la Corte
distrettuale non è incorsa in errori di diritto né in lacune motivazionali, avendo
dato atto — come per il Ciliberti (cfr. § 1.1.) — della causale e della gravità
oggettiva del misfatto, finendo peraltro per irrogargli comunque una pena
quantificata in termini più miti che per il coimputato. Il ricorso va, sul punto,
rigettato.
2. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna di ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Così deciso il 17/04/2018.

(lo stato di detenzione per altra causa coevo alla celebrazione del processo e

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