Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21917 del 28/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21917 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MONACHINO GIUSEPPE nato il 22/10/1966 a PALERMO

avverso la sentenza del 16/11/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO SCARLINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIO MARIA
STEFANO PINELLI
che ha concluso per l’inammissibilita’
Udito il difensore, Avv. MASSIMO RAO CAMEMI, in sost. dell’Avv. FABIO
CALDERONE, che ha chiesto raccoglimento del ricorso.

Data Udienza: 28/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1 – Con sentenza del 16 novembre 2016, la Corte di appello di Palermo
confermava la sentenza del locale Tribunale che aveva ritenuto Giuseppe
Monachino colpevole del delitto di tentato furto aggravato, ai danni di un
supermercato del gruppo Oviesse.
In risposta ai motivi di appello, la Corte territoriale osservava che:
– sussisteva l’aggravante della violenza sulle cose avendo l’imputato tolto

antitaccheggio ed essendovi prova che tutti i capi erano dotati di tale dispositivo;
– il diniego delle circostanze attenuanti generiche era dovuto alla presenza di
precedenti nel certificato penale dell’imputato, tanto da giustificare il
riconoscimento della recidiva.
2 – Propone ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le
proprie censure in quattro motivi.
2 – 1 – Con i primi tre motivi deduce il vizio di motivazione e la violazione di
legge in relazione all’avvenuto riconoscimento della circostanza aggravante della
violenza sulle cose.
Il presunto fatto notorio relativo alla circostanza che tutti i capi di
abbigliamento fossero forniti del dispositivo antitaccheggio era smentito dalla
deposizione del teste Angelo Pullara che aveva affermato come il ricorrente,
presa la merce dallo scaffale, si era subito portato verso l’uscita, senza avere
pertanto il tempo di disfarsi degli indicati dispositivi.
Esclusa la circostanza aggravante, la pacifica assenza della querela avrebbe
dovuto comportare il proscioglimento dell’imputato.
2 – 2 – Con il quarto motivo lamenta la violazione di legge in relazione
all’avvenuto riconoscimento della recidiva.
La condotta dell’imputato era di scarso allarme sociale ed era insufficiente il
rilievo dato alle sole precedenti condanne.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso presentato nell’interesse dell’imputato non merita accoglimento.
1 – Il fatto che tutti i capi di abbigliamento di cui l’imputato si era
impossessato fossero dotati della placca antitaccheggio e che questi le avesse,
pertanto, tutte asportate, concretando l’aggravante della violenza sulle cose su
tutti i capi (ancorchè, in considerazione dell’unicità della condotta, sarebbe stato
sufficiente che uno solo di questi ne fosse stato munito) è provato dalla
inequivoca deposizione rilasciata dal direttore del negozio, Roberto Marchese,
1

dai capi di abbigliamento, che aveva tentato di sottrarre, le placche

che aveva chiarito come sui due giubbotti e sulle due giacche asportati dal
prevenuto, tutti di valore non modico, erano applicati i dispositivi in questione.
Una testimonianza riportata dal Tribunale alla cui ricostruzione dell’accaduto la
Corte territoriale si era riportata. Un dato che non può certo trovare adeguata
smentita nel dubbio espresso dal sorvegliante Angelo Pullara, sul quale la difesa
insiste, senza però far cenno a quanto riferito dal Marchese.
Né ha rilievo l’argomento difensivo circa l’impossibilità per l’imputato di
disfarsi dei dispositivi in considerazione del breve lasso di tempo impiegato dal

verso l’uscita posto che, di tale scansione temporale, non si ha sufficiente
contezza e che non può certo ritenersi che lo strappo dai capi di abbigliamento
della placca antitaccheggio necessiti di un’apprezzabile lasso di tempo.
I primi tre motivi di ricorso sono, pertanto, infondati.
2 – Infondato è anche il quarto motivo di ricorso, speso sul riconoscimento
della recidiva, poiché la Corte territoriale aveva proprio concluso – come richiede
questa Corte per la sua configurabilità

(ex plurimis Sez. U, n. 5859 del

27/10/2011, Marcianò) – come la nuova condotta (di tentato furto), valutata alla
luce delle precedenti condanne definitive del prevenuto (ben quattro, tutte per
furti consumati o tentati), fosse idonea a rivelare la maggior capacità a
delinquere del reo.
3 – Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2018.

Monachino per prelevare i quattro capi di abbigliamento e, subito dopo, portarsi

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