Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21913 del 26/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21913 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DELL’ELCE FRANCO N. IL 16/05/1951
avverso la sentenza n. 2454/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 28/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 26/02/2014

R. G. 26293 / 2013

Con la suindicata sentenza la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza
del Tribunale di Lanciano, che all’esito di giudizio ordinario ha condannato Franco Dell’Elce
alla pena di sette mesi di reclusione per i reati, unificati da continuazione, di resistenza e
lesioni volontarie plurime a pubblico ufficiale (reazione tradottasi in ripetute minacce e in
gesti di violenza produttivi di lesioni personali a due degli operanti per opporsi all’intervento
degli agenti di polizia a seguito di lite in corso tra l’imputato e due vicini di casa).
Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, deducendo
violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento: 1) alla violazione del principio di
correlazione, l’imputazione elevata nei confronti del ricorrente non recando menzione del
reato di cui all’art. 337 c.p., ma della sola fattispecie di lesioni personali; 2) alla mancata
giustificazione dell’aumento di un mese di reclusione ex art. 81 cpv. c.p.; 3) all’immotivato
diniego delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena.
Le proposte doglianze, genericamente espresse (siccome replicanti motivi di censura
adeguatamente vagliati nel giudizio di appello), sono connotate da palese infondatezza e da
indeducibilità argomentativa, avuto riguardo all’esauriente e lineare ricostruzione del
contegno dell’imputato in tutte le sue fasi. La Corte territoriale, all’esito di una completa
riconsiderazione di tutte le emergenze processuali, ha con corretti argomenti evidenziato
l’insussistenza di qualsiasi violazione del principio di cui agli artt. 521 e 522 c.p.p., atteso che
l’imputazione descrive ampiamente in fatto la condotta di resistenza posta in essere dal
prevenuto, a nulla rilevando la mancata indicazione formale del reato di cui all’art. 337 c.p.,
fattispecie che pacificamente concorre con quella di lesioni volontarie a p.u. connotata da
connessione teleologica con la resistenza. Quanto al trattamento sanzionatorio contestato dal
ricorrente con i subordinati motivi di impugnazione, è agevole rilevare l’insindacabilità in
questa sede delle coerenti valutazioni espresse dalla Corte territoriale in punto di diniego
delle attenuanti generiche e di modesta entità dell’incremento di pena ex art. 81 co. 2 c.p.
(pena base ex art. 337 c.p. stabilita nel minimo edittale, aumentata di un solo mese per le
lesioni plurime) nonché di denegata concessione dei doppi benefici (precedenti penali anche
specifici ostativi alla formulazione di favorevole prognosi comportamentale).
La genetica inammissibilità del ricorso per cassazione, impedendo l’instaurarsi di un
valido rapporto impugnatorio, preclude la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato
per prescrizione sopravvenuta alla sentenza di appello (S.U., 22.11.2000 n. 32, De Luca, rv.
217266; S.U., 22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv. 231164; Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839,
Imperato, rv. 244999). All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che
stimasi equo determinare in misura di euro 1.000 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 26 febbraio 2014

Motivi della decisione

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