Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21905 del 18/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21905 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: CASA FILIPPO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MURIALE ANTONIO N. IL 13/10/1977
avverso la sentenza n. 2111/2010 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 21/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;

Data Udienza: 18/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa in data 21.10.2014, la Corte di Appello di Reggio Calabria, in
parziale riforma della decisione emessa il 19.2.2010 dal G.U.P. del Tribunale di Locri,
dichiarava non doversi procedere nei confronti di MURIALE Antonio in relazione ai reati
contestatigli ai capi C) ed E) perché estinti per intervenuta prescrizione, e, per l’effetto,
rideterminava la pena in due anni, due mesi di reclusione e 4.500,00 euro di multa in relazione

(detenzione illegale di munizioni per arma da guerra) e D) (ricettazione di parte di arma
clandestina).
Secondo la Corte territoriale, i rilievi proposti in sede di gravame non valevano a scalfire
l’iter logico seguito dal G.U.P. per ricondurre al MURIALE tutto il materiale balistico in
sequestro e per respingere la prospettazione difensiva di una manovra calunniatoria posta in
essere ai danni del medesimo.
Del resto, tali rilievi si risolvevano nell’ipotizzata non esclusività dell’uso del furgone
dove venne rinvenuta la pistola di fabbricazione di cui al capo A). Tuttavia, al di là della
contingenza del dedotto allontanamento del MURIALE dalla casa familiare nei giorni
immediatamente precedenti la perquisizione, era stato lo stesso appellante a riconoscere che il
furgone in parola, appositamente attrezzato allo scopo, veniva ordinariamente impiegato
nell’esercizio dell’attività di commercio ambulante da lui svolta, il che confermava la sua
disponibilità del mezzo.
A fronte di ciò, rimaneva del tutto insignificante la circostanza che, nell’occasione citata
da tale FEMIA Giuseppe, fosse stato questi, assente il cognato e su richiesta della sorella, a
condurre il veicolo sino a Mammola per il mercato; evenienza che non valeva certo ad
escludere la disponibilità del furgone da parte del MURIALE, né a fondare l’argomento difensivo
secondo cui sarebbe stato da sprovveduti custodire l’arma su un mezzo che anche altri
potevano prendere liberamente, non potendosi scartare, infatti, né l’estemporaneità
dell’utilizzo, né che lo stesso fosse avvenuto all’insaputa dell’imputato o addirittura contro il
suo volere, né, infine, che l’interesse del MURIALE ad avere sempre a portata di mano l’arma
sul furgone da lui normalmente utilizzato fosse tale da non preoccuparsi di far eventualmente
circolare anche altri familiari con l’arma al seguito.
E ciò senza contare che correttamente il primo Giudice aveva collegato, nell’ambito di
un medesimo disegno criminoso, la detenzione dell’arma posta sul furgone con il reato del
materiale balistico sequestrato nei dintorni dell’abitazione, escludendo logicamente l’ipotesi
della collocazione ad arte di detto materiale ad opera di terzi. Al riguardo, anche il tema
dell’efficienza del sistema di videosorveglianza non appariva idoneo a smentire le logiche
considerazioni svolte dal G.U.P., essendo indubbio che, comunque, i terzi non avrebbero potuto
avere certezze in ordine all’eventuale mancato funzionamento del predetto sistema.

1

alle residue imputazioni di cui ai capi A) (detenzione illegale di arma da guerra), B)

La Corte reggina non rinveniva ragioni che potessero giustificare l’invocata concessione
delle attenuanti generiche né nei fatti commessi (di indubbia gravità ed evocanti la contiguità
del MURIALE ad ambienti criminali, conformemente alle indicazioni fornite dall’Autorità di P.S.
competente per territorio), né nel comportamento tenuto dall’imputato dopo i fatti e nel
processo.

2. Ha proposto ricorso MURIALE Antonio, per il tramite del difensore di fiducia,
deducendo: 1) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla

203 c.p.p. e vizio di motivazione in ordine alla dichiarazione confidenziale, non riversata in
alcuna annotazione o relazione di servizio dalla P.G., posta a fondamento della prova sulla
detenzione suddetta.
I Giudici di merito avevano violato le basilari regole di formazione della prova indiziaria,
omettendo di valutare, prima singolarmente e poi complessivamente, tutti gli elementi di
prova, pervenendo, così, ad una motivazione solo apparente, perché aveva abbracciato la
soluzione preferibile, ma fondata, a ben vedere, solo sul sospetto e sul contenuto di una fonte
confidenziale, in spregio alle regole della logica e del comune buon senso.
Il pregresso e accertato allontanamento volontario dell’imputato dalla propria abitazione
coniugale per dissidi con la moglie, quindi dai luoghi di ritrovamento delle armi, che era
avvenuto già dal 2.2.2006, cioè quattro giorni prima dell’intervento dei Carabinieri, non
consentiva logicamente di ritenere che, nel giorno della perquisizione, il MURIALE detenesse la
pistola sotto il sedile lato passeggero del furgone-negozio che, da almeno cinque giorni prima,
era nella piena ed esclusiva disponibilità di altri componenti della famiglia ZANNINO-FEMIA.
Né era verosimile e logico supporre che un commerciante ambulante detenesse
stabilmente un’arma illegale a bordo del veicolo sul quale lavorava, alla mercé dei normali
controlli di polizia.
Il Giudice del merito, inoltre, aveva valorizzato oltre ogni limite la portata e il valore
della fonte confidenziale, che non risultava riversata in alcuna relazione o nota di P.G., ai sensi
dell’art. 357 c.p.p., ponendola a fondamento della motivazione, con ciò incorrendo nella
violazione di legge processuale penale (art. 203 c.p.p.), oltre che nella conseguente
contraddizione ed illogicità manifesta del provvedimento impugnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile, perché è basato su motivi non consentiti in
sede di legittimità e, comunque, manifestamente infondati.
2. Il discorso giustificativo della Corte di Appello ha, invero, dato compiutamente conto
delle ragioni addotte a sostegno della conferma della penale responsabilità dell’imputato (salvo
che per i reati prescritti), confrontandosi con le deduzioni dell’appellante – peraltro tendenti ad
una improponibile integrale rilettura delle evidenze istruttorie – nei termini riportati nella
2

detenzione dell’automezzo e delle armi attribuite all’imputato; 2) violazione di legge ex art.

superiore esposizione in fatto, e confutandoli con argomentare congruo e non manifestamente
illogico.
Del tutto destituita di fondamento è la censura articolata con il secondo motivo di
ricorso, in quanto emerge dalla lettura di entrambe le decisioni di merito che la fonte
confidenziale non poteva, né è stata utilizzata a fini decisori.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escluderne

delle ammende di somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 (mille), ai sensi dell’
art. 616 c.p.p..

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 (mille) alla Cassa della ammende.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa

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