Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21887 del 18/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21887 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: CASA FILIPPO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GENNA MARIO N. IL 30/09/1952
avverso l’ordinanza n. 985/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
SASSARI, del 11/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;

Data Udienza: 18/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 11.12.2014, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari
dichiarava inammissibili le istanze di semilibertà e affidamento in prova al servizio sociale
avanzate da GENNA Mario in ordine al residuo della pena determinata originariamente in 22
anni di reclusione dalla sentenza della Corte di Appello di Palermo 19.4.1997, irrevocabile il
21.12.1998, per i reati di cui agli artt. 74 e 73, D.P.R. n. 309/90.

espiazione del reato di cui all’art. 74 citato, la cui pena era stata determinata in 20 anni di
reclusione.
Precisava che il condannato aveva fruito di 855 giorni di liberazione anticipata (pari a
due anni, quattro mesi e cinque giorni) e che l’ordinanza di riconoscimento dell’indulto di un
anno e otto mesi di pena non aveva inciso su quella inflitta per il ridetto reato associativo,
insuscettibile di essere condonata.
Inoltre, il GENNA non aveva allegato alcuna collaborazione ai sensi dell’art. 58-ter,
ovvero alcun elemento da cui desumere una collaborazione inesigibile o impossibile.
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto personalmente ricorso per cassazione
l’interessato, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 47 e 50, comma 2, 0.P.,
nonché motivazione apparente, per avere egli espiato i due terzi della pena irrogata per il reato
di cui all’art. 4 bis 0.P., sicché l’istanza doveva essere dichiarata ammissibile.
Secondo il difensore, la rilevata “antinomia” tra l’art. 4-bis, comma 1, O.P. (che prevede
che le misure alternative alla detenzione possono essere concesse ai detenuti e agli internati

per i delitti ivi elencati solo nel caso di collaborazione ai sensi dell’art. 58-ter 0.P.) e l’art. 50,
comma 2, O.P. (nella parte in cui prevede che nei confronti dei condannati per i delitti indicati
nel comma 1 dell’art. 4-bis la semilibertà può essere concessa dopo l’espiazione di almeno due
terzi della pena) andava risolta, in base ai criteri di specialità e temporalità, con la prevalenza
della seconda disposizione, alla stregua della quale l’istanza dell’interessato doveva reputarsi
ammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Questa Corte ha già affermato, in materia di accesso ai permessi premio, che non
sussiste alcuna incompatibilità tra l’art. 4-bis, comma 1, 0.P., come modificato dal D.L. n. 11
del 2009, convertito in L. n. 38 del 2009, cit., e l’art. 30-ter, comma 4, lett. c), 0.P., come
modificato dalla L. n. 15 luglio 2009, n. 94, art. 2, comma 27, lett. b), operando quest’ultima
norma – che ammette la concessione dei permessi premio ai condannati alla reclusione per
2

Rilevava il Tribunale che il GENNA, detenuto dal 14.2.2002, si trovava ancora in

taluno dei delitti indicati nell’art. 4-bis, commi 1, 1-ter e 1-quater dopo l’espiazione di almeno
la metà della pena e, comunque, di non oltre dieci anni – nel solo caso in cui il condannato per i
reati cosiddetti di prima fascia, di cui all’art. 4-bis, comma 1, per l’attività di collaborazione già
svolta (nel qual caso è del tutto esente, a norma dell’art. 58-ter, comma 1, 0.P., dai limiti di
pena previsti dal medesimo comma 4 dell’art. 30-ter) o per l’impossibilità di fornirla utilmente,
sia affrancato dal divieto di accesso a tutti i benefici penitenziari, tranne la liberazione
anticipata, posto dal suddetto art. 4-bis, comma 1, O.P. (Sez. 1, n. 40044 del 5/7/2013,

conforme sentenza, non massimata, di questa Corte n. 17051 del 2012, ricorrente Canniniti).
Per identità di ratio e per evidenti ragioni sistematiche, il principio deve ritenersi
pacificamente estensibile all’accesso alle misure alternative alla detenzione e, quindi, alla
semilibertà invocata dal ricorrente.
3. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue

ex lege la condanna del

ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della
Cassa delle Ammende, che si stima equo fissare in C 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Calasso, Rv. 257409; Sez. 1, n. 38464 del 19/09/2012, Musumeci, Rv. 252983, che richiama la

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