Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21883 del 05/04/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21883 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAULI PAOLINO nato il 17/10/1945 a ORROLI

avverso la sentenza del 14/09/2017 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ANTONIETTA
PICARDI che ha concluso per l’inammissibilita l del ricorso.
E presente l’avvocato DI STANTE MARCELLO del foro di ROMA in difesa di CAULI
PAOLINO che insiste per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 05/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Cagliari, in data 14 settembre 2017, ha confermato
la sentenza con la quale, in data 16 giugno 2015, il Tribunale di Cagliari aveva
condannato alla pena di giustizia Paolino Cauti, imputato del reato p. e p. dall’art.
449 cod.pen., contestato come commesso in Orroli il 9 giugno 2010, per avere
cagionato, per negligenza, imprudenza e imperizia, nonché per violazione
dell’ordinanza antincendio della Regione Autonoma Sardegna (art. 6 delle

570 metri quadri, effettuando un’operazione non autorizzata di abbruciamento di
erbacce seccaginose all’interno del proprio uliveto in una giornata con
temperature elevate e con vento moderato di scirocco, senza adottare le idonee
precauzioni e agendo senza l’ausilio di altre persone.
La Corte di merito, confermando il giudizio di penale responsabilità
dell’imputato, ha posto a base della propria decisione le dichiarazioni rese dai
testimoni nel corso del dibattimento avanti il Tribunale, sia con riferimento
all’accertamento del luogo di insorgenza dell’incendio (collocato all’interno della
proprietà del Cauli), sia con riferimento al fatto che l’imputato stava procedendo
all’abbruciamento di erbacce secche in una giornata calda e con vento moderato,
sia infine con riguardo al fatto che le dichiarazioni di alcuni testimoni, che
avevano cercato di scagionare in un primo tempo il Cauti sostenendo che lo
stesso non fosse sul posto e, a seguito di contestazioni del Pubblico ministero,
avevano ammesso la presenza dell’imputato.

2. Avverso la prefata sentenza d’appello insorge il Cauti, per il tramite del
suo difensore di fiducia.
Il ricorso consta di due motivi.
2.1. Con il primo motivo l’esponente denuncia violazione di legge e vizio di
motivazione con riguardo alla prova della partecipazione del Cauti ai reato
contestato. In specie si lamentano lacune motivazionali sia in riferimento alla
presenza dell’imputato nel luogo ove si sprigionò l’incendio (esclusa da alcuni
testimoni che non avevano interesse a rendere dichiarazioni favorevoli al Cauti,
come il Piseddu, il Prasciolu ed il Pani), sia in riferimento all’asserita
responsabilità del Cauti (sulla quale la Corte d’appello non ha minimamente
tenuto conto delle ragioni poste a base dell’irnpugnazione dell’imputato), sia,
infine, in riferimento all’asserita confessione stragiudiziale del Cauti al Prasciolu,
che secondo il ricorrente é stata travisata dalla Corte, atteso che ie ambigue
dichiarazioni del Prascioiu erano da questi finalizzate a stornare da sé i sospetti.

prescrizioni regionali antincendio campagna 2010), un incendio in un’area estesa

2.2. Con il secondo motivo l’esponente lamenta violazione di legge con
riguardo alla carenza dell’elemento oggettivo del reato, atteso che l’incendio si
sviluppò in un’area di circa 570 metri quadri e che, quindi, non corrispondeva ai
requisiti di vastità di proporzioni, di difficoltà di spegnimento e di tendenza a
propagarsi, individuate dalla giurisprudenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Il primo motivo non ha pregio perché non si confronta con la puntuale
motivazione offerta dalla Corte di merito. Quest’ultima ha infatti precisato che, in
base ai rilievi tecnici, il luogo d’insorgenza dell’incendio fu individuato nel terreno
del Cauli; che la presenza del Cauli sul posto, pur inizialmente negata da alcuni
dei numerosi testi escussi, era stata poi confermata anche da costoro attraverso
il meccanismo delle contestazioni formulate dal P.M.; che, inoltre, le dichiarazioni
de relato del Prasciolu all’udienza del 5 febbraio 2014 davano effettivamente
conto di una confessione stragiudiziale a lui resa dal Cauli, il quale gli aveva
riferito che stava eseguendo operazioni di abbruciatura per ripulire il suo uliveto
e che la situazione gli era sfuggita di mano.
Ne deriva un quadro di conducente univocità nell’individuazione delle ragioni
sottese alla riferibilità soggettiva al Cauli della condotta inosservante a cagione
della quale si propagarono le fiamme dal suo terreno.
A fronte di tale compendio probatorio, puntualmente illustrato dalla Corte
cagliaritana, si ricorda che anche di recente la Corte ha ribadito che non é
sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della
motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla
rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta
tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti (Sez. 5, n. 51604 del
19/09/2017, D’Ippedico e altro, Rv. 271623).
1.2. Il secondo motivo di ricorso, relativo all’inquadramento giuridico della
fattispecie, non risulta essere stato dedotto nei motivi d’appello (né in quelli
originariamente presentati, né in quelli successivamente articolati come motivi
nuovi) ed é pertanto affetto da inammissibilità ai sensi del comma terzo dell’art.
606, cod.proc.pen.
Anche volendo prescindere da ciò, peraltro, si tratta di motivo
manifestamente infondato.
Posto, infatti, che la nozione di incendio presuppone che lo stesso sia
caratterizzato dalla vastità delle proporzioni, dalla tendenza a progredire e dalla
difficoltà di spegnimento (Sez. 4, Sentenza n. 37599 del 02/07/2007, Di

3

1. Il ricorso é manifestamente infondato in ambedue i motivi di lagnanza.

Giovanni, 237774; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003 – dep. 2004, Ligresti ed altri,
Rv. 229670), nondimeno devono considerarsi le peculiarità del fatto, come
descritte dai giudici di merito e rapportate alla presunzione assoluta di
pericolosità che caratterizza il delitto d’incendio colposo: al riguardo, la sentenza
impugnata ha ben motivato in ordine alla diffusività del fuoco, a causa del vento,
dell’alta temperatura e delle sterpaglie, nonché dell’accertata, lunga durata
richiesta per lo spegnimento dei focolai (la Corte di merito dà conto di un’opera
di spegnimento delle fiamme protrattasi per circa un’ora e mezza e che ha

vicini e a una strada pubblica.

2. La manifesta infondatezza delle doglianze priva di rilievo il decorso del
termine di prescrizione.

3. Alla dedaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno
2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non
sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza
versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente
va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in C
2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 5 aprile 2018.

Il Consigli e estensore
(Giuse

Pravich)

Il PrW sidente
(Gi a mF mu)
//M

richiesto l’impiego di sei persone) e dell’estensione del fronte di fuoco ai terreni

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