Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21876 del 18/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21876 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: CASA FILIPPO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CONSTANTIN EUGEN N. IL 14/04/1972
avverso l’ordinanza n. 354/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
01/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;

Data Udienza: 18/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 1.12.2014, la Corte di Appello di Brescia, deliberando in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava per carenza dei presupposti applicativi l’istanza
proposta da CONSTANTIN Eugen, volta ad ottenere l’unificazione per continuazione dei reati
giudicati con le due sentenze di condanna indicate nell’atto introduttivo dell’incidente.
2.

Ricorre per cassazione l’interessato, tramite il difensore, lamentando vizio di

“contiguità temporale”, dovevano ritenersi riconducibili allo stesso disegno criminoso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile perché deduce censure in fatto, aspecifiche e

manifestamente infondate.
2. Rileva il Collegio che il giudice dell’esecuzione, nell’escludere la configurabilità della
continuazione, ha valorizzato, con plausibili argomentazioni, elementi oggettivi (fatti commessi
in nazioni diverse, Romania e Italia; eterogeneità dei reati, il primo di natura associativa,
finalizzato alla commissione di delitti attraverso la violazione di sistemi e reti informatiche, il
secondo consistito in un furto aggravato in danno di esercizio commerciale di abbigliamento;
eterogeneità delle modalità di attuazione delle condotte criminose, anche sotto il profilo della
componente soggettiva, essendo i due reati stati commessi con complici diversi), senza
ignorare le deduzioni dell’istante anche riguardanti i profili asseritamente accomunanti gli
episodi giudicati.
In tal modo il giudice di merito ha offerto puntuale applicazione in punto di diritto
dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la finalità di comune
profitto e la contiguità temporale costituiscono aspetti da soli insufficienti ad offrire
dimostrazione dell’esistenza di quell’unico iniziale programma in vista di uno scopo
determinato, ricomprendente le singole violazioni, che costituisce l’indefettibile presupposto per
il riconoscimento della continuazione.
Per contro, il ricorso ripropone in modo assertivo le medesime tematiche fattuali già
sottoposte al giudice dell’esecuzione e ritenute correttamente non decisive, mentre nessuna
deduzione viene sviluppata con riferimento alla valorizzazione di tutti gli elementi oggettivi
prima richiamati.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escluderne
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa

2

motivazione e violazione di legge, posto che i reati in esame, per la loro “coerenza modale” e

delle ammende di somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell’ art.
616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2015

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