Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21875 del 18/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21875 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: CASA FILIPPO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GRUIE IRINA N. IL 04/01/1983
avverso l’ordinanza n. 8/2014 CORTE ASSISE APPELLO di
BRESCIA, del 21/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;

Data Udienza: 18/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 21.11.2014, la Corte di Assise di Appello di Brescia, deliberando in
funzione di Giudice dell’esecuzione, revocava la sospensione condizionale della pena concessa
a GRUIE Irina con sentenza emessa il 23.6.2009 dal Tribunale di Brescia, irrevocabile il
6.11.2009, a causa della intervenuta commissione nel mese di luglio 2011 (quindi entro il
quinquennio dalla irrevocabilità della prima sentenza) di altro delitto (di cui agli artt. 3 e 4 L. n.
75/58) per il quale aveva riportato condanna a pena definitiva (sentenza del G.U.P. del

Osservava la Corte di merito che, contrariamente a quanto sostenuto dal difensore, alla
revoca del beneficio non era di ostacolo la circostanza che il nuovo reato non fosse della stessa
indole di quello precedentemente commesso, atteso che l’identità di indole, richiesta dall’art.
168, comma 1, n. 1), c.p., operava solo con riferimento alle contravvenzioni.
2.

Nel ricorso proposto avverso la suddetta ordinanza il difensore della condannata

“ritiene più aderente alla lettera dell’art. 168 c.p. la giurisprudenza più risalente”, secondo la
quale l’identità dell’indole doveva essere riferita anche ai delitti (cita due pronunce del 1975).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.
2.

La pluriennale, consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente

affermato che, ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena prevista dall’art.
168, n. 1, c.p., l’identità dell’indole del reato commesso nei termini stabiliti opera solo con
riferimento alle contravvenzioni e non si estende ai delitti, con la conseguenza che l’ulteriore
delitto è sempre causa di revoca, quale che sia la sua natura (tra le più recenti, Sez. 6,
Sentenza n. 10349 del 6/2/2013, Grassetti, Rv. 254688; Sez. 1, n. 31365 del 2/7/2008, P.M.
in proc. De Filippis, Rv. 240679).
Le due risalenti pronunce citate dal difensore della ricorrente (22.10.1975, Di Fusco e
7.11.1975, Maffey) non si discostano affatto dal granitico orientamento fino ad oggi

Tribunale di Brescia in data 18.1.2013, irrevocabile il 10.6.2014).

affermatosi, ma si occupano delle conseguenze importate dalla novella introdotta con il D.L. n.
99 del 1974 sulle condanne a pena pecuniaria per delitto, che, nella nuova formulazione
dell’art. 168, comma 1, n. 1), c.p., a differenza di quella previgente e salvo il caso previsto
dall’art. 168, comma 1, n. 2), c.p., “come non sono ostative alla concessione del beneficio
della sospensione, così non ne comportano nemmeno la revoca”.
L’interpretazione che il difensore vorrebbe trarre dalla porzione della massima trascritta
nell’atto impugnatorio è, quindi, del tutto fuorviante e palesemente infondata.
3. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue ex lege la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della
Cassa delle Ammende, che si stima equo fissare in € 1.000,00.
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P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2015

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