Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21873 del 22/02/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 21873 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: BELLINI UGO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZERBINI MARENZI ANGELO nato il 09/06/1967 a VERONA

avverso la sentenza del 12/07/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere UGO BELLINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO
che ha concluso per l’inammissibilita’

E’ presente l’avvocato MUTTI PAOLA del foro di BOLOGNA in difesa di ZERBINI
MARENZI ANGELO che insiste per l’accoglimento del ricorso

Data Udienza: 22/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di Appello di Bologna con sentenza pronunciata in data 12.7.2017
confermava la sentenza del Tribunale di Bologna che aveva ritenuto ZERBINI
Marenzi Angelo colpevole del reato di non avere prestato assistenza ad un
motociclista investito e, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di reclusione.

materialità della condotta ascritta, potendosi ritenere adeguatamente identificato
il conducente del veicolo investitore sulla base della proprietà del veicolo, sulla
circostanza che un uomo era stato visto scendere dal veicolo e che non risulta né
accertato né dedotto che il proprietario del veicolo avesse concesso a terzi l’uso
del mezzo.
Quanto al profilo soggettivo il giudice distrettuale rappresentava come, in
ragione delle caratteristiche dell’urto, dei danni provocati al mezzo e alle
evoluzioni del motociclista successive alla collisione, doveva ritenersi accertato
che il conducente investitore avesse realizzato che la persona sbalzata dal
motociclo potesse avere riportato conseguenze pregiudizievoli alla integrità
fisica.
3. Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione ZERBINI
MARENZI Angelo prospettando un triplice motivo di ricorso.
Con una prima articolazione denunciava violazione di legge e vizio
motivazionale assumendo ipotesi di ne bis in idem in relazione ad altro
procedimento penale, attivato per i medesimi fatti il quale si trovava in diversa
fase processuale.
Con una seconda articolazione deduceva violazione di legge, in relazione ai
principi che regolano la presunzione di innocenza dell’imputato e vizio
motivazionale in relazione alle ragioni poste dal giudice distrettuale a sostegno
della inferenza che alla guida del veicolo investitore dovesse esserci il
proprietario.
Con una terza articolazione deduceva inosservanza ed erronea applicazione
dell’art.189 VI comma C.d.S. e vizio motivazionale in punto di ricorrenza
dell’elemento soggettivo del reato con particolare riferimento alla consapevolezza
da parte del ricorrente della ricorrenza dell’urto e conseguentemente degli effetti
pregiudizievoli derivate dalla collisione.
Alla udienza di discussione dinanzi al S.C. la difesa del ricorrente chiedeva altresì
pronunciarsi declaratoria di non punibilità ai sensi dell’art.131 bis cod.pen.

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2.La corte territoriale evidenziava in motivazione la sussistenza della

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Con riferimento al primo motivo di ricorso lo stesso risulta del tutto destituito
di fondamento difettando il presupposto fondamentale affinchè possa
prospettarsi ipotesi di ne bis in idem, in quanto nessuna pronuncia si assume
essere intervenuta nei confronti dell’imputato per i medesimi fatti, affermandosi
al contrario la ricorrenza di attività di indagine, la quale dovrebbe peraltro
attenere alla diversa fattispecie, ontologicamente e giuridicamente distinta dalla

1.1 A tale proposito deve escludersi qualsiasi ipotesi di assorbimento tra le due
fattispecie di fuga e di omissione della prestazione di assistenza in ipotesi di
incidente di cui ai commi VI e VII dell’art.189 Cod. della Strada atteso che il
reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione
dell’assistenza occorrente, previsti rispettivamente dal sesto e dal settimo
comma dell’art. 189 Cod. Strada, configurano due fattispecie autonome e
indipendenti, con diversa oggettività giuridica, essendo la prima finalizzata a
garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la
ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la seconda ad assicurare il
necessario soccorso alle persone rimaste ferite, sicché è ravvisabile un concorso
materiale tra le due ipotesi criminose (sez.IV, 10.10.2014 n.3783), tenuto altresì
che ancora più recentemente è stato affermato che comma sesto ed il comma
settimo del citato art. 189 prevedono due distinte fattispecie di reato, di talché
non è configurabile alcuna violazione del principio giuridico del ne bis in idem nel
caso in cui le condanne per i due differenti reati siano inflitte con sentenze
pronunciate in epoche diverse (sez.IV, 6.2.2015 n.9167).

2. Infondato risulta altresì il secondo motivo di ricorso, avendo il giudice
distrettuale fornito adeguata e non contraddittoria evidenza delle ragioni per cui
ha riconosciuto nell’odierno ricorrente il conducente datosi alla fuga nelle
circostanze di luogo e di tempo in cui è intervenuto l’investimento del motociclo
condotto dalla persona offesa, sulla base delle testimonianze in atti e in ragione
di argomenti logici, coerentemente sviluppati in motivazione. Sul punto il ricorso
appare generico e inidoneo a scardinare l’argomentazione legico giuridica della
motivazione della sentenza impugnata.

3. In relazione al terzo motivo di ricorso risulta in atto una evoluzione
dell’orientamento della giurisprudenza del S.C. con riferimento al requisito,
indicato dalla fattispecie contestata di cui all’art.189 comma VI C.d.S., della
necessità di assistenza alle persone ferite, il quale originariamente interpretato

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presente, di fuga a seguito di incidente stradale di cui all’art.189 co.VII C.d.S.

quale condizione obiettiva di punibilità, è stato successivamente sussunto
nell’ambito dell’elemento psicologico del reato.
‘E stato in particolare ritenuto che il dolo del conducente non deve attenere
esclusivamente al fatto dell’incidente provocato o comunque in cui sia risultato
coinvolto, ma deve riguardare anche la circostanza del danno occorso alle
persone e alla necessità di una assistenza da prestare alle stesse, riconducibile
quantomeno ad aspetti di dolo eventuale ossia alla consapevolezza del
verificarsi di un incidente determinato dal proprio comportamento che sia

l’esistenza di un effettivo danno alle persone (sez.IV, 6.3.2012 n.17220).
Nondimeno la esigenza di provvedere al soccorso costituisce elemento obiettivo
della fattispecie che deve essere abbracciato, sia a pure in chiave eventuale, da
un profilo intellettivo del conducente il quale, preso atto dell’incidente e delle sue
caratteristiche, dovrà essersi rappresentato il fatto delle conseguenze lesive
occorse alle persone coinvolte (sez.IV, 30.1.2014 n.14610).
3.1 ‘E stato altresì affermato che la valutazione della prospettazione da parte
del conducente degli effetti lesivi del sinistro per la incolumità personale dei
soggetti coinvolti, con conseguente rappresentazione della necessità di prestare
assistenza, va condotta ex ante, e pertanto sulla base della situazione che si era
profilata dinanzi al conducente al momento dell’incidente. Pertanto è stato
osservato che l’obbligo di prestare assistenza viene meno nel caso di assenza di
lesioni, di morte o allorché altri abbia già provveduto e non risulti più necessario,
ne’ utile o efficace, l’ulteriore intervento dell’obbligato, circostanze che non
possono essere ritenute “ex post”, dovendo l’investitore essersene reso conto in
base ad obiettiva constatazione (sez.IV, 25.11.1999 n.5416; 17.12.2008
n.15867).

4. Orbene nel caso in questione il giudice distrettuale ha fornito adeguato
conto del fatto che lo ZERBINI doveva essersi prospettato la lesività delle
conseguenze dell’urto per il motociclista, valorizzando il fatto che il ricorrente si
era arrestato dopo l’urto per constatare il danno riportato dal mezzo, che i danni
erano ingenti e che l’impatto aveva provocato lo sbalzo in avanti del motociclista
che, proiettato in aria, precipitava a terra con prevedibile profilo di pregiudizio
alla integrità fisica.
4.1 Le doglianze del ricorrente risultano pertanto infondate laddove è stato
ampiamente affermato dalla giurisprudenza, anche risalente di questa Corte che
la disposizione di cui all’art.189 comma VI Cod.Strada si pone come reato di
pericolo astratto, che richiede che la condotta dei consociati, in presenza di
sinistro stradale da cui derivino lesioni alla persona offesa, si atteggi ad un

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concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi

obbligo di solidarietà e di intervento che ha come fulcro l’assistenza del
consociato in difficoltà; si tratta in particolare di una condotta al cui rispetto

l’ordinamento è interessato a prescindere da quanto verificato in merito al
fatto, a fronte della esigenza di tutela anticipata degli interessi ritenuti rilevanti
dal legislatore proprio perché esonera di procedere alla valutazione in ordine alla
concretezza del pericolo imponendo nell’immediato di conformarsi alla condotta
prescritta (sez.IV, 25.11.1999 n.5416). Ne consegue pertanto che dovendo tali
fatti che escludono la responsabilità del conducente investitore essere accertati

le volte che questi non si fermi e si dia alla fuga a nulla rilevando che in concreto
l’assistenza sia stata prestata da altri, qualora l’investitori ignori la circostanza
perché fuggito (sez.IV, 2.12.1994 n.4380 rv. 201501).

5. Al rigetto del ricorso consegue l’obbligo in capo al ricorrente del pagamento
delle spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 22.2.2018.

prima che lo stesso si allontani dal luogo del sinistro, il reato è configurabile tutte

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