Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21867 del 18/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21867 Anno 2016
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: CASA FILIPPO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GALLO GIUSEPPE N. IL 07/10/1976
avverso l’ordinanza n. 6146/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 08/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;

Data Udienza: 18/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 8.1.2015, il Tribunale di Sorveglianza di Roma respingeva il
reclamo proposto da GALLO Giuseppe avverso il decreto del Ministro della Giustizia del 20.6.2014, con cui
era stata disposta la proroga del regime di cui all’art. 41-bis Ord. Pen..
Ad avviso del Tribunale, la proroga del disposto regime differenziato era giustificata da plurimi
elementi: l’elevato profilo criminale del GALLO, gravato da condanna per reato associativo di stampo
camorristico legittimante l’adozione del regime de quo; il ruolo di promotore, organizzatore e direttore
rivestito nell’ambito dell’associazione di appartenenza (clan GALLO-LIMELLI-VANGONE); il perdurante

del Ministero dell’Interno e dall’arresto in data 17.2.2014 del latitante SCARPA Natale, affiliato al clan
GALLO-LIMELLI-VANGONE; l’assenza di elementi da cui inferire un distacco del condannato dai valori
devianti abbracciati in passato o una presa di coscienza della gravità dei reati commessi.
Detti elementi convergevano, tutti, nel dimostrare la capacità del condannato di mantenere i
collegamenti con il sodalizio di riferimento e di conservare inalterato il suo ruolo di rilievo anche in regime
carcerario differenziato.
Le deduzioni svolte dalla difesa in ordine alle precarie condizioni di salute psichiatrica del detenuto
esulavano dall’ambito di competenza del Tribunale adìto, legittimando le stesse, semmai, un
procedimento dinanzi al Magistrato di Sorveglianza competente per l’eventuale differimento
dell’esecuzione della pena detentiva con il contestuale ricovero del soggetto in O.P.G. ex art. 148 c.p..
In ogni caso, le descritte condizioni di salute mentale del GALLO non erano tali da escludere
ovvero di diminuire la sua pericolosità sociale, intesa come capacità di contatti con la criminalità
organizzata.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto dichiarazione d’impugnazione, per mezzo del suo
difensore, GALLO Giuseppe, deducendo violazione di legge e carenza di motivazione ex art.

41-bis,

comma 2-sexies, 0.P., atteso che il Tribunale non aveva indicato gli elementi concreti e dati recenti
significativi dai quali poter desumere la pericolosità del ricorrente e aveva trascurato le censure difensive
sulle precarie condizioni di salute del predetto, affetto da schizofrenia paranoide cronica.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a questa sezione per la
decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591, comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’art. 41-bis, comma 2-bis, Ord. Pen., sostituito dall’art. 2, legge 23 dicembre 2002, n. 279, e
da ultimo dall’art. 2, comma 25, lett. d), legge 15 luglio 2009, n. 94, stabilisce che i provvedimenti
applicativi del regime di detenzione differenziato sono prorogabili nelle stesse forme per successivi
periodi, ciascuno pari a due anni, quando “risulta che la capacità di mantenere collegamenti con
l’associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno”.
2.1. L’ambito del sindacato devoluto a questa Corte è segnato dal comma 2-sexies del novellato
art. 41-bis, a norma del quale il Procuratore Generale presso la Corte d’appello, l’internato o il difensore
possono proporre, entro dieci giorni della sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
del Tribunale per violazione di legge.

2

operare, nell’attualità, del sodalizio, come attestato dagli eventi delittuosi riportati nella nota 27.5.2013

La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da intendere nel senso che il
controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge
sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi
nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile

l’íter logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da
far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (tra le altre, Sez. U, n. 25080 del
28/05/2003, dep. 10/06/2003, Pellegrino S., Rv. 224611; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, dep.

2.2. Nella specie, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha proceduto, con corretta interpretazione
ed esatta applicazione dei principi di diritto in materia, alla verifica della permanenza dei dati indicativi
della capacità di collegamento del ricorrente con la criminalità organizzata, evidenziando gli elementi sui
quali ha fondato la valutazione della pericolosità del medesimo e della legittimità e fondatezza
dell’applicazione, in proroga, della misura in oggetto.
Il Tribunale ha, al riguardo, congruamente motivato – con richiamo alle più recenti informative
degli organi preposti e con riferimento ai dati processuali – sia con riferimento alla posizione rivestita dal
ricorrente nel sodalizio di appartenenza e alla sua biografia penale, sia in relazione all’attualità del
pericolo, risultando lo stesso concretamente in grado – nonostante il regime più severo in atto – di
mantenere contatti con il predetto sodalizio.
Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, il Giudice a quo si è occupato anche
di valutare il profilo afferente alle condizioni di salute del detenuto con le adeguate argomentazioni
sinteticamente riportate nella superiore esposizione in fatto.
La motivazione dell’ordinanza impugnata, condotta nel rispetto dei principi di legge, come
interpretati dalla giustizia costituzionale e da quella di legittimità di questa Corte, nonché in conformità a
logica argomentativa coerente e lineare, si sottrae alle non fondate censure proposte dal ricorrente, solo
formalmente anche sulla base di assunte violazioni di legge, ma sostanzialmente su profili di merito o di
motivazione non proponibili in questa sede.
3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di 1.000,00 (mille) euro in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di 1.000,00 (mille) euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2015

Il Consigliere estensore

DEPOSITATA

Il Presidente

26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692).

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