Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21796 del 24/01/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21796 Anno 2018
Presidente: MICCOLI GRAZIA
Relatore: MICHELI PAOLO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CREMASCO MASSIMO nato il 07/10/1982 a ASOLO
avverso la sentenza del 09/03/2015 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere PAOLO MICHELI;
Data Udienza: 24/01/2018
FATTO E DIRITTO
Il difensore di Massimo Cremasco ricorre avverso la sentenza emessa nei confronti
del suo assistito, il 09/03/2015, dalla Corte di appello di Venezia: la declaratoria di
penale responsabilità dell’imputato riguarda un addebito di furto in abitazione.
Nell’odierno ricorso si lamentano carenze motivazionali della sentenza impugnata,
nonché violazione degli artt. 133 e
62-bis
cod. pen., in ordine al trattamento
sanzionatorio: secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero irrogato una pena
tenendo presente che egli rese dichiarazioni confessorie ed offrì alla persona offesa una
somma a titolo di risarcimento del danno.
Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
Va infatti ricordato che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del
giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai
principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che,
nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità deVa pena (v.
Sez. III, n. 1182/2008 del 17/10/2007, Cilia). Analogamente, «la sussistenza di
circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di
fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni
preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non
contrpddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse
dell’imputato» (Cass., Sez. VI, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419). E’ stato
altresì affermato che «ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti
generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art.
133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il
riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del
colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere
sufficiente in tal senso» (Cass., Sez. II, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv 249163).
Nel caso di specie, appare in linea con i principi appena illustrati la decisione dei
giudici di merito di fondare le proprie determinazioni, in punto di trattamento
sanzionatorio, sul rilievo che il Cremasco risultava gravato da numerosi precedenti, oltre
ad aver commesso ulteriori delitti anche dopo la commissione del furto de quo: l’offerta di
risarcimento, comunque parziale, era stata solo formulata in termini generici dopo che
l’imputato era stato rintracciato e riconosciuto come autore del reato, senza poi essere
più coltivata.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà (v. Corte Cost.,
sproporzionata rispetto alla reale offensività del fatto ascritto al Cremasco, anche
o gent. n. 186 del 13/06/2000) – al versamento in favore della Cassa delle Ammende della
somma di C 2.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 24/01/2018.