Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21778 del 25/09/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21778 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ACETO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RIVA CLAUDIO N. IL 09/12/1974
avverso la sentenza n. 6315/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
09/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ACETO;

Data Udienza: 25/09/2015

RGN 8126/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Con sentenza del 09/12/2014 la Corte di appello di Milano, decidendo in
sede rescissoria ed in applicazione del più favorevole regime sanzionatorio introdotto con legge 16 maggio 2014, n. 79, ha ridotto ad un anno di reclusione e
2.000,00 euro di multa la maggior pena inflitta al sig. Claudio Riva, irrevocabilmente dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 73, comma 1-bis, d.P.R. 9 ot-

stinati ad uso non esclusivamente personale, commesso in Calò di Besana in
Brianza il 14/03/2007) dal Tribunale di Monza che, con sentenza del 08/07/2008,
previa qualificazione del fatto in termini di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma quinto, in concorso delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti
alla contestata recidiva, l’aveva condannato a un anno e due mesi di reclusione
ed C 3.000,00 di multa.

2.Propone ricorso per cassazione l’imputato chiedendo, per il tramite del difensore, l’annullamento della sentenza per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla rideterminazione del trattamento
sanzionatorio.

3.11 ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.

4.La Corte di appello ha quantificato la pena adeguandola al nuovo contesto
normativo ma valorizzando sostanzialmente gli stessi criteri già adottati dal Tribunale di Monza: la quantità della sostanza stupefacente e la personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali.
L’imputato lamenta che il dato ponderale è stato preso in considerazione,
unitamente alla presenza del bilancino di precisione, due volte: una prima volta
ai fini della prova della sussistenza del reato (sotto il profilo della destinazione a
terzi della sostanza), una seconda volta ai fini della quantificazione della pena.
L’eccezione, oltre ad essere infondata (per quanto oltre si dirà), non tiene
conto del fatto che, nella globale valutazione del trattamento sanzionatorio, la
Corte di appello ha pesantemente stigmatizzato i numerosi precedenti penali dell’imputato che da soli rendono ragionevole la constatazione del sostanziale fallimento della finalità rieducativa della pena e la necessità di una reazione punitiva
non più blanda, anche se, in ipotesi, il quantitativo di droga fosse stato minimo.
E’ noto che il Giudice, nel quantificare la pena, può privilegiare anche uno solo
degli indici indicati dall’art. 133, cod. pen., purché ne dia adeguatamente conto

tobre 1990 (acquisto di gr. 94,739 di sostanza stupefacente del tipo hashish de-

(come nel caso di specie ha fatto la Corte di appello cha ha evidenziato
«l’impermeabilità dell’imputato alle precedenti condanne»).
In ogni modo non è affatto precluso al Giudice, che ne dia adeguata spiegazione, valutare diversamente lo stesso elemento ai fini dell’accertamento del reato e quindi della quantificazione della sanzione. Sarebbe però irragionevole valorizzare in senso negativo la sola gravità oggettiva del reato ove la sua sussistenza fosse ancorata esclusivamente al superamento della soglia minima della penale rilevanza. Nel caso in esame però la presenza del bilancino di precisione sa-

si fosse trattato di quantitativi minori di droga. Correttamente pertanto la Corte
di appello ha valutato anche il non trascurabile dato ponderale della droga detenuta per escludere un trattamento ancor più mite e prossimo, secondo gli auspici
dell’imputato, al minimo edittale.

5.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 25/09/2015

rebbe stata sufficiente a provare la destinazione a terzi della sostanza anche se

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