Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21767 del 24/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 21767 Anno 2018
Presidente: MICCOLI GRAZIA
Relatore: MICHELI PAOLO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LI MANDRI FRANCESCA nato il 24/09/1967 a TRAPANI

avverso la sentenza del 02/12/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere PAOLO MICHELI;

Data Udienza: 24/01/2018

FATTO E DIRITTO
Il difensore di Francesca Li Mandri ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe,
emessa nei confronti della sua assistita dalla Corte di appello di Palermo; la dichiarazione
di penale responsabilità dell’imputata riguarda un addebito di furto pluriaggravato.
La difesa lamenta carenze motivazionali della decisione impugnata, con rrguardo:

all’omesso esame di tutti i profili di gravame esposti nei confronti della sentenza di

segnatamente in punto di ritenuta attendibilità delle persone offese;
– alla determinazione del trattamento sanzionatorio, anche in ordine alla
configurabilità dell’aggravante ex art. 61 n. 7 cod. pen. (in assenza cii una stima
sul valore della presunta refurtiva).
Inoltre, secondo il difensore della ricorrente i giudici di merito sarebbero incorsi in
violazione di legge, ritenendo utilizzabili alcune riprese filmate prodotte dai denuncianti
(presso i quali la Li Mandri aveva prestato attività di collaboratrice domestica).
Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
Le censure difensive, oltre a riprodurre argomentazioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, sino a palesarsi aspecifiche (v. Cass., Sez. II, n.
29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo, nonché Cass., Sez. VI, n. 20377 dell’11/03/2009,
Arnone), investono profili di puro merito, non suscettibili di ulteriore sindacato in sede di
giudizio di legittimità.
La Corte territoriale risulta aver già sottolineato, in ogni caso, che:
le sparizioni di oggetti di valore presso l’abitazione delle persone offese erano
avvenute in concomitanza con alcune vendite di preziosi effettuate dalla Li Mandri,
vendite di cui ella aveva incaricato una cognata;

l’imputata era l’unica persona estranea in grado di accedere ai luoghi dove la
refurtiva era custodita, che ella ben conosceva;

non erano stati rilevati segni di effrazione o scasso, né di attività di ricerca di cose
da trafugare;
la credibilità delle persone offese, anche in punto di entità del danno subito,
trovava conferma nel rilievo che le riprese predisposte in casa (legittimamente
eseguite da parte dei proprietari) erano state effettuate dopo una prima denuncia
a carico di ignoti, senza esternare fino a quel momento sospetti di sorta sulla
collaboratrice.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dell’imputata al pagamento

delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà (v. Corte Cost.,
sent. n. 186 del 13/06/2000) – a versare in favore della Cassa delle Ammende la somma
di € 2.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

primo grado quanto alla valutazione del materiale probatorio acquisito,

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Il Consigliere estensore

Il r,54dnte

Paolo Micheli

Gigia ccoli

Così deciso il 24/01/2018.

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