Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21748 del 19/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21748 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da
1) Curati Roberto, n. ad Acqui Terme il 2/11/1959
2) Dufour Maurizio, n. a Genova il 27/6/1965

avverso l’ordinanza del 29/2/2016 del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Genova

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Antonio
Balsamo, che ha concluso chiedendo di rigettare i ricorsi;
udito per i ricorrenti l’avv. Andrea Vernazza che ha concluso chiedendo I ‘accoglimento dei
ricorsi.
d

RITENUTO IN FATTO

1

Data Udienza: 19/04/2016

1. Propongono ricorso, con motivi comuni, Dufour Maurizio e Curati Roberto rispettivamente legale rappresentante della società Switch 1988 s.r.l. e socio della predetta
società – avvelS) l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Genova ha applicato loro la misura degli arresti domiciliari per i reati di turbativa di gara e
abuso in atti di ufficio, contestati al solo Dufour ai capi A), B), C), D) ed E); frode in pubbliche
‘forniture e truffe, (capi F), G), H); associazione a delinquere (capo L), contestati anche al
Curati. I reati ascritti fanno riferimento, per quanto è di interesse in questa sede ai fini

dalla società a partecipazione comunale AMIU Genova s.p.a. aventi ad oggetto l’affidamento
delle attività di selezione e pressatura della frazione multimateriale (plastica e lattine);
all’appalto del servizio di raccolta differenziata e trasporto a rifiuto della carta (appalto del
6.10.2011); alle illegittime procedure avviate presso AMIU per far conseguire alla società
aggiudicataria il raddoppio del prezzo convenuto per la gara, con condotte commesse in
Genova dal gennaio 2012 al 10.6.2013; alla frode in pubbliche forniture e truffe, con condotte
accertate nel settembre 2013, per indurre in errore l’AMIU circa i volumi di rifiuti urbani e
speciali assimibilabili ai rifiuti urbani ingombranti e volte a procurarsi ingiusto profitto
corrispondente all’indebito pagamento, da parte di AMIU, di quantitativi di rifiuti mai smaltiti
ovvero non rientranti nelle convenzioni stipulate; ulteriori condotte di frode consistite
nell’aumentare fittiziamente i quantitativi di rifiuti ingombranti in realtà mai ritirati (condotte
dal giugno a settembre 2012) ovvero, al fine di risparmiare i costi di smaltimento degli scarti di
‘lavorazione posti a carico della Switch dai contratti stipulati, relativi a scarti effettuati su
incarico di commettenti privati, identificandoli falsamente come scarti derivanti dalla selezione
degli imballaggi di carta, cartone e ingombranti, smaltiti, a titolo gratuito, presso la discarica
comunale.

2. I ricorrenti, con motivi qui sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. nei
termini strettamente necessari ai fini della motivazione, contestano la ritenuta sussistenza
delle esigenze cautelari deducendo vizio di violazione di legge per la erronea applicazione
dell’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. sotto il profilo della concretezza e attualità del pericolo di
reiterazione. Evidenziano che l’attualità del pericolo, divenuto essenziale a seguito della novella
n. 47/2015, non può desumersi dalla gravità dell’addebito contestato; che l’attualità del
pericolo di reiterazione di condotte illecite, connesso agli incarichi della soc. Switch 1988 per la
raccolta di carta e ingombranti fino all’anno 2017 a seguito di gare indette dal Comune di
Genova alle quali la società, illegittimamente esclusa è stata riammessa a seguito di ricorso al
TAR, non può ritenersi sussistente essendo ormai decorsi due anni e tre mesi dall’epoca di
contestazione dei fatti; che neppure costituisce oggetto di addebito ai ricorrenti il modestissimo
episodio di incendio e la modestia dell’importo della somma (circa 800,00 euro, regolarmente
fatturati) elargita a titolo di corruzione. Neppure sussiste il requisito della concretezza del
pericolo che non è integrata dalla mera possibilità di reiterazione di condotte illeci e
2

dell’esame dei motivi di ricorso, ad appalti aggiudicati nell’anno 2012 alla società Switch 1988

occorrendo, invece, per supportare l’adozione della misura, la elevata probabilità o quasi
certezza della reiterazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 motivo di ricorso è manifestamente infondato poiché le censure proposte esulano dal
dedotto vizio di violazione di legge risolvendosi in una censura sulla motivazione del
provvedimento impositivo della misura, nella parte relativa alla sussistenza delle esigenze

2. E’ noto che ai sensi dell’art. 311, comma 2 cod. proc. pen., il ricorso diretto per
Cassazione avverso l’ordinanza applicativa di una misura coercitiva è consentito solo per
violazione di legge e non anche per il vizio di motivazione. Non vi è dubbio che tra le ipotesi di
violazione di legge che comportano l’annullamento dell’ordinanza applicativa della misura
coercitiva rientrano quelle attinenti alla mancanza assoluta di motivazione, il cui obbligo è
prescritto a pena di nullità dall’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., nonché quelle previste a
pena di nullità dall’art. 292, comma 2 cod. proc. pen. tra le quali “l’esposizione e l’autonoma
valutazione delle specifiche esigenze cautelari…che giustificano in concreto la misura disposta
con l’indicazione degli elementi di fatto da cui desunti e dei motivi per i quali assumono
rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato”.

E’, dunque,

solo in tale circoscritto ambito che è possibile esperire il ricorso per saltum, essendo precluso
in sede di legittimità qualsiasi controllo sul provvedimento diretto alla verifica del
ragionamento logico posto alla base della decisione. Ne consegue che qualora il giudice per le
indagini preliminari abbia esposto in modo specifico le esigenze cautelari, nonché gli indizi che
giustificano in concreto la misura coercitiva disposta, indicando la loro genesi, il loro contenuto
e la loro rilevanza, è improponibile in sede di legittimità ogni censura diretta a rilevare
eventuali illogicità o contraddizioni del provvedimento impugnato sia con riferimento alla
gravità degli indizi, sia con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari (Cass.
S.U. n. 14 del 20/7/1994, De Lorenzo, Rv. 198215).

3. Ed è quanto si verifica nel ricorso in esame in cui, al di là del richiamo al vizio di
violazione di legge, i ricorrenti censurano in realtà il ragionamento del giudice, sviluppato
nell’ordinanza impugnata alle pagg. 200 e segg., ove costituisce oggetto di valutazione, ai fini
della ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, il requisito di concretezza ed attualità del
pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere, pericolo che il giudice ha apprezzato in
relazione alla tipologia dei reati ascritti ai ricorrenti – evidenziando che meccanismi truffaldini
utilizzati dalla SWITCH 1988 sono assurti a vera e propria modalità operativa dell’impresa
capace di assicurarne la esistenza e competitività – ed alla circostanza che la società ha ancora
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cautelari.

in corso, con il medesimo ente, uno dei contratti oggetto di una delle gare contestate ed altri
due servizi, di più recente ed autonoma acquisizione.

4. Rileva il Collegio che indubbiamente la disciplina recata dalla legge n. 47 del 2015
richiede, ai fini della individuazione del pericolo di reiterazione, l’emersione di indici diversi
dalla gravità dei fatti per i quali si procede e concretamente dimostrativi sia della concretezza
che dell’attualità del pericolo e che la scelta del legislatore impone un’analisi concreta della

reiterazione. Cionondimeno, il dato del tempo trascorso dalla commissione dei fatti,
evidentemente rilevante ai fini della prognosi, non costituisce il solo indice di emersione del
pericolo di recidiva, come evincibile anche sul piano semantico dalla disposizione innanzi
richiamata, costituendo esso, insieme agli altri, uno degli elementi che concorre nell’analisi
della fattispecie concreta ai fini della valutazione del giudice. Consegue che non è ravvisabile
alcun automatismo tra il tempo trascorso dalla commissione dei fatti, in ipotesi rilevante, e,
per rimanere sul terreno delle correlazioni temporali, l’attualità del pericolo, nozione che
identifica la riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi
reati della stessa specie di quelli per i quali si procede e che, laddove il giudice, come nel caso
in esame, abbia preso in esame ai fini della valutazione delle esigenze cautelari anche tale
indice non è ravvisabile il vizio di mancanza assoluta di motivazione ovvero altra nullità che
legittima l’intervento, sul piano della legittimità, della Corte di Cassazione.

5. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma di
euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende essendo imputabile a colpa la
determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 19 aprile 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

esistenza di situazioni di fatto indicative della elevata probabilità o quasi certezza della

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