Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21740 del 10/04/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21740 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Fasulo Fabio Paolo, nato a Gela 11 15/11/1963
nonché dai terzi interessati
2. Bartolini Roberta Alessandra, nata a Gela il 17/06/1967
3. Monte dei Paschi di Siena, Leasing & Factoring Banca per i servizi finanziari
alle imprese s.p.a.
nel procedimento a carico di Fasulo Fabio Paolo

avverso il decreto del 13/09/2017 della Corte di appello di Caltanissetta

visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Mariella De Masellis, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto in epigrafe indicato, la Corte di appello di Caltanissetta
rigettava il ricorso proposto da Fabio Paolo Fasulo avverso il decreto del
Tribunale di Caltanissetta del 13 aprile 2016 che aveva applicato al predetto la

Data Udienza: 10/04/2018

misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di
soggiorno per la durata di anni quattro, nonché la confisca di prevenzione
dell’intero capitale sociale delle società GEST. Im. di Bartolini Roberta Alessandra
s.a.s. e Marfinco 957 s.rI.; dichiarava inoltre inammissibili gli atti di
impugnazione proposti dal Fasulo in data 31 ottobre 2016 e dal Monte dei Paschi
di Siena, Leasing & Factoring Banca per i servizi finanziari alle imprese s.p.a.;
rigettava altresì il ricorso proposto da Roberta Alessandra Bartolini.
Il Fasulo era stato inquadrato dal Tribunale nella categoria dei soggetti

da numerosi procedimenti penali pendenti a suo carico per associazione per
delinquere, per reati in materia fiscale, contro il patrimonio, la fede pubblica e
l’amministrazione della giustizia (un’ordinanza cautelare emessa nel giugno 2012
aveva avuto ad oggetto un sodalizio criminoso operante dalla fine del 2008 al
marzo 2010; una successiva misura cautelare carceraria emessa nel maggio
2015 aveva riguardato la promozione ed organizzazione di altra associazione per
delinquere operante tra il 2009 e il maggio 2013); e, in considerazione della
sproporzione tra investimenti effettuati e disponibilità economica lecita, anche
nella categoria dei soggetti che vivono abitualmente anche in parte con attività
delittuose.
1.1. Con atto di ricorso del 12 maggio 2016, il Fasulo aveva impugnato il
decreto applicativo delle misure di prevenzione, contestando la sua pericolosità
sociale, quanto al compendio indiziario raccolto a suo carico, nonché,
relativamente alla misura ablatoria, la disponibilità dei beni (trattandosi di cespiti
appartenenti all’ex moglie Roberta Alessandra Bartolini, la cui convivenza era
cessata dal 2010), nonché la sproporzione tra i beni posseduti e i redditi
dichiarati.
Con altro atto di impugnazione, depositato il 31 ottobre 2016, il proposto
aveva lamentato altresì la errata valutazione e applicazione della verifica della
pericolosità sociale, fondata su una mera elencazione di carichi pendenti, nonché
la mancata verifica dell’attualità della pericolosità sociale; aveva poi contestato
l’individuazione della perimetrazione cronologica dell’acquisto dei beni in
relazione alla pericolosità generica (anni 2003-2006), evidenziando come la
misura della confisca avesse riguardato tutti i beni patrimoniali del proposto,
compresi quelli acquistati in epoca risalente.
La Corte di appello riteneva infondate le censure proposte dal predetto
nell’originario ricorso, risultando invece tardivo il successivo atto di
impugnazione.
In particolare, la Corte distrettuale riteneva correttamente accertata la
pericolosità sociale del proposto, sulla base delle circostanze fattuali emerse

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abitualmente dediti a traffici delittuosi, sulla scorta degli elementi indiziari emersi

dalle due ordinanze cautelari emesse a suo carico, che dimostravano la sua
propensione al crimine.
1.2. Quanto all’impugnazione di Roberta Alessandra Bartolini, intestataria
formale delle quote della società Gest. Im., la Corte di appello rigettava la
richiesta di sottrarre dall’ablazione alcuni beni immobili, in quanto gli stessi,
benché acquistati dalla società nel 1999 erano entrati nella disponibilità del
proposto nel 2006 quando, tramite l’interposizione della Bartolini, aveva
acquistato il controllo quasi esclusivo della società e quindi degli immobili.

Monte dei Paschi di Siena, Leasing & Factoring Banca per i servizi finanziari alle
imprese s.p.a.

2. Avverso il suddetto decreto, con atti distinti, hanno proposto ricorso per
cassazione sia Fasulo, sia i terzi interessati Roberta Alessandra Bartolini e Monte
dei Paschi di Siena, Leasing & Factoring Banca per i servizi finanziari alle imprese
s.p.a., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, disp.
att. cod. proc. pen.
2.1. Fasulo, a mezzo del suo difensore avv. Daniele Fabrizi, denuncia:
– violazione degli artt. 1 e 4 d.lgs. n. 159 del 2011, in quanto la Corte di
appello non avrebbe proceduto alla verifica in concreto dell’attualità e della
persistenza della pericolosità sociale del ricorrente, tenuto conto del lasso
temporale trascorso tra il momento della formulazione del giudizio sulla
prevenzione e l’epoca di accertamento in sede penale, ritenendo erroneamente
sufficiente la presenza di numerosi carichi pendenti e di un vasto patrimonio per
ritenere il predetto pericoloso; il mancato rispetto delle suindicate regole
avrebbe portato ad applicare al ricorrente gli effetti ablativi propri della
pericolosità qualificata, non perimetrando il periodo della sua pericolosità (con
l’effetto di pervenire alla confisca di beni acquistati in epoca anche molto
risalente).
2.2. Con ricorso proposto a mezzo del difensore avv. Flavio Sinatra, Roberta
Alessandra Bartolini deduce:
– violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., in quanto le questioni
sollevate dalla difesa in ordine ai beni confiscati risulterebbero affrontate in
modo apparente e quindi inesistente, trattandosi di motivazione priva dei
requisiti minimi di coerenza e completezza necessari per farne comprendere l’iter
logico seguito dal giudice di merito; inoltre le linee argomentative apparirebbero
tra loro scoordinate così da rendere oscure le ragioni giustificative del
provvedimento in ordine alla confisca dell’intero fabbricato sito in Gela, piano
terra, acquistato nel 1999, ancorché dello stesso non sia stata disposta la

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1.3. Infine la Corte di appello riteneva proposto tardivamente il ricorso della

confisca, con conseguente dissequestro, per la mancanza dei presupposti di
legge.
2.3. Monte dei Paschi di Siena, Leasing & Factoring Banca per i servizi
finanziari alle imprese s.p.a., a mezzo del difensore di fiducia avv. Giordano
Balossi, deduce la violazione degli artt. 27 e 10 d. Igs. n. 159 del 2011:

la Corte di appello avrebbe ritenuto tardivo l’appello della società

ricorrente prendendo in considerazione la notifica del decreto di primo grado,
effettuata a mezzo PEC dalla p.g. della Procura della Repubblica, così violando

di cancelleria;
– irrilevante sarebbe la mancata partecipazione della ricorrente al giudizio di
primo grado, la cui convocazione è pervenuta anche tardivamente; nulla sarebbe
stato motivato in ordine alle censure relative alla posizione della ricorrente quale
terza proprietaria dei beni sottoposti a confisca ai punti 25 e 26 del decreto
emesso dal Tribunale e alla sua buona fede.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono tutti da dichiarare inammissibili per le ragioni di seguito
illustrate.

2. Quanto al ricorso di Fasulo va evidenziato che l’impugnazione, oltre che
formulata genericamente, attinge punti – quali la verifica dell’attualità della
pericolosità e la perimetrazione cronologica degli acquisti – dedotti dal ricorrente
con l’impugnazione dichiarata inammissibile dalla Corte di appello perché tardiva.
La tardività dell’impugnazione non escludeva peraltro la valutazione dei
relativi motivi ai sensi dell’art. 585 cod. proc. pen., sempre che i “motivi nuovi”
avessero ad oggetto i punti della decisione impugnata enunciati nell’originario
atto di gravame ai sensi dell’art. 581, lett. a), cod. proc. pen. (per tutte, Sez. U,
n. 4683 del 25/02/1998, Bono, Rv. 210259).
Orbene, il ricorso principale aveva riguardato sia la misura personale, in
relazione alla quale era stato contestato soltanto il compendio indiziario utilizzato
come dimostrativo della pericolosità sociale, sia la misura patrimoniale, in ordine
alla quale era stata confutata la disponibilità dei beni da parte della ex moglie e
dimostrata la liceità dei vari acquisti.
Quindi punti della decisione diversi da quelli oggetto del successivo atto di
impugnazione, ritenuto tardivo.
Ne discende quindi che non possono essere dedotte con il ricorso per
cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso

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l’art. 16 dl. n. 179 del 2012, che prevede il ricorso alla PEC per le sole notifiche

di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (tra tante, Sez. 2, n.
13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745).

3. Generico, oltre che manifestamente infondato, è il ricorso di Bartolini.
La ricorrente articola infatti censure generiche quanto alla completezza della
motivazione rispetto alle questioni sollevate davanti alla Corte di appello, non
consentendo l’esatta individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e
sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità.

impugnato, si evince che la ricorrente aveva sostenuto che, sulla base della
perimetrazione temporale della confisca, andavano esclusi gli acquisti effettuati
nel 2009, tra i quali un fabbricato sito in Gela, acquistato nel luglio di quell’anno.
Al riguardo è sufficiente rilevare che la Corte di appello ha confermato la
misura ablatoria, sostenendo che il fabbricato in questione era entrato nella
disponibilità del proposto nel 2006, tramite l’interposizione della Bartolini, quanto
il primo aveva acquistato fattivamente il controllo quasi esclusivo della Gest. Im.
e dunque del compendio patrimoniale ad esso relativo.
Con tale argomentazione la Corte di appello ha risposto in modo tutt’altro
che apparente o inesistente alla censura difensiva.
Ne ha alcun fondamento la critica che il suddetto immobile non sia stato
confiscato (questione tra l’altro neppure dedotta in appello), posto che, come si
evince dalle pagine 6-7 del decreto impugnato, vi era un altro fabbricato sito in
Gela, piano terzo, fg. 177, part. 242, acquistato nel 2001 dalla ricorrente che era
stato escluso dalla misura ablatoria, mentre la Corte di appello a pag. 24 del
medesimo decreto si riferisce a tutt’altro immobile, se pur nella stessa via,
identificato al fg. 177, piano terra, part. 142, acquistato nel 1999, oggetto
invece della confisca.

4. Quanto al ricorso di Monte dei Paschi di Siena, Leasing & Factoring Banca
per i servizi finanziari alle imprese s.p.a., è assorbente rilevare la manifesta
infondatezza della censura con cui si contesta la tardività dell’impugnazione
proposta davanti alla Corte di appello.
L’art. 16 D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito nella legge 17 dicembre
2012, n. 221, al quarto comma prevede che

“Nei procedimenti civili le

comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate
esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata
risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche
amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti

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In ogni caso, alla luce dei motivi di impugnazioni sintetizzati nel decreto

informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona
diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151,
comma 2, del codice di procedura penale. La relazione di notificazione e’
redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria”.
La norma vuol significare che il regime delle notificazioni precedente è
sostituito dalla notificazione telematica e non, come la interpreta la società
ricorrente, nel senso che le comunicazioni telematiche solo ad uso esclusivo delle
cancellerie, tant’è che la disposizione richiama l’art. 151 cod. proc. pen., che

Quanto all’utilizzo della pec nel procedimento di prevenzione, va
rammentato che l’art. 16, comma 9, lett. c-bis) del citato decreto prevede che, a
decorrere dal 15 dicembre 2014, nei procedimenti “dinanzi ai tribunali e alle corti
di appello”, possano essere operate con la pec le notificazioni a persona diversa
dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma
2, del codice di procedura penale.
Con circolare dell’Il dicembre 2014 – Avvio del sistema di notificazioni e
comunicazioni telematiche penali (SNT, il Ministero della giustizia, nel chiarire
che le Procure della Repubblica e le Procure Generali presso le Corti di Appello
rientrano tra gli Uffici per i quali le nuove disposizioni sono entrate in vigore il 15
dicembre 2014, ha anche evidenziato il condivisibile orientamento, secondo cui il
riferimento omnicomprensivo della norma ai procedimenti pendenti innanzi al
Tribunale e alla Corte di appello, così come la portata generale delle disposizioni
in tema di notifica dettate dagli artt. 148, 149, 150 e 151 cod. proc. pen.,
comporta l’esperibilità della notifica telematica ad opera di dette Autorità e dei
relativi Uffici di Procura nel procedimento di esecuzione o di prevenzione
personale e/o patrimoniale.
Tra l’altro, l’art. 7, comma 10, del d.lgs 159 del 2011, anche se con
riferimento alle misure di prevenzione personali, prevede che le comunicazioni
possano essere effettuate con le modalità previste dal decreto legislativo 7
marzo 2005, n. 82 (del quale l’art. 6 prevede l’utilizzo della posta elettronica
certificata).

5. Per le considerazioni su esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati
inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e, ciascuno, al versamento alla cassa delle ammende di una
somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella
misura di euro 2.000.

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attiene alle notifiche del P.M. a cura anche della p.g. delegata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno ai versamento della somma di euro 2.000 in favore
della cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Ersilia Calv ese

Giacomj Paoloni
o

Così deciso il 10/04/2018.

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