Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21738 del 20/02/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 21738 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: COSTANZO ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LEZZI FRANCESCO nato il 05/06/1987 a FIRENZE

avverso la sentenza del 09/06/2014 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO COSTANZO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI
che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza per prescrizione
capo 2°;
l’avv. Margiacchi Maria, difensore di Lezzi Francesco, si riporta ai motivi di
ricorso.

Data Udienza: 20/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n.1974 del 9/06/2014, la Corte di appello di Firenze,
parzialmente riformando la decisione del Tribunale di Firenze, dichiarando non
doversi procedere per la contravvenzione

ex art. 651 cod. pen., perché

prescritta, ha ridotto – concedendo le circostanze attenuanti generiche prevalenti
sulla aggravante – la pena inflitta a Francesco Lezzi per i reati ex artt. 594 e 61
n. 10 (capo 1) e 337 cod. pen. (capo 2), condannandolo anche alla refusione

2. Nel ricorso di Lezzi si chiede annullarsi la sentenza per: a) violazione
dell’art. 157 cod. pen. per essere il delitto ex art. 337 cod. pen. (contestato
come commesso il 7/4/2007) estinto per prescrizione; b) violazione dell’art. 11
Cost. perché la recezione (peraltro dopo diversi giorni dai fatti) delle sommarie
informazioni testimoniali dei due testi estranei al processo da parte degli agenti
della Polizia ferroviaria, persone offese costituitesi parti civili, ha compromesso la
genuinità delle dichiarazioni utilizzate in dibattimento per formulare contestazioni
ai testimoni; c) violazione dell’art. 393 bis cod. pen. nell’applicazione dell’art.
337 cod. pen. perché i pubblici ufficiali hanno dato causa alla condotta di Lezzi
eccedendo con atti arbitrati i limiti delle loro attribuzioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente rilevato che, dopo che è stata emessa la sentenza
impugnata, il reato di cui all’art. 594 cod. pen., è stato trasformato in illecito
civile per il quale è prevista una sanzione pecuniaria (artt. 3 e 4, comma 1, lett.
a, d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7). Pertanto, la sentenza impugnata va annullata
senza rinvio limitatamente al reato di ingiuria di cui al capo 1, perché il fatto non
è più previsto dalla legge come reato. Ne deriva, inoltre, la rideterminazione
della pena nella misura di mesi 6 di reclusione, potendosi evincere dalla
motivazione della sentenza impugnata che per il reato di ingiuria è stata
applicata la pena di quindici giorni di reclusione in continuazione rispetto alla
pena base di mesi 6 di reclusione per il reato ex art. 337 cod. pen. (capo 2). Su
questa base, condividendosi l’interpretazione adottata, con più compiute
argomentazioni, dalle Sezioni unite di questa Corte (n. 46688 del 29/09/2016,
Rv. 267884), vanno revocati anche i capi della sentenza che concernono gli
interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire ex novo nella
sede naturale, per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della
sanzione pecuniaria civile.

delle spese legali alle parti civili costituite.

2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. A differenza della
contravvenzione ex art. 651 cod. pen., il delitto ex 337 cod. pen. non si è
prescritto prima della sentenza di secondo grado (emessa il 9/06/2014) ma si
sarebbe prescritto solo dopo (6/10/2014) ex artt. 157 e 161, comma 2, cod.
pen..

3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La difesa non

sommarie informazioni testimoniali per fatti per i quali essi sono anche persone
offese poi costituitesi parti civili, ma assume che i poliziotti avrebbero sottoposto
alle persone da sentire un verbale precostituito e soltanto da asseverare.
Tuttavia, la Corte di appello non ha trascurato la questione e ha analizzato le
risposte fornite dai testimoni in dibattimento congruamente evidenziando che il
teste Scaramucci ha precisato “non è che mi hanno messo un documento e l’ho
firmato. No i particolari li ho detti io. Cioè sono cose che effettivamente avevo
visto io” (pagg.8-9).
La Corte ha, inoltre, considerato che quanto riferito dai poliziotti e
confermato dai testi Scaramucci e Orsi “trova una generica riprova nelle stesse
dichiarazioni degli imputati” e dei loro due amici (pagg. 9-10) e che, peraltro, è
stata assunta anche la testimonianza di Claudia Di Giacornantonio (pag. 6). Al
riguardo, va ribadito che, se con il ricorso per cassazione si deduce
l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a
pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione
del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, perché è
necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l’espunzione di quella
inutilizzabile, sono sufficienti a giustificare l’identico convincimento (ex multis:
Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, Rv. 269218; Sez. 6, n. 18764 del
05/02/2014, Rv. 259452) e questa illustrazione manca nel ricorso in esame.

4. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La Corte di appello
ha puntualmente esaminato la questione relativa a una eventuale arbitrarietà
della condotta dei poliziotti correttamente rilevando che essi intervennero
(chiarendo ai quattro giovani che non potevano rimanere in stazione unicamente
per bere alcolici per cui dovevano allontanarsi) per prevenire – ex art. 7, comma
1, d.P.R. 11 luglio 1980 n. 753 – quello stato di ubriachezza (i quattro giovani
avevano attorno a loro una decina di bottiglie e/o lattine di birra – in parte
consumate, in parte in corso di consumazione, in parte ancora chiuse – e stavano
2

k

contesta che gli agenti della Polizia giudiziaria possano (debbano) raccogliere

bevendo smodatamente) che comporta l’allontanamento dalle stazioni (art. 31
comma 1, d.P.R. n. 753/1980), così dovendosi escludere i presupposti per
l’applicazione dell’art. 393 bis cod. pen..

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al fatto di ingiuria
perché lo stesso non è più previsto dalla legge come reato ed elimina la

reato di resistenza, ferme restando le statuizioni in favore delle parti civili
Giammona Antonio e Aiello Giovanni.
Così deciso il 20/02/2018

Il Consigliere estensore
Angelp/Costanzo

Il Presidente
e”.
Giacoml Paoloni

corrispondente pena di dieci gironi di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto
Ad»
il ricorso, determirg/rn due mesi e venti giorni di reclusione la pena per il residuo

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