Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21736 del 22/12/2017
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21736 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: SIANI VINCENZO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARTA EMANUELA nata il 25/10/1971 a CARBONIA
avverso la sentenza del 25/01/2017 del Tribunale di CAGLIARI
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
Data Udienza: 22/12/2017
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, emessa il 25 gennaio – 25 marzo 2017, il
Tribunale di Cagliari ha dichiarato Emanuela Carta responsabile del reato di cui
all’art. 4 legge n. 110 del 1975 (per aver portato senza giustificato motivo fuori
dalla sua abitazione un coltello da cucina della lunghezza complessiva di cm 20),
commesso in Carbonia, il 25 gennaio 2013, e, riconosciute le circostanze
attenuanti generiche, l’ha condannata alla pena di euro 800,00 di ammenda.
del foro di Cagliari) denunziando violazione di legge e difetto di motivazione
nell’inquadramento della condotta tipica prevista dalla norma incriminatrice,
sussistendo certamente il giustificato motivo inerente al porto di quel coltello, e
violazione di legge e vizio di motivazione, anche per la mancata considerazione
della legittima difesa putativa, e chiedendo l’assoluzione per insussistenza del
fatto o con altra formula ritenuta di giustizia, ovvero, in subordine, la riduzione
della pena al minimo, con tutti i benefici di legge.
1.3. La Corte di appello di Cagliari, ricevuta l’impugnazione, con ordinanza
del 27 – 28 settembre 2017, ha qualificato l’atto di appello come ricorso per
cassazione e ha disposto trasmettersi gli atti alla Corte di cassazione.
2. Si premette che avverso la sentenza del Tribunale di condanna alla sola
pena dell’ammenda l’imputato non può proporre appello, l’appellabilità essendo
esclusa dall’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., ma può proporre soltanto ricorso
per cassazione, sicché la Corte di appello ha correttamente provveduto alla
trasmissione dell’impugnazione, dovendo qualificarsi la stessa, secondo quanto
previsto dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., quale ricorso per cassazione
(Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, Bonaventura Rv. 220221).
2.1. Deve tuttavia rilevarsi de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, in
relazione all’art. 613, comma 1, cod. proc. pen., che il ricorso è inammissibile.
Invero, l’avv. Luca Bardi – unico sottoscrittore, nell’interesse dell’imputata,
dell’atto di impugnazione, originariamente concepito come appello – non è
risultato iscritto nell’albo degli avvocati abilitati al patrocinio innanzi alla Corte di
cassazione, vale a dire dei difensori abilitati a difendere dinanzi alle giurisdizioni
superiori. Né la conversione del mezzo di impugnazione può consentire di
derogare alle norme che formalmente e sostanzialmente regolano i diversi tipi di
impugnazione (in tal senso Sez. U, n. 31297 del 28/04/2004, Terkuci, Rv.
228119).
2.2. Dall’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del
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1.2. Ha interposto appello il difensore dell’imputata (avvocato Luca Bardi,
procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione
(Corte cost., sent. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle
ammende nella misura che, in rapporto alle questioni dedotte, si reputa equo
fissare in euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
ammende.
Così deciso il 22 dicembre 2017
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spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle