Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21735 del 22/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21735 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: SIANI VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DOMANICO ANDREA nato il 23/12/1983 a SALERNO

avverso l’ordinanza del 20/07/2017 del TRIBUNALE di BOLOGNA
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO STANI;
lette/-sef4ite-le conclusioni del PG
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1
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Data Udienza: 22/12/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, emesso in data 21 luglio 2017, il
Tribunale di Bologna, in composizione monocratica ed in funzione di giudice
dell’esecuzione, ha respinto l’istanza formulata in data 27 giugno 2017
nell’interesse di Andrea Domanico, ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen., per la
declaratoria di non esecutività della sentenza emessa dalla Corte di appello di
Bologna in data 18 giugno – 10 settembre 2014, formalmente irrevocabile il 31

dell’estratto contumaciale.

2. Avverso la suddetta ordinanza è stato proposto ricorso dal difensore del
Domanico che ne ha chiesto l’annullamento senza rinvio e la disposizione di
immediata liberazione del ricorrente, con la deduzione di un unico, articolato
motivo con il quale ha dedotto violazione di norme processuali e
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione agli artt.
548 e 585 cod. proc. pen. ed all’art. 15-bis legge n 67 del 2014, come introdotto
dalla legge n. 118 del 2014.
Premessi i dati fattuali esposte nell’ordinanza impugnata, era da censurarsi
la conclusione raggiunta dal giudice dell’esecuzione circa l’insussistenza del
diritto del ricorrente a vedersi notificare l’avviso di deposito con l’estratto della
sentenza emessa dalla corte d’appello il 16 giugno 2014, con motivazione
depositata il 10 settembre 2014, ai sensi del succitato art. 15-bis legge n. 67 del
2014 che aveva determinato la persistenza della sua qualità di imputato
contumace.
Andava sul punto senz’altro scartata la soluzione privilegiata dal Tribunale di
Bologna nell’ordinanza impugnata, poiché, in forza della disciplina transitoria
intervenuta quando la sentenza di appello non era stata ancora depositata, al
processo in cui essa è stata emessa non si applicava la nuova disciplina, con
l’effetto che, indipendentemente dalla declaratoria di assenza dai giudici emessa
nel corso dell’udienza del 16 giugno 2014, il Domanico era da considerarsi
ancora contumace e, come tale, avente diritto alla notificazione dell’estratto
disciplinata dall’art. 548 cod. proc. pen., nel testo vigente prima delle
modificazioni introdotte dalla riforma di cui alla legge n. 67 del 2014.
Invero, l’introduzione dell’art. 15-bis nel tessuto di quest’ultima legge aveva
fatto sì che (come recitava il primo comma di tale disposizione) le nuove norme
cui agli artt. 420-bis e ss. cod. proc. pen. si applicavano ai procedimenti in corso
alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 67 del 2014 (e non soltanto
alla data di entrata in vigore della legge n. 118 del 2014), a condizione che le

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ottobre 2014 (recte, il 3 novembre 2014), per l’omessa notificazione all’imputato

medesime procedimenti non fosse stato pronunciato il dispositivo della sentenza
di primo grado, salvo che l’imputato era stato dichiarato contumace e non era
stato emesso il decreto di irreperibilità.
Da tale ambito di immediata applicazione della nuova disciplina esorbitava
dunque il processo di appello pendente quando egli era stato giudicato: di tale
fatto avrebbe dovuto tenersi decisivo conto ai fini della conclusione della
persistente necessità della notificazione dell’estratto della sentenza contumaciale
al Domanico, elemento – costitutivo di una disciplina, non deteriore, bensì più

aveva erroneamente finito per obliterare.
D’altro canto, l’elaborazione giurisprudenziale più autorevole era pervenuta
all’affermazione dell’importante principio secondo cui lo stesso giudicato non
poteva che essere recessivo di fronte ad evidenti e pregnanti compromissioni in
atto di diritti fondamentali della persona, sicché il rigore con cui dovevano
osservarsi le formalità necessarie a garantire la conoscenza della sentenza
emessa nei suoi confronti all’imputato che, a regime, era da considerarsi ancora
contumace non poteva non esigere l’applicazione della disciplina, in particolare
quella di cui all’art. 548 cod. proc. pen., finalizzata ad assolvere a tale esigenza,
ed ancora vigente per il relativo caso quando tale giudicato non era ancora
maturato, come l’introduzione della norma intertemporale di cui alla legge n. 118
del 2014 aveva sancito.
Fra le, non univoche, interpretazioni anche di matrice pratica emerse dopo
l’entrata in vigore della suddetta disciplina, pertanto, il giudice dell’esecuzione
avrebbe dovuto aderire a quella che riteneva la necessità di applicare il disposto
dell’art.

15-bis cit. anche al presente caso, con la conseguente necessità di

notificazione dell’estratto contumaciale al Domanico per innescare il decorso del
termine per impugnare a lui garantito dall’ordinamento.

3. Il Procuratore generale ha chiesto rigettarsi il ricorso, ritenendo che la
Corte di appello, nel processo concluso dalla sentenza del 18 giugno 2014,
avesse rettamente qualificato come assente il Domanico, ritualmente ritenuto
tale alla stregua della disciplina in quel momento vigente, mentre non rilevava la
successiva disciplina transitoria, poiché non poteva procedersi all’interpretazione
parcellizzata delle due discipline e, quindi, considerare necessaria nuovamente
per quel caso la notificazione dell’estratto contumaciale, essendo del resto più
favorevole la normativa nuova che aveva delineato la figura dell’assente, sulla
scorta di un controllo anticipato più pregnante della conoscenza processuale da
parte dell’imputato.

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favorevole all’imputato – che l’interpretazione seguita dal giudice dell’esecuzione

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’impugnazione è da ritenersi fondata, nei sensi che seguono.

2. L’articolato ragionamento svolto dal giudice dell’esecuzione ha preso le
mosse dalla constatazione secondo cui nel corso del giudizio di secondo grado, la
Corte di appello di Bologna, preso atto dell’entrata in vigore della legge n. 67 del
2014, all’udienza del 18 giugno 2014, aveva dichiarato l’assenza del Domanico,

giudizio di secondo grado, atteso che l’appellante era difeso da difensore di
fiducia, con l’effetto che, all’esito della stessa udienza, era stata anche emessa la
sentenza che, in riforma della decisione di primo grado, aveva ritenuto il
Domanico colpevole dei reati a lui ascritti e lo aveva condannato alla pena di
anni quattro, mesi sei di reclusione ed aveva pronunciato altresì le statuizioni
civili richieste.
Viene, altresì, precisato che nel dispositivo il giudice di appello aveva
indicato il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione, deposito
poi avvenuto in data 10 settembre 2014, senza che di poi il Domanico avesse
impugnato la sentenza.
Poi, anche a seguito del cumulo con le pene irrogate al Domanico da altre
due sentenze, era stato emesso l’ultimo provvedimento di esecuzione di pene
concorrenti da parte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna
in data 30 gennaio 2017, con cui la complessiva pena detentiva da espiarsi era
stata quantificata in anni sette, mesi uno, giorni tre di reclusione e quella
pecuniaria in quella di euro 600,00 di multa.
2.1. Stante tale iter, secondo il giudice dell’esecuzione, la necessità della
notificazione all’imputato dell’estratto contumaciale relativo alla sentenza della
Corte di appello emessa il 18 giugno 2014, con motivazione depositata il 10
settembre 2014, non era dovuta, poiché l’introduzione della disciplina transitoria
di cui alla legge n. 118 del 2014, che aveva aggiunto l’art. 15-bis alla legge n. 67
del 2014, era intervenuta con legge emessa 1’11 agosto 2014 ed entrata in
vigore il 22 agosto 2014, a fronte della declaratoria di assenza del Domanico
emessa da parte della Corte di appello in data 18 giugno 2014, nel corso
dell’udienza all’esito della quale era stata resa anche la decisione di secondo
grado. Pertanto, in ordine a tale fattispecie, non sussisteva l’onere di
notificazione dell’estratto contumaciale, sia perché emergeva la carenza di
interesse in capo a chi deduceva l’applicabilità della disciplina della contumacia,
in luogo di quella dell’assenza post legge n. 67 del 2014, essendo quest’ultima
più favorevole per l’imputato, sia perché il dies a quo per stabilire la disciplina

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ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen., nuovo testo, ritenuto applicabile al

processuale applicabile era rappresentato dalla pronuncia del dispositivo, a nulla
valendo la collocazione in tempo susseguente del deposito della motivazione, la
posizione dell’imputato, assente o contumace, del resto, riguardava vicende tutte
interne al processo del grado, con esclusione di vicende verificatesi dopo la
lettura del dispositivo.
2.2. Il giudice dell’esecuzione ha fatto notare, ancora, che il diverso
orientamento, emerso successivamente nell’elaborazione ermeneutica, aveva
fondamentalmente ad oggetto questioni che riguardavano il processo di primo
grado in cui il giudice aveva mutato la qualificazione dell’imputato a seguito

dell’entrata in vigore della legge n. 67 del 2014, senza effettuare alcuna altra
notificazione all’interessato, mentre, nel presente caso, la disciplina transitoria che aveva circoscritto l’applicazione della legge n. 67 del 2014 in relazione ai
processi in corso – era intervenuta in situazione nella quale il rapporto
processuale non poteva più dirsi in corso, essendosi definito secondo la disciplina
del processo in absentia introdotta dall’indicata riforma.
In tale prospettiva, il Domanico, regolarmente raggiunto dal decreto di
citazione per il giudizio di appello presso il difensore di fiducia, domiciliatario, di
poi ritenuto assente, non aveva maturato il diritto alla notificazione dell’estratto
contumaciale.

3. Il Collegio ritiene che la, pur argomentata, giustificazione fornita nel
provvedimento impugnato non possa essere condivisa.
3.1. E’ certo vero che la legge 28 aprile 2014, n. 67, entrata in vigore il 17
maggio 2014, non aveva, nel suo testo originario (che al capo III ha dettato
norme sulla sospensione del processo nei confronti degli irreperibili e, con esse,
aveva rivisitato la fase introduttiva del processo di cognizione sostituendo al
processo contumaciale il procedimento definito in absentia, relativo a tutti i casi
di mancata comparizione dell’imputato ascrivibili a situazioni in cui si reputa
ragionevolmente assicurata la conoscenza da parte sua dell’atto introduttivo del
procedimento, per essergli stato – il suddetto atto – notificato a mani proprie o
per l’emersione di altro fatto dall’ordinamento considerato rivelatore della
medesima conoscenza), dettato norme che prendessero in considerazioni i
processi pendenti.
E’ del pari assodato che è intervenuta successivamente la legge 11 agosto
2014, n. 118, destinata a regolamentare gli effetti processuali derivanti dalla
abrogazione dell’istituto della contumacia e sua sostituzione con l’assenza, legge
entrata in vigore il 22 agosto 2014, con la determinazione di un non irrilevante
lasso, pari a 97 giorni, tra la vigenza del nuovo impianto della fase introduttiva e
l’assunzione di vigore processuale del diritto transitorio, con le conseguenti

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/
I

incertezze interpretative che siffatta sfasatura ha potuto determinare.
La disciplina sopravveniente ha introdotto nel testo della legge n. 67 del
2014 l’art. 15-bis, al lume del quale: “le disposizioni di cui al presente capo si
applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il
dispositivo della sentenza di primo grado” (comma 1), con l’ulteriore deroga,
influente anche sui giudizi di primo grado per cui “le disposizioni vigenti prima
della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ai

l’imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di
irreperibilità” (comma 2).
Si trae in modo piano che la norma esclude in via radicale l’applicazione
della nuova disciplina ai processi pendenti per i quali sia stato pronunciato il
dispositivo della sentenza di primo grado alla data del 17 maggio 2014 e, quindi,
a fortiori, a tutti i procedimenti pendenti in fase di impugnazione già proposta.
3.2. Per una parte dell’interpretazione la disciplina che ha regolato l’istituto
fino all’intervento delle disposizioni transitorie ha assunto una sua autonoma e
peculiare connotazione, sicché gli effetti determinatisi in quel frangente vengono
ritenuti alla stregua di facta praeterita, intangibili dalla successiva esplicitazione
normativa della disciplina transitoria, siccome già regolati in ritenuta applicazione
del principio tempus regit actum, dettato dall’art. 11 disp. prel. cod. civ.
Si è, così, ritenuta intangibile l’applicazione da parte del giudice di secondo
grado della disciplina di cui alla legge n. 67 del 2014 con conseguente
dichiarazione di assenza, non annettendosi rilievo al fatto che, prima del
deposito della motivazione fosse intervenuta la legge n. 118 del 2014, che, con
l’introduzione dell’art. 15-bis cit., aveva escluso i giudizi di appello in corso dal
novero di quelli a cui si applicava la nuova disciplina, dovendo invece declinarsi il
principio tempus regit actum nel secondo che la situazione processuale relativa
alla dichiarazione di assenza aveva esaurito i suoi effetti prima dell’entrata in
vigore della disciplina transitoria, anche perché la lettura del dispositivo è il
termine sempre tenuto presente per definire anche la retroattività di una
potenziale lex mitior (Sez. 2, n. 34155 del 26/05/2015, Napodano, Rv. 264510).
Nella stessa direzione, si è posto l’accento, ancora più a monte, sulla verifica
dell’interesse in capo all’imputato a dolersi dell’applicazione dell’una piuttosto
che dell’altra disciplina concludendosi nel senso che deve ritenersi inammissibile,
per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione rivolto a contestare
l’applicazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen. (come modificato dalla legge 28
aprile 2014, n. 67), in luogo della normativa previgente, che imponeva la
dichiarazione di contumacia e la conseguente notifica dell’estrat i della sentenza

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procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando

ex art. 548, comma 3, cod. proc. pen., sul’assunto che l’imputato non può
dolersi dell’applicazione nei suoi confronti della nuova disciplina, più garantista e
favorevole rispetto alla pregressa quanto alla conoscenza del procedimento, ex
art. 420-quater cod. proc. pen. e, quindi, anche quanto alla decorrenza dei
termini per l’impugnazione (Sez. 2, n. 25357 del 07/05/2015, Brunicardi, Rv.
264225).
3.3. Altro orientamento della giurisprudenza di legittimità ha per converso
affermato in modo generale il principio secondo cui sussiste l’obbligo della

deposito, qualora il giudizio di merito, a carico dell’imputato dichiarato
contumace anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 67 del
2014, sia stato definito dopo tale data, ma prima della entrata in vigore della
disciplina transitoria, di cui all’art.

15-bis della stessa legge, sempre che la

dichiarazione di contumacia non sia dipesa dalla presa d’atto di una formale
irreperibilità non derivante da colpa (Sez. 1 n. 20485 del 08/03/2016, Sannino,
Rv. 266944; Sez. 1, n. 36343 del 16/03/2016, Capoccitti, Rv. 268265).
Tale orientamento, maturato (come ha notato il giudice dell’esecuzione) con
riferimento a fattispecie relative al giudizi di primo grado, ma che ha avuto
riscontri anche relativamente a fattispecie pendenti in grado di appello (v. Sez.
2, n. 48387 del 28/09/2017, Cangemi, n. m.), rileva ai presenti fini soprattutto
negli snodi argomentativi in cui, pur muovendo dal rispetto del principio tempus
regit actum, evidenziano che:
– la dichiarazione di contumacia, quando sia stata emessa nel processo, è un atto
che esprime una qualificazione particolare del rapporto tra l’imputato non
comparso ed il procedimento che lo riguarda, collocata nella fase iniziale e
costitutiva del rapporto processuale, ma con effetti permanenti, ove l’imputato
non compaia, fino alla definizione del processo, sicché la verifica della relativa
situazione, una volta effettuata con la relativa dichiarazione, produce effetti che
tendono a permanere, in mancanza del loro superamento in virtù della
comparizione dell’imputato, con conseguente sua insensibilità al

novum

normativo;
– di conseguenza, la disciplina introdotta con la legge n. 67 del 2014), già nella
sua articolazione originaria, doveva essere analizzata nelle sue concrete
disposizioni in termini comparativi ed in rapporto al complessivo livello di
garanzia fornito, dato il dichiarato intento del legislatore italiano di adeguarsi ai
contenuti delle decisioni della CEDU in tema di giusto processo: e, fatta salva
l’ipotesi del pregresso giudizio contumaciale nei confronti dell’imputato dichiarato
irreperibile senza sua colpa e, come tale, non sottrattosi volontariamente alla
conoscenza del procedimento (ipotesi per la quale l’attuale art.

7

420-quater fa

notificazione dell’estratto della sentenza contumaciale, unitamente all’avviso di

obbligo di rinnovazione della notificazione e di addivenire all’eventuale
sospensione del procedimento), nella altre fattispecie l’istituto della novellata
assenza non si caratterizza per una radicale difformità di disciplina anche in
ordine alla modalità attuative, così da autorizzare la conclusione di una
sopravvenuta incompatibilità di sistema dei corrispondenti casi di contumacia,
già validamente dichiarata alla stregua delle norme prima vigenti;
– corollario la disciplina introdotta dalla legge n. 67 del 2014, anche prima della
chiarificazione intervenuta con la legge n. 118 del 2014, va interpretata in senso

norme, valendo essa per i soli atti processuali posteriori alla sua entrata in
vigore.
Appare opportuno aggiungere che queste considerazioni si pongono in
dichiarata e coerente consecutio con la precisazione già fornita dalla Corte di
legittimità nel suo consesso più autorevole allorquando, introdotta dal legge n.
67 del 2014, era ancora in itinere la predisposizione della norma transitoria poi
cristallizzatasi nell’art. 15-bis cit.: è stato, in particolare, sottolineato, con
riferimento al rimedio della rescissione del giudicato di cui all’art. 625-ter cod.
proc. pen., ma con sviluppo argomentativo riferibile all’intero impianto della
correlativa riforma, che lo statuto normativo del nuovo procedimento in assenza
“si rivolge espressamente a regolare gli effetti di atti processuali posteriori alla
sua entrata in vigore, con la conseguenza che a regolare gli effetti degli atti
processuali precedenti non possono che provvedere le disposizioni vigenti al
momento della loro verificazione. Corrisponde del resto alla comune riflessione
giuridica l’assunto per cui, dovendosi distinguere la sfera di vigenza delle
disposizioni dalla sfera di efficacia (vale a dire, di applicabilità) delle norme, il
fenomeno abrogativo, in mancanza di espresse previsioni in senso diverso ascrivibili alla ipotesi della abrogazione c.d. ‘retroattiva’ – non importa la
cessazione dell’efficacia delle norme abrogate ma soltanto la loro incapacità di
regolare situazioni nuove” (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv.
259992).
Nella stessa direzione sono orientate le indicazioni, anche dottrinali, che, con
riguardo ai procedimenti in corso al momento di entrata in vigore della nuova
legge, prospettano, quando siano mancanti prescrizioni specifiche da parte di
disposizioni transitorie, l’applicazione delle nuove disposizioni alla fase
dell’impugnazione soltanto ove non sia stata già pronunciata la sentenza di
primo grado, perché è su questa sentenza che si innesta, senza possibilità di
susseguenti diversificazioni, l’intero statuto regolatore della fase innpugnatoria,
quale che sia il mezzo che venga in rilievo (in tal senso si fa leva anche sulla
lettura del principio affermato da Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv.

8

conforme al principio che distingue la sfera di vigenza da quella di efficacia delle

236537).
3.4. Pertanto, il Collegio, che considera più persuasivo il secondo degli
orientamenti esposti, ritiene che dall’affermazione del principio di diritto secondo
cui, in tema di sospensione del processo per assenza dell’imputato, le
disposizioni introdotte dalla legge n. 67 del 2014, non si applicano – ai sensi
dell’art. 15-bis della stessa legge, introdotto dalla legge n. 118 del 2014 – ai
processi in corso nei quali, alla data di entrata in vigore della legge n. 67 del
2014, è stata emessa la sentenza di primo grado, né a quelli ancora pendenti in

emesso il decreto di irreperibilità (su cui v., fra le altre, Sez. 1, n. 20810 del
09/01/2017, Hussein, Rv. 270614), occorra far derivare anche la conseguenza
che la disciplina, come specificata dall’art.

15-bis cit.,

si applica a tutti i

procedimenti pendenti in fase innpugnatoria alla data di entrata in vigore della
corrispondente disciplina.
Ulteriore e non irrilevante elemento (che rinviene un aggancio nel
ragionamento svolto, pur con riferimento alla dialettica di primo grado, da Sez.
1, n. 36343 del 2016, Capoccitti, cit.) è quello secondo cui, pur a voler
inquadrare la sopravvenienza della disciplina transitoria di cui all’art. 15-bis cit.
alla stregua di un effettivo novum normativo, una volta stabilito da questa
disposizione, per i casi ordinari, lo spartiacque fra vecchia e nuova disciplina
nella data di emissione del dispositivo della sentenza di primo grado, non
apparirebbe ragionevole arrestare la serie successiva procedimentale al
momento dell’emanazione del dispositivo della sentenza resa in appello – ossia,
dopo la dichiarazione di assenza, da considerarsi,

ex post, sicuramente non

dovuta, non potendo ritenersi esaurita tale serie procedimentale – allorquando,
alla data di entrata in vigore della disciplina transitoria, la reviviscenza (in thesi)
per la relativa fattispecie della disciplina di cui all’art. 548 cod. proc. pen.
avrebbe comunque imposto la notificazione dell’estratto contumaciale con
l’avviso di deposito nei confronti di chi rivestiva, anche in via effettuale, tale
qualità al momento dell’entrata in vigore della disciplina di cui alla legge n. 67
del 2014.
3.5. Nella vicenda processuale oggetto di esame è lo stesso provvedimento
impugnato a dare atto che il Domanico, contumace in primo grado e raggiunto
(in tempo antecedente all’entrata in vigore della legge n. 67 del 2014) dal
decreto di citazione per il giudizio di appello, non era comparso all’udienza del 18
giugno 2014 ed era stato dichiarato assente: condizione, tuttavia, che in forza
delle notazioni che precedono non era quella da ritenersi correttamente riferibile
al caso di specie, vieppiù quando, in data 1° settembre 2014, era stata
depositata la motivazione della sentenza, emessa il 18 giugno 2014 con

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primo grado in cui, nei confronti dell’imputato dichiarato contumace, non è stato

l’indicazione di un termine per il relativo deposito di giorni novanta, giacché, alla
stregua dell’impianto originario e poi del disposto chiarificatore dell’art.

15-bis

cit., il processo in esame, pendente in grado di appello all’atto dell’entrata in
vigore della nuova disciplina, era escluso dall’ambito di applicazione di essa, con
conseguente obbligo di notificazione all’imputato non comparso, come tale da
qualificarsi contumace, dell’avviso di deposito e dell’estratto della sentenza, ai
sensi dell’art. 548, comma 3, ante legge n. 67 del 2014.

essere annullata – con riguardo all’oggetto dell’impugnazione, ossia alla mancata
rilevazione della condizione del Domanico relativamente alla sua posizione nel
processo di appello concluso dalla sentenza della Corte di appello di Bologna del
18 giugno 2014 – con rinvio (necessario per le più ampie implicazioni da valutare
da parte del giudice dell’esecuzione) al Tribunale di Bologna per nuovo esame del
punto che tenga conto dei principi di diritto testé affermati, anche al fine
dell’emissione di ogni provvedimento consequenziale nel quadro dell’esecuzione,
relativa anche ad altri titoli, sulla base del provvedimento di esecuzione di pene
concorrenti emesso da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Bologna in data 30 gennaio 2017.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Bologna
Così deciso il 22 dicembre 2017

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4. L’ordinanza impugnata, non avendo tenuto conto di tale approdo, deve

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