Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21734 del 07/04/2016
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21734 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: ZAZA CARLO
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Raspini Francesca, nata a Firenze il 27/03/1974
avverso l’ordinanza del 07/10/2015 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Firenze
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Fulvio Baldi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato veniva rigettata l’istanza di restituzione di
Francesca Raspini nel termine per presentare opposizione avverso il decreto
penale dello stesso Giudice del 04/09/2014, con il quale la Raspini era
1
Data Udienza: 07/04/2016
condannata alla pena di € 5.120 per il reato di furto aggravato commesso in
Firenze il 30/08/2010.
La condannata ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale;
l’affermazione del provvedimento impugnato, per la quale la prospettazione
difensiva della mancata conoscenza del decreto penale da parte della Raspini, in
quanto elettivamente domiciliata presso il difensore d’ufficio e raggiunta da una
missiva dello stesso sulla notifica del decreto alla quale rispondeva solo dopo la
scadenza del termine per l’opposizione, non era documentata, non terrebbe
inviata dal difensore all’imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il testuale riferimento motivazionale del provvedimento impugnato alla
carenza di documentazione dell’istanza si inseriva nel complesso di
un’argomentazione che sottolineava come nessun elemento di segno contrario
fosse stato opposto dall’instante a quelli che comprovavano la conoscenza del
provvedimento in capo alla Raspini.
E tale situazione emerge in effetti dalla
stessa situazione rappresentata con il ricorso. Nello stesso si evidenzia infatti
che, se è vero che il decreto penale di condanna veniva notificato ad un
difensore d’ufficio, presso il quale la Raspini aveva eletto domicilio, è vero altresì
che quest’ultimo inviava all’abitazione della Raspini una missiva con la quale
dava comunicazione della notifica del decreto. Ben lungi dal non tenere conto di
detta missiva, come lamentato dal ricorrente, il giudice individuava proprio nella
stessa gli elementi ostativi all’accoglimento dell’istanza di restituzione nel
termine; e ciò in coerenza con i principi affermati da questa Corte Suprema, per i
quali la prova di un effettivo contatto fra il difensore d’ufficio donniciliatario e
l’assistito dello stesso consente di superare l’insufficienza della circostanza
formale della notifica del provvedimento presso il primo ai fini della prova della
conoscenza del provvedimento da parte del secondo (Sez. 4, n. 991 del
18/07/2013, Auci, Rv. 257901; Sez. 6, n. 19781 del 05/04/2013, Nikolic, Rv.
256229).
A fronte di questi dati, si osservava coerentemente nel provvedimento
impugnato come non fosse documentata la tesi difensiva per la quale la Raspini
non sarebbe stata in grado di apprendere tempestivamente la notizia trasmessa
dal difensore; tesi riproposta in termini meramente assertivi anche nel ricorso,
2
conto dell’allegazione all’istanza di restituzione nel termine di copia della missiva
che deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07/04/2016