Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2173 del 11/11/2014

Penale Sent. Sez. 4 Num. 2173 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
B.B.
R.R.
A.A.
F.F.
R.R.
G.G.
M.M.
avverso la sentenza n. 4785/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
18/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ‘ 10,<4
che ha concluso per

RITENUTO IN FATTO
1. Il GIP del Tribunale di Torino, con sentenza del 20/2/2012, emessa
all’epilogo di giudizio abbreviato, statuì, fra gli altri, la penale responsabilità di
B.B., R.R., A.A., F.F.,
R.R., G.G. e M.M., giudicati
variamente colpevoli di concorso in plurime importazioni di sostanza
stupefacente del tipo cocaina, nonché del reato associativo di cui all’art. 74

di reato per le quali vennero riconosciuti sussistenti le prove a carico, alle
pene reputate di giustizia di cui in dispositivo.

1.1. La Corte d’appello di Torino, investita dall’impugnazione proposta
dai predetti imputati, con sentenza del 18/4/2013, in parziale riforma della
sentenza di primo grado, nel resto confermata: I. assolse il B.B. per parte
della condotta contestatagli al capo G) (avuto riguardo a Kg. 164 di cocaina) e
applicate le attenuanti generiche con criterio di equivalenza rispetto alle
contestate recidiva ed aggravante, ridusse, di conseguenza, la pena
determinata in primo grado; II. Riconosciute le attenuanti generiche, ridusse
la pena inflitta al R.R.; III. Assolto il A.A. in parte dal reato di cui al
capo G), siccome il B.B., e per intero dal capo I), ne ridusse la pena; IV.
assolto il F.F. in parte dal reato di cui al capo G), siccome il B.B.,
ridusse anche al predetto la pena; V. assolto il R.R. in parte dal reato di
cui al capo G), siccome il B.B., e riconosciuta la circostanza attenuante di
cui al n. 7 dell’art. 74 cit., ridusse la pena anche nei di lui confronti; VI.
Ridusse la pena anche alla Gernninario, assolta dal reato associativo; VII.
assolto il M.M. in parte dal reato di cui al capo G), siccome il B.B., né
confermò, tuttavia, il trattamento penale di primo grado.

2. Pur rispettando il perimetro decisorio della sede di legittimità appare
utile riprendere in estrema sintesi i fatti salienti della vicenda.
Attraverso indagini mirate a contrastare l’importazione di cospicui
quantitativi di stupefacente dall’America latina (Bolivia, Brasile, Santo
Domingo) si era pervenuti all’arresto di Raccagno Giuseppe e, quindi, a quella
di Giovo Andrea, il quale, spostandosi fra il continente americano e l’Europa,
attraverso una rete di collaboratori (R.R., Rosandic Paolo,
G.G., Battigalgia Salvatore), appariva uno dei più attivi
operatori nell’illecito traffico. Accanto a questo gruppo ne venne individuato
altro, capeggiato dal latitante M.M. (soprannominato l’Isolano per il
fatto di operare stabilmente in Santo Domingo) avente come referenti B.B.
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del d.P.R. n. 309/1990, condannando ciascuno di loro, in relazione alle ipotesi

Roberto, Castellini Silvio, F.F., A.A. e
R.R.. Venne, altresì, appurato che i due gruppi
concordarono azione sinergica dopo una riunione tenutasi a Santo Domingo
nell’agosto del 2010. Le ulteriori attività investigative (intercettazioni
telefoniche ed ambientali, sequestri di stupefacente e materiale da taglio,
servizi di osservazione e controllo), che via via avevano trovato
corroborazione nelle dichiarazioni auto ed etero accusatorie di taluni degli
arrestati (Giovo Andrea, Gasi Mujo, R.R., Rosandic Paolo, A.A.

consentirono di ripercorrere le modalità attraverso le quali lo stupefacente,
aggirando i controlli e le verifiche aeroportuali, giungeva in Italia in
quantitativi massicci.

3. Tutti gli imputati di cui sopra ricorrono per cassazione.

4. B.B., con il primo motivo deduce violazione di legge per
difetto di giurisdizione.
Sulla base delle emergenze processuali doveva ritenersi che
l’associazione fosse insorta solo a sèguito del summit tenutosi a Santo
Domingo, che aveva dato vita alla fusione dei due gruppi delinquenziali.
Seguendo il criterio principale del luogo del momento volitivo non v’era,
quindi, dubbio che il reato poteva identificarsi solo da quel momento. Peraltro,
soggiunge il ricorrente, anche secondo il criterio accessorio del luogo di prima
manifestazione all’esterno dell’attività criminale, non poteva dubitarsi che
essa si fosse avuta in Santo Domingo. Mancando la condizione di procedibilità
di cui al comma 1 dell’art. 9, cod. pen., in quanto l’imputato al momento
dell’esercizio dell’azione penale dimorava all’estero, non restava che
concludere per l’assenza di giurisdizione.
4.2. Con il successivo motivo viene denunziata incompetenza per
territorio. Il reato più grave non avrebbe dovuto essere considerata
l’associazione poiché non era mai stata contestata l’aggravante del numero
degli associati, bensì l’importazione di sostanza stupefacente di cui al capo B),
aggravata per l’ingente quantitativo, reato che risultava essere stato
consumato in territorio del circondario del Tribunale di Busto Arsizio
(aeroporto di Malpensa). L’eccezione doveva considerarsi tempestivamente
sollevata, in quanto il G.I.P., concordando per via breve, nel recepire la
volontà degli imputati di accedere al rito abbreviato, differendo la trattazione
all’udienza nella quale il processo avrebbe dovuto essere definito nelle forme
del chiesto rito alternativo, aveva omesso di dare la parola alla Difesa, parola,
poi, assegnata all’udienza di rinvio, solo in sede di discussione. Da ciò

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A.A., F.F., C.S. e R.R.),

conseguiva che, pur tenuto conto della pronuncia delle S.U. n. 27996 del
9/3/2012, l’eccezione mossa in sede di discussione avrebbe dovuto
considerarsi tempestiva.
4.3. Con il terzo ed il quarto motivo il ricorrente deduce violazione di
legge per essere stata ritenuta sussistente l’aggravante del numero delle
persone partecipanti all’associazione, mai contestata e non ritenuta in
sentenza dal Giudice di primo grado e, comunque non essendovi prova che la
predetta circostanza fosse conoscibile dall’imputato.

sede rilevabile, negando che dagli atti emergesse che il medesimo avesse
assunto il ruolo di promotore od organizzatore; ruolo, quest’ultimo, che si
apparteneva a Giovo Andrea (imputato non impugnante) e al M.M.. Sul punto
la Corte torinese aveva motivato apoditticamente, nel mentre il richiamo al
contenuto dell’interrogatorio del ricorrente dimostrava il contrario di quanto
sostenuto dai Giudici di secondo grado.
4.5. Ulteriore vizio motivazionale viene evidenziato in ordine alla
condanna per l’episodio di cui al capo B), che, a parere del B.B., si fondava
su un solo oggettivo elemento di riscontro (il sequestro operato ai danni di
Gasi Mujo), in assenza di chiamata da parte del collaborante (il Gasi). Per
contro, le riprese fotografiche avevano contenuto neutro, limitandosi a
ritrarre, nel corso dell’incontro avvenuto a Somma Lombardo il 22/7/2010, il
A.A., Catellini Giorgio e Giovo Andrea. Né maggiori elementi d’accusa era
dato trarre dalle risultanze delle intercettazioni. Sul punto, prosegue il
ricorrente, era da registrare un vero e proprio travisamento della prova, in
quanto in assenza di qualsiasi specifico elemento comprovante l’accusa, la
sentenza di primo grado aveva erroneamente assunto l’esistenza di un
disguido nella consegna [dello stupefacente], al quale sarebbe conseguita la
necessità di differire il pagamento.
4.6. Con il settimo motivo il ricorrente allega vizio motivazionale a
riguardo dell’affermazione di penale responsabilità per i capi D) ed E), stante
che la Corte territoriale era venuta meno all’obbligo di motivare sulle puntuali
censure mosse con l’appello, così finendo per violare anche l’art. 192, cod.
proc. pen.
4.7 Con l’ottavo motivo il ricorrente denunzia il medesimo vizio in
relazione ai capi H) ed I). La motivazione della Corte d’appello appariva
tautologica e contraddittoria, in quanto per il medesimo capo I) il A.A. era
stato assolto.
4.8. Con il nono ed ultimo motivo viene posto in contestazione il
trattamento sanzionatorio, giudicato frutto di un percorso motivazionale
contraddittorio, in quanto il Giudice d’appello, pur avendo espressamente

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4.4. Con il quinto motivo il B.B. allega vizio motivazionale in questa

affermato doversi ritenere superata la prognosi di spiccata pericolosità sociale,
non aveva escluso la contestata recidiva, che, in ogni caso, avrebbe potuto
essere valutata con criterio di subvalenza.

5. R.R. con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio
motivazionale in ordine al capo C). Secondo il predetto ricorrente il proprio
intervento nella vicenda in oggetto si era esaurito nel giugno del 2010 (epoca
nella quale aveva fatto rientro in Brasile), nulla sapendo del sequestro operato

delle intercettazioni e dalle dichiarazioni del Giovo. La Corte di merito non
avrebbe potuto scindere quest’ultime dichiarazioni, giudicandole solo in parte
attendibili.
5.1. Con il secondo motivo vengono denunziati i medesimi vizi a
riguardo al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al comma 7 dell’art.
74 cit. Il ricorrente si era prodigato, secondo le conoscenze che erano in suo
potere, nel sottrarre all’organizzazione uomini e mezzi; né la legge richiede
darsi la prova dell’interno ravvedimento.

6. A.A. con il primo motivo deduce, negli stessi
termini prospettati dal B.B., l’incompetenza per territorio.
6.1. Con il successivo motivo denunzia, anche in questo caso negli
stessi termini prospettati dal B.B., violazione di legge per essere stato
ipotizzato quale reato più grave quello associativo, che avrebbe dovuto
intendersi non aggravato dal numero dei concorrenti.
6.2. Con il terzo motivo denunzia che la circostanza aggravante di cui
sopra, non conoscibile dal ricorrente, non avrebbe potuto a lui addebitarsi
(anche questo motivo viene delineato analogamente al B.B.).
6.3. Con il quarto motivo il A.A. si duole per non essere stata
configurata come tentata l’ipotesi delittuosa di cui al capo N). Lo
stupefacente, osserva il ricorrente, era stato sequestrato a Cancùn, quindi
non si era verificata la condizione, necessaria a qualificare il reato come
consumato, del passaggio dello stupefacente nello spazio aereo italiano.

7. F.F. con l’unico motivo posto a corredo del proprio
ricorso si duole, lamentando violazione di legge e vizio motivazionale, del
fatto che, sibbene in sede di discussione la Difesa aveva fatto richiesta
applicarsi l’attenuante di cui all’art. 114, cod. pen., la Corte territoriale
nessuna motivazione aveva reso sul punto.

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a bordo del veliero “Tortuga”. Tesi, questa, peraltro, confermata dal contenuto

8. R.R., denunziando vizio motivazionale, lamenta
di non essere stato prosciolto dal reato associativo, pur avendo rivestito ruolo
del tutto sovrapponibile a quello di tale Missiaggia, che, invece, aveva
beneficiato di tale formula terminativa. Soggiunge il ricorrente, a ulteriore
specificazione, di non avere tenuto contatti con coloro che all’esterno
dell’aeroporto si occupavano di spacciare lo stupefacente; aveva come unico
referente il A.A.; non v’era prova di coinvolgimento nei fatti associativi,

9. G.G. con l’unico motivo posto a corredo del ricorso
allega violazione dell’art. 129, cod. proc. pen., assumendo che la sentenza
gravata non aveva verificato, con l’approfondimento del caso, se sussistessero
le condizioni per far luogo ad un eventuale proscioglimento per evidenza
d’innocenza.

10.

M.M. con la prima censura deduce l’incompetenza

territoriale del giudice ai sensi del comma 3 dell’art. 10, cod. proc. pen. A
differenza di altri ricorrenti il M.M. non assume esser di maggior gravità
l’importazione di cui al capo B), ma, ben diversamente, che il reato
associativo avrebbe avuto all’estero (accordo Giovo-M.M.) le sue prime
estrinsecazioni operative, di talché, in presenza di una parte della condotta
consumata anche in Italia, s’imponeva l’applicazione dei criteri di cui agli artt.
8 e 9, cod. proc. pen., con la conseguenza che la competenza per territorio si
era radicata nell’ultimo luogo in cui era avvenuta una parte dell’azione, quindi,
il luogo ove lo stupefacente era giunto (aeroporto di Malpensa, circondario del
Tribunale di Busto Arsizio). Peraltro la valutazione della Corte di merito sulla
maggior gravità del reato associativo era da attribuire ad un errore, in quanto
si era ipotizzata la sussistenza di una aggravante mai contestata.
Infine, censura la declaratoria d’inammissibilità dell’eccezione
d’incompetenza per territorio sollevata in sede di discussione dell’abbreviato
con argomenti analoghi a quelli adoperati dal B.B.. In ogni caso,
soggiunge, poi, all’epoca, le Sezioni Unite non avevano ancora risolto il
contrasto insorto in giurisprudenza in ordine alla tempestività dell’eccezione e,
perciò solo, la motivazione, resa come se al momento dell’eccezione
quell’indirizzo fosse già in essere, doveva considerarsi illogica.
10.1. Con il secondo motivo il ricorrente asserisce che la Corte di
Torino nel confermare la penale responsabilità a riguardo del reato associativo
era venuta meno all’obbligo di rendere autonoma motivazione sugli specifici
motivi d’appello, essendosi limitata a manifestare condivisione della
motivazione di primo grado. In particolare, non risultavano essere state
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stante che l’imputato tali contatti espressamente rifiutava.

vagliate nel dettaglio le dichiarazioni di Giovo, R.R. e Gasi; non si era
tenuto conto che tra il B.B. ed il M.M. non v’era comunanza d’interessi; che
M.M. non interagiva, in fase decisionale, con Giovo, né teneva contatti con
costui, che Giovo si riforniva da tutto il mondo. Lasciava perplessi
un’associazione nella quale l’acquirente ricerca e trova il fornitore al suo
fornitore (era lo stesso M.M., secondo quel che aveva riferito Giovo, a
chiedergli di cercagli un fornitore).
10.2. L’affermazione di colpevolezza per il fatto di cui al capo B) si

responsabile della consegna di soli 3 Kg. lordi di cocaina a Gasi.
10.3. L’affermazione di colpevolezza per il fatto di cui al capo D) era
frutto di un travisamento: la Corte di merito aveva affermato che in sede
d’interrogatorio Giovo aveva dichiarato che B.B. aveva agito quale
emissario di M.M., ma tale asserto non constava.
10.4. Censurabile, infine, per il quinto ed ultimo motivo, doveva
reputarsi la decisione di negare le attenuanti generiche: la condotta
processuale, pur da latitante, doveva reputarsi apprezzabile, avendo
l’imputato scelto la strada del rapido giudizio abbreviato.

11. I ricorrenti B.B., F.F. e M.M. depositavano, inoltre, motivi
nuovi.
11.1. Il B.B. con i predetti motivi deduce, in sintesi, quanto
appresso. a) La struttura associativa contestata al capo A) della rubrica
doveva considerarsi insussistente e, comunque, non era possibile assegnare al
medesimo il ruolo di promotore ed organizzatore. A lungo il ricorrente
riprende gli argomenti già spesi in ricorso al fine di dimostrare di non aver
rivestito il ruolo di rilievo contestatogli, con la conseguente illogicità della
motivazione della sentenza gravata, che il contrario aveva affermato,
avvalendosi acriticamente della sentenza di primo grado. b) La contestazione
di cui al capo G) doveva reputarsi assorbente delle condotte di cui ai capi B),
D) ed E): la Corte di merito aveva espunto dal quantitativo di cocaina
importata, preso in esame dal capo G), 50 Kg, attribuiti, nel loro insieme ai
predetti capi B), D) ed E), invece avrebbe dovuto considerare che trattavasi
delle medesime importazioni, alle quali corrispondeva una duplicazione
d’imputazione. c) infine, con i motivi aggiunti in esame, il B.B. assume
l’illogicità del computo degli aumenti a titolo di continuazione, i quali non
versavano in rapporto di proporzionalità con i quantitativi di stupefacente la
cui illecita importazione avrebbero dovuto remunerare.
11.2. Il F.F., producendo il relativo verbale di causa, insisteva
sulla doglianza con la quale censura l’omessa pronunzia sulla istanza di
6

reggeva su una motivazione illogica, stante che il M.M. si era reso

riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114, cod. pen., avanzata in sede
di discussione.
11.3. Il M.M. denunzia la nullità del decreto di latitanza a cagione della
non completezze delle ricerche effettuate dalla p.g. al fine di rintracciarlo.

12. In sede di discussione davanti a questa Corte la Difesa di B.B.
chiedeva acquisirsi documentazione attestante lo stato di latitanza
dell’imputato al momento dell’esercizio dell’azione penale (richiesta di

CONSIDERATO IN DIRITTO
13. Il ricorso proposto da G.G. non può essere trattato
per difetto di notifica nei confronti della predetta ricorrente, la cui posizione,
pertanto, viene stralciata.

14. In prima battuta devesi osservare che tutti i ricorsi, in larghissima
parte, sovente anche omettendo di confrontarsi con la motivazione avversata,
propongono una diversa lettura dei fatti di causa o, comunque, una diversa
valutazione discrezionale, in questa sede escluse, non essendo consentito
sostituire la motivazione del giudice di merito, pur anche ove il proposto
ragionamento alternativo apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde

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estradizione ed allegati).

verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.

15. I ricorsi di F.F., R.R. non superano il vaglio d’ammissibilità
a cagione della loro macroscopica infondatezza.
15.1. Il F.F. non può dolersi del mancato esercizio del potere
officioso da parte del Giudice d’appello in ordine alla rivendicata attenuante di
cui all’art. 114, cod. pen., in quanto l’imputato si era limitato ad una lapidaria

Cass., Sez. 4, n. 1513/2014 del 3/12/2013, Rv. 258487).
15.2. Il R.R., senza minimamente curarsi di prendere in esame la
motivazione con la quale la Corte territoriale (pag. 77 e 78) aveva disatteso le
avanzate prospettazioni impugnatorie, si limita, in forma del tutto aspecifica,
sommaria e generica, a lamentarsi, ipotizzando la contraddittorietà ed
illogicità della motivazione, la quale, invece, attingendo alle emergenze
probatorie aveva puntualmente evidenziato il pieno coinvolgimento
dell’imputato, al di là delle cautele attraverso le quali quest’ultimo pretendeva
di apparire estraneo alla struttura, nell’attività associativa.
15.3. Il ricorso di A.A. è inammissibile per sopraggiunta improcedibilità
per rinunzia pervenuta il 10/2/2014.

16. Alle pagg. 18 e ss. La sentenza impugnata spiega con argomenti
pienamente condivisi da questa Corte la infondatezza del difetto di
giurisdizione e dell’incompetenza per territorio dedotti dal B.B. ed altri,
senza che possa assumere rilievo la circostanza che il primo si trovasse
stabilmente all’estero al momento dell’esercizio dell’azione penale.
Non vi sono emergenze univoche tali da far ritenere che il pactum sceleris
venne siglato all’esito della riunione a Santo Donningo di cui s’è detto,
essendo, anzi, ragionevole assumere che la collaborazione fra i due gruppi
fosse in essere da prima, operando e vivendo in Italia la parte assolutamente
prevalente degli accoliti. In ogni caso, l’entità della pena edittalmente prevista
escludeva l’operatività della condizione di procedibilità di cui all’art. 9, cod.
pen.
In ordine alla dedotta incompetenza territoriale deve osservarsi quanto segue.
Il reato più grave è stato esattamente individuato nell’associazione, aggravata
dal numero dei partecipanti, e non in uno dei reati fine. L’aggravante in
parola, e ciò vale negare valenza al preteso difetto di contestazione, risultava
puntualmente emergere dal capo d’imputazione, recante i nomi degli associati
ed i relativi compiti svolti, senza che possa assumere il valore di apprezzabile
vulnus la mancata formale enunciazione della norma corrispondente. Inoltre,
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richiesta in sede di discussione non sostenuta da alcun argomento (in termini

correttamente l’eccezione è stata ritenuta tardiva. La Cassazione a S.U.
(sentenza n. 27996 del 29/3/2012) ha condivisamente chiarito che nel
giudizio abbreviato cd. tipico (preceduto dalla udienza preliminare)l’eccezione
di cui si discute è proponibile, in limine, nel solo caso in cui essa sia stata
tempestivamente proposta e rigettata in sede di udienza preliminare.
Costituisce una mera illazione, destituita di conferma alcuna l’affermazione
secondo la quale il G.I.P. in sede di udienza preliminare precluse alle Difese di
verbalizzare l’eccezione in parola.

meritano miglior sorte.
Si è già chiarito che l’aggravante del numero dei partecipanti all’associazione
non difettava di contestazione. Inoltre, anche per il B.B. (peraltro,
promotore ed organizzatore) deve escludersi che la situazione fosse tale da
impedire al medesimo di rendersi conto del numero degli affiliati (come noto
l’ignoranza colpevole sulla sussistenza delle condizioni fattuali che implicano
l’aggravante non impedisce l’applicazione della stessa, cfr. Cass., Sez. 6, n.
20663 del 29/1/2008, Rv. 240058). Anche a non voler tener conto che il
profilo di doglianza qui in esame non consta essere stato espressamente
sottoposto al vaglio del giudice d’appello, dall’ampia, coerente e riscontrata
motivazione spesa dalla Corte d’appello (pagg.29 e ss.) per descrivere la
sussistenza dell’associazione e la partecipazione alla stessa con compiti di
prinnazia del B.B. rende evidente trattarsi di una deduzione speciosa, priva
di addentellati di apprezzabile plausibilità (il B.B., per sua stessa
ammissione, si trovava al centro dell’organizzazione, prendeva decisioni di
rilievo, conosceva gli accoliti e le loro attitudini e capacità, era in grado di
modificare, ove necessario, il modus operandi).
16.2. Quando sopra chiarito rende ragione dell’infondatezza del quinto
motivo con il quale il ricorrente contesta di aver occupato ruolo di rilievo
nell’organizzazione malavitosa. La Corte torinese ha, invero, puntualmente
dimostrato il contrario; anche sulla base delle stesse dichiarazioni
dell’imputato, ha descritto, per come sopra ripreso, il ruolo di assoluto rilievo
svolto dall’imputato, non potendosi addebitare solo al Giovo e al M.M. funzioni
di organizzazione e comando. Dichiarazioni, le quali, esattamente al contrario
dell’assunto impugnatorio, dimostravano, non solo la piena conoscenza del
funzionamento dell’associazione e del sistema attraverso il quale ingenti
quantitativi di cocaina venivano importati e poi smerciati in Italia, ma,
soprattutto la notevole autonomia organizzativa della quale il ricorrente
godeva e la sua intraprendenza e capacità assoldare, secondo i bisogni, i
soggetti che apparivano meglio soddisfare le necessità dell’illecita attività
(pagg. 29 e ss.).
9

16.1. Anche il terzo ed il quarto motivo del ricorso del B.B. non

16.3. Infondati sono i motivi dal 6 all’8.
Con il sesto motivo vengono prospettate valutazioni alternative in fatto, in
questa sede inammissibili, generiche ed aspecifiche in relazione alla compiuta
motivazione di merito (pag. 32).
Analogo discorso deve essere fatto per il settimo e l’ottavo motivo
(motivazione a pag. 33). L’assoluzione, poi, del A.A. dall’imputazione di
cui al capo I) non si pone in conflitto con l’opposta decisione adottata per il
B.B., stante che il primo epilogo trovava spiegazioni alternative ostative

motivazione apposita (pag. 60).
16.4. Non merita positivo apprezzamento nemmeno l’ultimo motivo con
il quale il B.B. contesta il trattamento sanzionatorio. Con adeguata
motivazione, infatti, la Corte territoriale ha dato mostra di aver fatto razionale
uso del potere discrezionale che la legge gli attribuisce, con larghezza, in
detta materia. Peraltro, l’affermazione di una riduzione della pericolosità del
soggetto, generata dalla vicenda processuale e dalle conseguenze derivatene,
non impone l’elisione dell’esigenza di tutela sociale, posta a fondamento
dell’istituto della recidiva, in ogni caso, nella specie, ponderata con misura
(equivalenza con le ritenute attenuanti generiche).
17. Ai primi due motivi nuovi del B.B. si è data risposta nei termini di
cui sopra.
Quanto al terzo motivo nuovo devesi osservare che gli aumenti a titolo di
continuazione non possono che essere rimessi al libero apprezzamento del
giudice di merito e non sono in questa sede censurabili, salvo il ricorrere di
evidenti incongruenze logiche, che qui non si rinvengono. In particolare, non
può assumere rilievo la pretesa di proporzionare gli aumenti al peso dello
stupefacente attribuito per i singoli episodi: la valutazione non può che essere
omnicomprensiva, oltre a tenere conto di tutte le circostanze concrete di
fatto, che sfuggono all’analisi di questo giudice di legittimità, salvo il limite
della palese illogicità, che nel caso non risulta essere stato valicato.

18. Entrambe le doglianze prospettate dal R.R. sono destituite di
giuridico fondamento.
18.1. Il primo motivo, privo della necessaria autosufficienza, ripropone
valutazioni di merito, più che soddisfacentemente affrontate e risolte dalla
Corte territoriale (pagg. 38 e 39).
18.2. Inammissibile deve considerarsi il secondo motivo con il quale il
ricorrente prospetta in questa sede valutazione palesemente di merito
(meritevolezza dell’attenuante di cui al comma 7 del citato art. 74), alla quale
la Corte di merito ha dato puntuale risposta, senza che infici un tal giudizio il

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(mancanza di riscontri esterni limitatamente alla posizione del A.A.) nella

non condivisibile, ma ultroneo, riferimento di quel giudice alla rilevanza
dell’interno ravvedimento, in effetti non previsto dalla legge.
18.3. Anche sotto il profilo prospettato dal M.M. la contestazione della
competenza territoriale non merita di essere accolta. In primo luogo, per quel
che già si è detto, non si rinvengono emergenze univoche sulla base delle
quali possa affermarsi che il reato associativo si ebbe a perfezionare
all’estero; in secondo luogo non si rinvengono, del pari, indici sulla base dei
quali possa sostenersi che l’attività esterna sarebbe iniziata all’estero, anzi,

criminale ebbe ad interloquire con l’esterno primieramente in Italia, ove
operava il suo nucleo prevalente di uomini e mezzi.
Quanto, in ogni caso, all’intempestività della sollevata eccezione già s’è detto;
né può apprezzarsi quale annotazione avente rilievo giuridico l’osservazione
secondo la quale solo a seguito della già citata sentenza delle S.U. si era
sedato il contrasto in ordine all’individuazione del momento ultimo utile di
deducibilità in caso di accesso al giudizio abbreviato. E’ appena il caso di
soggiungere che le statuizioni a sezioni unite, pur significative per
approfondimento ed autorevolezza del dictum, non costituiscono di certo fonte
normativa, ma mero strumento ermeneutico attraverso il quale la Corte di
cassazione adempie al proprio ruolo nomofilattico, con la conseguenza che
l’interpretazione resa in tale sede ben può essere anche del giudice di merito,
che sia intervenuto sulla materia in epoca antecedente.
18.4. Non coglie nel segno il secondo motivo con il quale il M.M. deduce
grave vizio motivazionale in punto di affermazione di penale responsabilità per
il reato associativo. Alle pagg. 90 e 91 la Corte territoriale, procedendo
puntualmente a quella globale valutazione delle emergenze rivendicata dal
ricorrente, è giunta ad affermare, senza che constino i vizi motivazionali
allegati, la penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di cui al
citato art. 74. La circostanza, poi, che all’interno di un patto associativo dedito
all’importazione all’ingrosso di stupefacenti vi siano posizioni o situazioni
apparentemente in contrasto con l’interesse comune o che non si coordinano
con questo non sorprende né meraviglia, costituendo, anzi, una costante
verificare che non poche volte i singoli partecipanti, oltre (o anche contro)
l’interesse comune perseguono il proprio; fino a giungere a vere e proprie
(talvolta sanguinose) contrapposizioni, fra acquirenti e venditori o all’interno
di singoli gruppi. Né è inusuale che si dia luogo ad apparentamenti, cessioni di
sostanza, forniture, attività di mediazione, non sempre linearmente
inquadrabili nello “nello scopo” e nello “oggetto sociale”.
18.5. Infondata anche la censura di cui al terzo motivo, la quale non si
confronta con la puntuale motivazione resa dalla Corte di Torino a pag. 92.
11

esattamente al contrario, appare conforme al logica ritenere che il gruppo

18.6. Analogo destino deve riservarsi al quarto motivo. Anche in questo
caso il ricorrente mal si confronta con la motivazione (pag. 93). Il ruolo di
emissario del B.B. è frutto di una legittima deduzione del giudice, il quale
ha tenuto conto anche delle risultanze delle intercettazioni, e non di un
travisamento dell’interrogatorio del Giovo.
18.7. Manifestamente infondato deve dirsi l’ultimo motivo. Non solo la
Corte di merito, esercitando il potere discrezionale che la legge le conferisce,
non ha individuato alcuna appezzabile ragione per riconoscere la sussistenza
delle attenuanti generiche, ma la rivendicazione, giustificata dalla pregevole

condotta processuale, è radicalmente destituita di fondamento: l’imputato,
sottrattosi stabilmente alla giustizia (latitante), non merita di certo premio
ulteriore, oltre alla riduzione che gli compete per legge, per aver acceduto al
rito abbreviato.
19. Il motivo aggiunto, oltre che privo di rilevanza (non è dato cogliere,
infatti, la ricaduta processuale della censura) è inammissibile in quanto
tardivo, non potendo in alcun modo dirsi collegato con i motivi primigeni.

20.

In relazione all’epilogo i ricorrenti, ad eccezione di Gerrninario

Rosalia, la cui posizione, come si è visto, è stata stralcaita, debbono essere
condannate al pagamento delle spese del procedimento.
Il F.F., il R.R. ed il A.A., inoltre, al pagamento della
somma stimata di giustizia, di cui in dispositivo, in favore della cassa delle
ammende.

P.Q.M.

Dispone la separazione del processo nei confronti di G.G.
e rinvia il procedimento nei suoi confronti a nuovo ruolo.
Rigetta i ricorsi di B.B., R.R. o e M.M. che
condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di F.F.,
Bartolo e A.A. che condanna al paga

R.R.

processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1.000, 0 in fékdit’A

Cassa delle ammende.

Così deciso in Ro a 1’11/11/2014.

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