Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21726 del 28/09/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21726 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: VANNUCCI MARCO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
c/
MEDORI LUCIANO nato il 25/09/1954 a ROMA
MONGIOVI’ MASSIMO nato il 17/07/1959 a ROMA
MONTIRONI DANIELA nato il 04/02/1962 a CINGOLI
FRAIOLI ALESSIO nato il 05/04/1978 a ROMA
CESE NANDO nato il 29/05/1976 a SCHIAVI DI ABRUZZO
FREZZA PIETRO nato il 28/06/1952 a ROMA
nel procedimento a carico di questi ultimi

avverso l’ordinanza del 26/09/2016 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;
lette

Data Udienza: 28/09/2017

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale dott. Perla Lori, che ha chiesto: l’annullamento dell’ordinanza impugnata
nella sola parte relativa alle esigenze cautelari; il rigetto nel resto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 26 settembre 2016, in sede di rinvio da Cass. 2
dicembre 2015, il Tribunale di Roma ha confermato il decreto emesso dal Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri il 6 maggio 2015, dispositivo del

conducente dal Comune di Velletri rispettivamente rilasciate a Luciano Medori,
Massimo Mongiovì, Daniela Montironi, Alessio Fraioli, Nando Cese e Pietro Frezza,
in quanto pertinenti al reato di cui all’art. 19, sesto comma, della legge n. 241 del
1990 a ciascuna di tali persone rispettivamente contestato (in particolare è
contestato a costoro di avere falsamente attestato di disporre di idonee rimesse
conformi ai requisiti di cui alla legge n. 21 del 1992 in segnalazioni certificate di
inizio della sopra indicata attività di noleggio).
Questa, in sintesi, la motivazione alla base della decisione: in riferimento a
ordinanza relativa a misura cautelare reale adottata in sede di rinvio dalla Corte di
cassazione non trova applicazione l’art. 311, comma

5-bis cod. proc. pen. dal

momento che a tale disposizione non vi è rinvio da parte dei successivi artt. 324 e
325; tale interpretazione, che ribadisce un doppio regime di impugnazione dei
provvedimenti cautelari reali e quelli personali è giustificata dalla diversa rilevanza
degli interessi sostanziali compressi, rispettivamente, da tali diversi
provvedimenti; che in sede di riesame al giudice è demandata una valutazione
sommaria in ordine alla probabile sussistenza del reato contestato, compreso il
relativo elemento soggettivo, purché emergente ictu ocu/i; alla luce del contenuto
delle riproduzioni fotografiche effettuate in occasione di diversi sopralluoghi,tarea
utilizzata dai ricorrenti per lasciare in sosta gli autoveicoli (terreno sterrato,
totalmente aperto, esteso per circa 530 mq., sul quale vengono ricoverate diverse
autovetture – mai quelle abbinate alle licenze rilasciate ai ricorrenti -, accatastati
ciocchi di legno, insiste un manufatto fisso in lamiera abusivamente realizzato),
non ha le caratteristiche proprie dell’area attrezzata prevista dal regolamento del
Comune di Velletri relativo all’esercizio di attività di noleggio di autoveicoli con
conducente; il raffronto fra le riproduzioni fotografiche dei luoghi eseguite dalla
polizia giudiziaria (raffiguranti un semplice spiazzo recintato utilizzato come
parcheggio generico di autovetture e deposito occasionale di oggetti) e quelle
depositate dai difensori all’udienza di riesame (evidenzianti attuale suddivisione e
ripartizione dei ricoveri tra le vetture autorizzate al noleggio e la presenza di
estintori del fuoco) costituisce tentativo postumo di adeguamento dell’area alle
1

sequestro preventivo delle autorizzazioni al servizio di noleggio di autovetture con

prescrizioni del regolamento comunale, «ben poco compatibile con una condizione
psicologica di buona fede o di ignoranza inevitabile»; non è dunque possibile
escludere il dolo, né la dedotta situazione interiore di dubbio degli indagati,
incidente sulla sussistenza del dolo.
2. Per la cassazione di tale ordinanza le sopra indicate persone hanno proposto
distinti ricorsi. In particolare: il ricorso di Medori (atto sottoscritto dall’avvocato
Marcello Carriero) contiene tre motivi di impugnazione; Mongiovì censura
l’ordinanza (ricorso sottoscritto dagli avvocati Pietro Troianiello e Gianluigi

Piancatelli) Montironi, Fraioli, Cese e Frezza criticano l’ordinanza sulla base di un
unico, articolato, motivo.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con la quale ha
chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata nella sola parte in cui ha omesso
di valutare le esigenze cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E’ da esaminare con priorità logica, in ragione della sua potenziale decisività, il
terzo motivo del ricorso di Medori, relativo alla dedotta perdita di efficacia
dell’ordinanza dispositiva del sequestro per violazione dell’art. 311-comma

5-bis,

cod. proc. pen.
Il ricorrente sostiene che, disposto dalla Corte di cassazione (sentenza emessa il
2 dicembre 2015) l’annullamento dell’ordinanza che aveva respinto l’istanza di
riesame dell’ordinanza di sequestro emessa dal Giudice per le indagini preliminari,
tra il giorno della ricezione degli atti dalla cancelleria del Tribunale (18 aprile
2016) e quello della decisione (26 settembre 2016) è decorso un arco temporale
superiore al termine perentorio (dieci giorni) previsto dall’art. 311, comma

5-bis

cod. proc. pen.
La censura è infondata.
In motivazione, Cass. S.U., n. 18954 del 31 marzo 2016, Capasso, Rv. 266788,
ha avuto modo di precisare come il contenuto dell’art. 13 della legge n. 47 del
2015 costituisca una “spia” della volontà del legislatore di insistere sulla
differenziazione fra la disciplina legale del riesame relativo alle misure cautelari
personali e quella del riesame relativo alle misure cautelari reali, avendo tale
articolo inserito il comma 5-bis nell’art. 311 del codice di rito. Secondo tale
pronunzia, la prescrizione di tempi per il giudice del rinvio che deve rendere la
propria decisione di misura coercitiva «non ha riguardato la procedura di riesame
delle misure reali, posto che l’art. 311, comma 5-bis , non essendo richiamato, a
differenza dei propri commi 3 e 4, dall’art. 325 cod. proc. pen. – cioè dalla norma
che disciplina il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse nelle procedure

2

Abbruzzese) per tre motivi; con unico atto (sottoscritto dall’avvocato Marco

della impugnazione, nell’incidente cautelare reale – non opera in relazione a
queste».
La stessa sentenza ha avuto inoltre modo di precisare che non vi è motivo,
letterale o sistematico, «per non riconoscere che la divaricazione nella
regolamentazione dei due tipi di riesame è perdurante e confermata e che si
apprezza una intrinseca coerenza nella complessiva disciplina del riesame in
materia reale il quale, a differenza dell’omologo istituto in materia di misure
coercitive personali, sebbene in assonanza con l’istituto dell’appello ex art. 310

genetica che applica misure personali interdittive (richiamato a sua volta dall’art.
322-bis cod. proc. pen.), non (era e non) è scandito da termini perentori e
sanzionati per la trasmissione degli atti da parte del giudice procedente, né lo è
(divenuto) per il deposito della ordinanza e tantomeno per la decisione in sede di
rinvio….Esso è invece regolato con la previsione di un termine perentorio soltanto
per il deposito del dispositivo di decisione, termine che, al pari di quello solo
ordinatorio per il deposito della ordinanza (rimasto fissato, per le decisioni del
riesame reale, dall’art. 128 cod. proc. pen. come era già stato riconosciuto,
peraltro in via generale, da giurisprudenza costante a partire da Sez. U, n. 7 del
17/04/1996, Moni, Rv. 205256), è divenuto oggi procrastinabile, in base al nuovo
disposto del comma 9-bis dell’art. 309 , nella stessa misura nella quale venga
accolta la richiesta personale dell’imputato, di differimento della data di udienza
per giustificati motivi».
Nella stessa ottica interpretativa, è stato di recente specificamente affermato il
principio secondo cui il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione degli atti entro il quale, ai sensi dell’art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., deve
intervenire la decisione del tribunale del riesame nel caso di annullamento con
rinvio, da parte della Corte di cassazione, di un provvedimento applicativo o
confermativo di misura cautelare – si applica esclusivamente alle misure cautelari
personali e non anche a quelle reali (in questo senso, cfr. Cass. Sez. 1, n. 39259
del 15 giugno 2017, Serafini, Rv. 270752).
2. I ricorrenti criticano, con diversità di argomenti, l’ordinanza impugnata per
non avere la stessa osservato l’onere di motivazione ad essa imposto dalla citata
sentenza di questa Corte del 2 dicembre 2015; con conseguente violazione
dell’obbligo di cui all’art. 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. (primo motivo del
ricorso di Medori; primo e secondo motivo del ricorso di Mongiovì; parte del
motivo del ricorso di Montironi, Fraioli, Cese e Frezza).
Con la citata decisione di annullamento la Corte ha evidenziato che la
motivazione dell’ordinanza impugnata era carente con riguardo quanto meno alla
ravvisabilità dell’elemento psicologico del reato, dal momento che l’esistenza di

cod. proc. pen. che è anche la impugnazione ordinaria contro la ordinanza

regolamento del Comune di Velletri, parificante la disponibilità di un’area
attrezzata per la sosta di autoveicoli destinati all’esercizio dell’attività di noleggio
con conducente a quella di una rimessa, in funzione degli effetti cui le segnalazioni
di inizio attività erano destinate, la mancanza di contestazioni da parte del
Comune di Velletri e la concreta possibilità «che le partizioni constatate dalla
polizia giudiziaria potessero essere sia pure erroneamente considerate dai
dichiaranti come riconducibili alle aree menzionate nel citato regolamento, sono
infatti tali da rendere altrettanto concreta l’ipotesi che gli indagati non fossero

attribuendo alle stesse il significato esteso autorizzato dal tenore letterale del
regolamento».
Premesso che (secondo quanto risulta dall’ordinanza impugnata e dalle deduzioni
dei ricorrenti) il regolamento del Comune di Velletri per la disciplina del servizio di
noleggio di autovetture con conducente, prevede (art. 8, punto 3) che per poter
conseguire l’autorizzazione allo svolgimento di tale servizio è obbligatoria la
disponibilità di una rimessa autorizzata o di area attrezzata, nel territorio
comunale, presso la quale gli autoveicoli sostano o sono a disposizione dei clienti,
il giudice del riesame ha, con motivazione non sindacabile in questa sede,
affermato che, al momento degli accertamenti sui luoghi compiuti dalla polizia
giudiziaria, l’area adibita a sosta delle autovetture dai ricorrenti destinate
all’esercizio della propria attività di noleggio, non poteva qualificarsi come
“attrezzata”; sul semplice rilievo della mancanza di segni ovvero opere visibili
funzionali allo scopo.
Ciò costituisce presupposto per affermare la probabile sussistenza dell’elemento
materiale del reato a ciascuno dei ricorrenti contestato, dal momento che ciascun
ricorrente ebbe a dichiarare nella segnalazione certificata di inizio attività
presentata ai sensi della legge n. 122 del 2010 di disporre di una rimessa per il
proprio veicolo destinato all’esercizio dell’attività di cui si discute, sul presupposto
che l’area destinata alla sosta dei veicoli fosse “attrezzata” secondo la prescrizione
del citato regolamento comunale.
Inoltre, l’ordinanza impugnata ha escluso la probabile inconsapevolezza dei
ricorrenti di dichiarare il falso in tali segnalazione, come tale refluente in senso
negativo sull’elemento psicologico del reato, sul rilievo le opere e gli interventi
eseguiti, su iniziativa dei ricorrenti, sull’area in questione (desumibili dalle
riproduzioni fotografiche depositate dai ricorrenti nel procedimento di riesame)
dopo gli accertamenti eseguiti dalla polizia giudiziaria costituisce, in quanto
evidenziante volontà di adeguamento dell’area alla prescrizione del citato
regolamento comunale, condotta «ben poco compatibile con una condizione
psicologica di buona fede o di ignoranza inevitabile».
4

consapevoli di dichiarare il falso nel dichiarare la disponibilità di rimesse,

Dal momento che l’annullamento disposto con la sentenza sopra citata era per
vizio di motivazione quanto all’elemento psicologico del reato, con particolare
riferimento alla dedotta inconsapevolezza di ciascun ricorrente nella falsa
dichiarazione, occasionata dal contenuto della specifica disciplina comunale in
materia, la motivazione dell’ordinanza impugnata, per come testé sintetizzata,
costituisce adempimento all’obbligo al giudice del rinvio imposto dalla sentenza di
annullamento (art. 623, lett. a), cod. proc. pen.) che gli indagati non fossero
consapevoli di dichiarare il falso, in quanto essa si fonda su argomentazioni in

(in questo senso, cfr., per tutte, Cass. Sez. 4, n. 20044 del 17 marzo 2015, S.,
Rv. 263864; Cass. Sez. 4, n. 44644 del 18 ottobre 2011, F., Rv. 251660).
Sotto altro, concorrente, profilo, non sussiste vizio di motivazione sostanziantesi
in violazione di legge (il ricorso per la cassazione di ordinanze dispositive di
sequestro preventivo ovvero probatorio è ammesso solo per violazione di legge:
art. 325, comma 1, cod. proc. pen.), dal momento che questo è configurabile solo
quando gli argomenti fondanti le ragioni della decisione sono mancanti ovvero
privi dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, per tale
ragione, inidonei a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (in
questo senso cfr., da ultimo, Cass. Sez. 2, n. 18951 del 14 marzo 2017, Napoli,
Rv. 269656). Nel caso di specie, invero, la motivazione dell’ordinanza impugnata
risulta affatto intelligibile e caratterizzata da logica interna.
Le censure mosse dai ricorrenti alla parte di motivazione dedicata alla probabile
sussistenza dell’elemento psicologico del reato a ciascuno contestato, sono dunque
infondate.
3. Fondate sono, infine, le censure mosse dai ricorrenti Medori (parte del primo
motivo) e Mongiovì (terzo motivo) quanto alla mancanza di motivazione in ordine
alle esigenze cautelari da soddisfare con il sequestro emesso ai sensi dell’art. 321,
comma 1, cod. proc. pen.
Con la più volte citata sentenza del 2 dicembre 2015 questa Corte censurò la
precedente ordinanza del giudice del riesame cautelare anche quanto alla
valutazione dell’esigenza cautelare, «sulla quale la motivazione del provvedimento
impugnato si riduce…all’affermazione della valutabilità economica delle
autorizzazioni e della possibilità che le stesse siano poste in circolazione a fine di
lucro».
Tale motivazione venne dunque ritenuta affatto insufficiente a costituire
presupposto per il sequestro preventivo delle autorizzazioni amministrative a
ciascuno dei ricorrenti rilasciate dal Comune di Velletri.
In linea di principio (salve le specifiche ipotesi di sequestro che prescindono dalla
motivazione relativa alle esigenze cautelari), l’indicazione delle esigenze cautelari
5

parte diverse ed in parte arricchite rispetto a quelle censurate in sede di legittimità

costituisce requisito doveroso dell’ordinanza dispositiva di sequestro preventivo,
pena la nullità della misura ablativa che può essere rilevata in sede di riesame
cautelare (in questo senso, cfr., in motivazione, Cass. S.U., n. 18954 del 31 marzo
2016, Capasso, cit.).
Nel caso di specie non un rigo dell’ordinanza impugnata è dedicato all’esame
delle esigenze cautelari da soddisfare con il, confermato, decreto di sequestro
preventivo; con conseguente violazione del precetto recato dall’art. 623, lett. a),
cod. proc. pen., dovendo il Tribunale fornire motivazione relativa all’esistenza delle

L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata sul punto anche nella parte
riguardante i ricorrenti Montironi, Fraioli, Cese e Frezza, dal momento che
l’accertato vizio di mancanza di motivazione riguarda anche costoro.
L’annullamento dell’ordinanza deve in conclusione essere disposto per la sola
parte caratterizzata da mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza di
esigenze cautelari da soddisfare con i sequestri.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per
nuovo esame sul punto al Tribunale di Roma, sezione per il riesame, in diversa
composizione. Rigetta nel resto i ricorsi.

Così deciso in Roma il 28 settembre 2017.

esigenze cautelari diversa da quella censurata con la sentenza di annullamento.

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