Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21724 del 07/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21724 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Novebaci Claudio, nato a Torino il 15/11/1958

avverso la sentenza del 14/05/2015 della Corte d’Appello di Torino

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante
Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi i difensori avv.ti Franco Carlo Coppi e Stefano Toniolo, che hanno concluso
per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino del 09/02/2009, veniva
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Data Udienza: 07/04/2016

confermata l’affermazione di responsabilità di Claudio Novebaci per il reato di
bancarotta fraudolenta commesso concorrendo, quale consulente ed istigatore di
Sebastiano Anastasi, dichiarato fallito in Torino il 23/04/2004 come socio
illimitatamente responsabile della ECAT s.n.c. con il fratello Giuseppe, nella
distrazione di due immobili simulatamente ceduti alla Little Bay s.r.I., partecipata
da un trust inglese facente capo agli Anastasi, e da questa trasferiti a Sandra
Cavarra, sorella di un’impiegata della ECAT e figlia della convivente di Sebastiano
Anastasi, senza che il corrispettivo entrasse nel patrimonio del fallito. La

mesi quattro di reclusione.
L’imputato ricorrente deduce:
1. violazione di legge e vizio motivazionale sulla configurabilità del reato;
non sarebbero state valutate le argomentazioni proposte con i motivi di appello,
in base ad elementi analiticamente riportati nel ricorso, per le quali la condotta
distrattiva attribuibile all’imputato, consistente nella cessione degli immobili alla
fiduciaria nel periodo in cui vigeva il rapporto di consulenza fra l’Anastasi e
l’imputato, veniva riparata con il rientro nelle disponibilità dell’Anastasi del
controvalore della successiva cessione degli immobili alla Cavarra nel giugno del
2003, mentre la cessazione del rapporto professionale fra l’Anastasi e l’imputato
nel gennaio del 2003 escludeva il concorso del Novebaci nella diversa distrazione
del corrispettivo degli immobili, verificatasi nel 2004;
2. violazione di legge e vizio motivazionale sulla sussistenza del fatto
contestato; la ricostruzione alternativa proposta con i motivi di appello, per la
quale fino al momento della cessazione del rapporto professionale fra l’imputato
e l’Anastasi non vi era una situazione irreversibile di dissesto, e il trasferimento
degli immobili era funzionale ad un progetto di liquidazione stragiudiziale della
ECAT e di soluzione concordata con i creditori, in quanto destinato a dotare
patrimonialmente una società posta sotto il controllo dell’Anastasi per consentirle
di ottenere un finanziamento da destinare al pagamento dei debiti, sarebbe stata
disattesa in base a dichiarazioni del coimputato Sebastiano Anastasi, delle quali
non sarebbe stata considerata l’inattendibilità, e ad una valutazione carente ed
illogica degli elementi indicati dalla difesa; non sarebbero state in particolare
esaminate le dichiarazioni del teste avv. Rondelli, la corrispondenza intrattenuta
dall’imputato con l’Anastasi in occasione della chiusura del rapporto, la limitata
durata di quest’ultimo e la circostanza per la quale il prezzo della cessione non
veniva quietanzato, coerente con la versione difensiva e invece incompatibile con
l’intento distrattivo; la fattibilità del progetto concordatario sarebbe stata esclusa
unicamente in base alle diverse condotte distrattive successivamente poste in
essere dagli Anastasi, omettendo di considerare la possibilità che gli stessi
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sentenza di primo grado era riformata con la riduzione della pena ad anni uno e

avessero adottato una strategia illecita solo in seguito all’interruzione del
rapporto con il Novebaci, ed alla mancanza di prova in ordine a contratti di
finanziamento in favore della Little Bay, trascurando le considerazioni dell’appello
sull’irrilevanza di tale elemento, in violazione del principio del ragionevole
dubbio;
3. violazione di legge sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato;
non sarebbe stata valutata l’esistenza di circostanze incompatibili con la
consapevolezza dell’imputato in ordine al possibile verificarsi del fallimento in

estraneo in quanto avente contenuto corrispondente a quello dell’imprenditore,
quali la previsione contrattuale di un pagamento dilazionato delle spettanze del
Novebaci e la distanza temporale fra i fatti ed il fallimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi dedotti sulla configurabilità del reato sono infondati.
La tesi del ricorrente sul punto si articola nella considerazione per la quale,
anche a voler ammettere che la cessione degli immobili alla Little Bay avesse
integrato un’ipotesi di bancarotta per distrazione, realizzatasi in prospettiva
accusatoria nel periodo nel quale era in atto il rapporto di consulenza fra
l’Anastasi e l’imputato, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto che tale
condotta veniva riparata dal versamento alla società Little Bay, e quindi dal
rientro nelle disponibilità dell’Anastasi che la controllava, del controvalore degli
immobili, corrisposto dalla Cavarra in pagamento della successiva cessione degli
immobili alla stessa, precedentemente alla dichiarazione di fallimento; e che la
mancata confluenza di detta somma nel patrimonio personale dell’Anastasi
avrebbe dato luogo ad una diversa e in questo caso definitiva distrazione, che si
verificava però in epoca successiva alla cessazione del rapporto professionale fra
l’Anastasi ed il Novebaci e non sarebbe pertanto a quest’ultimo addebitabile.
Questa lettura della vicenda presuppone tuttavia la possibilità di distinguere
le due condotte distrattive in quanto separate da un sia pur momentaneo
ingresso della somma pagata dalla Cavarra, per l’acquisto degli immobili, nelle
disponibilità dell’Anastasi. Ma tale ingresso non è individuabile, in una situazione
nella quale la somma rimaneva estranea al patrimonio personale dell’Anastasi e
non è dato identificare i momenti nei quali la stessa sarebbe entrata e
successivamente uscita dall’ambito giuridico della garanzia verso i creditori della
ECAT e dei soci della stessa. Né il ricorrente deduce ulteriori e specifici elementi
a riguardo; rimanendo pertanto insuperate le osservazioni della sentenza
3

conseguenza della condotta, elemento necessario del dolo del concorrente

impugnata, per la quali il patrimonio dell’Anastasi non risultava in alcun modo e
in alcun momento reintegrato della perdita provocata dalla cessione degli
immobili in assenza di un contestuale corrispettivo.

2. Anche i motivi dedotti sulla sussistenza del fatto contestato sono
infondati.
Le censure proposte con il ricorso si incentrano essenzialmente sulla critica
della valutazione della sentenza impugnata in termini di ritenuta di inattendibilità

un progetto di risanamento di una situazione finanziaria ancora non
irrimediabilmente compromessa della ECAT, articolato nella costituzione di altra
società, la Little Bay, controllata dall’Anastasi, nel conseguimento da parte della
stessa di un finanziamento garantito dagli immobili trasferiti dall’Anastasi alla
Little Bay e nell’impiego della somma così ottenuta per il pagamento dei debiti e
la liquidazione stragiudiziale della ECAT; valutazione, quella della Corte
territoriale, della quale si lamenta l’illogicità per un asseritarnente inadeguato
esame degli elementi anche in fatti richiamati dal ricorrente a sostegno di tale
ricostruzione alternativa.
La prospettazione difensiva era tuttavia disattesa dai giudici di merito in
primo luogo per il fatto che la stessa non escludeva la natura distrattiva
dell’operazione contestata, con la quale immobili che costituivano gli unici beni
del patrimonio di Sebastiano Anastasi venivano sottratti alla garanzia verso i
creditori ed all’eventuale pignoramento in favore degli stessi. Che detta cessione
sia stata effettuata in assenza di alcun immediato corrispettivo non è
sostanzialmente posto in discussione; né un siffatto corrispettivo può essere
individuato nella peraltro futura ed incerta circostanza del conseguimento del
finanziamento e della destinazione dello stesso al pagamento dei debiti della
ECAT, come osservato dalla difesa all’odierna udienza, trattandosi di liquidità
comunque controbilanciata dall’insorgenza di un debito verso l’istituto di credito
finanziatore per la restituzione della somma erogata. E, per il resto, le riportate
conclusioni della sentenza impugnata sono conformi ai principi affermati da
questa Corte Suprema sulla natura di reato di pericolo propria del delitto di
bancarotta fraudolenta, che attribuisce valenza lesiva anche alla mera
potenzialità di un danno per le ragioni dei creditori (Sez. 5, n. 3229 del
14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932; Sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014,
Bergamaschi, Rv. 260407; Sez. 5, n. 11633 del 08/02/2012, Lombardi Stronati,
Rv. 252307) derivante da condotte che presentino connotati intrinseci di
offensività nei confronti della garanzia generica offerta dal patrimonio
dell’imprenditore ai sensi dell’art. 2740 cod. civ., offre ai creditori, pregiudicata
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della tesi difensiva per la quale la cessione degli immobili avrebbe fatto parte di

dalla destinazione di componenti di detto patrimonio a finalità diverse da quelle
inerenti all’attività imprenditoriale (Sez. 5, n. 16759 del 24/03/2010, Fiume, Rv.
246879; Sez. 5, n. 36629 del 05/06/2003, Longo, Rv. 227148); essendo
pertanto rilevante che una determinata operazione, per le modalità con le quali è
stata realizzata, si presenti come produttiva di effetti immediatamente e
volutamente depauperativi del patrimonio, assumendo la stessa, nell’eventualità
dell’intervento della procedura concorsuale, il contenuto effettivo del pericolo che
il soddisfacimento per quanto possibile delle pretese creditorie, a cui la stessa è

(Sez. 5, n. 1354 del 07/05/2014, Daccò).
Le stesse prospettive favorevoli dell’operazione, così come rappresentata
dalla difesa, erano peraltro esaminate e ritenute concretamente insussistenti
dalla Corte territoriale; e ciò, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente,
non in base alle dichiarazioni del coimputato Anastasi o alle diverse condotte
distrattive successivamente poste in essere dai coimputati, queste ultime in
realtà solo marginalmente menzionate quali confermative del dissesto della
ECAT, ma essenzialmente per la mancata risultanza di un attivo interessamento
dell’imputato ai fini dell’effettivo conseguimento del finanziamento che avrebbe
dovuto costituire l’obiettivo dell’operazione in oggetto. Tale argomentazione
risulta coerentemente sviluppata, ove si consideri l’immediatezza della cessione
degli immobili, e del conseguente depauperamento del patrimonio dell’Anastasi,
a fronte della mancanza di un previo accertamento della consistenza dei debiti
che l’operazione avrebbe dovuto soddisfare e di un raffronto fra l’effettivo
importo degli stessi ed il valore dei beni ceduti. Nessun vizio logico è pertanto
ravvisabile nella conclusione della sentenza impugnata, per la quale la cessione
assumeva l’unico risultato certo della sottrazione degli immobili all’attivo
fallimentare, e si risolveva in una condotta che presentava connotazioni
distrattive già nel momento in cui l’imputato vi partecipava nella sua veste di
consulente; e vizi motivazionali non emergono dalle ulteriori argomentazioni del
ricorrente, vertenti su profili di merito e comunque ritenute consequenzialmente
recessive rispetto a quelle valorizzate dalla Corte d’Appello.

3. Sono altresì infondati i motivi dedotti sulla sussistenza dell’elemento
psicologico del reato.
Le doglianze del ricorrente sul punto presuppongono per un verso che il dolo
del concorrente del reato di bancarotta estraneo alla compagine gestionale
dell’impresa fallita, quale era nella specie il Novebaci, abbia contenuto analogo a
quello del soggetto agente intraneo del reato, e per altro che tale contenuto
comprenda la consapevolezza del possibile verificarsi del fallimento in
5

funzionale, sia pregiudicato dalla pregressa ed indebita diminuzione patrimoniale

conseguenza della condotta, in ordine alla quale è specificamente dedotto il
lamentato vizio motivazionale.
Orbene, mentre il primo di tali presupposti è correttamente individuato,
diversamente deve concludersi per il secondo. Non vi sono in effetti ragioni, in
aderenza alle regole generali sul concorso di persone nel reato, perché
all’oggetto del dolo debba essere attribuito contenuto diverso e più ampio, per la
posizione del concorrente estraneo, rispetto a quello che è richiesto
all’imprenditore (Sez. 5, n. 1706 del 12/11/2013, dep. 2014, Papalia, Rv.

del 13/01/2009, Poggi Longostrevi, Rv. 243162). Ma, secondo i principi
costantemente affermati da questa Corte di legittimità, ai fini della configurabilità
del dolo nel soggetto attivo del reato di bancarotta è sufficiente la
consapevolezza di dare al patrimonio una destinazione diversa rispetto alle
finalità dell’impresa e pregiudizievole per la garanzia dei creditori (Sez. 5, n.
35093 del 04/06/2014, Sistro, Rv. 261446; Sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014,
Bergamaschi, Rv. 260407; Sez. 5, n. 3299 del 14/12/2012, Rossetto, Rv.
253932; Sez. 5, n. 44933 del 26/09/2011, Pisani, Rv. 251214; Sez. 5, n. 11899
del 14/01/2010, Rizzardi, Rv. 246357). Il dolo dell’extraneus, proprio in quanto
caratterizzato da un contenuto non diverso da quello dell’imprenditore, non può
pertanto che risolversi anch’esso nei termini descritti; rimanendone invece
esclusa la previsione del dissesto quale possibile risultato della condotta.
Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07/04/2016

258950; Sez. 5, n. 16579 del 24/03/2010, Fiume, Rv. 246879; Sez. 5, n. 9299

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