Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21723 del 30/03/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21723 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bernaudo Vincenzo, nato a Rogliano il 28/07/1987

avverso l’ordinanza del 21/07/2016 del Tribunale di Cosenza

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Oscar Cedrangolo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e
condannarsi il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a
favore della cassa delle ammende.

RITENUTO IN FATTO

1. Con istanza depositata il 10 giugno 2016 Vincenzo Bernaudo, premesso di
essere stato condannato nel processo n. 1713/2016 R.G.N.R. per il delitto di cui
all’art. 648 cod. pen. con sentenza del Tribunale di Cosenza, confermata dalla
Corte di appello di Catanzaro e non ulteriormente impugnata, ha chiesto
l’estensione in proprio favore degli effetti della sentenza n. 21919/2016 di questa

Data Udienza: 30/03/2017

Corte di cassazione, che, adita dal coimputato Luca Mazzei, aveva annullato
senza rinvio la sentenza impugnata, riqualificando la condotta contestata nel
delitto di cui all’art. 55, comma 8, d.lgs. n. 231 del 2007, che ha dichiarato
estinto per intervenuta prescrizione alla data della decisione.

2. Il Tribunale di Cosenza, in funzione di giudice dell’esecuzione, con
ordinanza del 21 luglio 2016 ha rigettato l’istanza, rilevando, a ragione della
decisione, che:

estensivo della impugnazione operava solo nel caso di concorso di persone nel
medesimo reato, e che, se doveva ritenersi applicabile la disciplina della
estensione anche nei casi in cui i coimputati fossero stati giudicati in processi
diversi per ragioni contingenti, era tuttavia necessario che sussistesse il concorso
nel medesimo reato;
– detto presupposto non ricorreva nella specie, poiché il reato di cui all’art.
648 cod. pen., contestato all’istante, era stato commesso in contesto spaziotemporale del tutto autonomo rispetto a quello di identica configurazione
giuridica ascritto al Mazzei;
– lo stesso art. 587, comma 2, cod. proc. pen. precisava, confermando tale
conclusione, che, in caso di riunione per reati diversi, l’impugnazione di un
imputato giovava anche a tutti gli altri imputati solo se i motivi riguardavano
violazioni di legge processuale e non erano esclusivamente personali.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore avv. Rossana Cribari, l’interessato Bernaudo, che ne chiede
l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale deduce inosservanza ed
erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità e contraddittorietà
della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.,
in relazione all’art. 587 cod. proc. pen.
2.1. Secondo il ricorrente, la ragione del rigetto della richiesta, correlata alla
insussistenza del concorso di persone nel reato, integra la denunciata violazione
di legge per essere fondata su una interpretazione rigoristica ed eccessivamente
letterale dell’art. 110 cod. pen., mentre dottrina e giurisprudenza convergono nel
ritenere che il concorso di persone debba essere inteso in senso ampio
comprendendo anche le ipotesi di concorso c.d. improprio o di reati diversi e
interdipendenti.
Nella specie sono state contestate a esso ricorrente e agli altri imputati
condotte identiche (ex art. 648 cod. pen. per avere ricevuto, nella
consapevolezza della loro provenienza delittuosa, ricariche per telefonino), in

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– secondo il disposto dell’art. 587, comma 1, cod. proc. pen., l’effetto

contesto unitario, originate dal medesimo reato-presupposto (per essere
provento di rapina perpetrata nei confronti di un esercizio commerciale),
interdipendenti e oggetto di unica pronuncia.
2.2. Sussistevano, invece, i presupposti per l’estensione di cui all’art. 587
cod. proc. pen., che opera di diritto quale rimedio straordinario ed è volta a
evitare ingiustificate disparità di trattamento e contrasto tra giudicati.
Né il motivo proposto è esclusivamente personale e ostativo alla estensione
della impugnazione, poiché con la sentenza resa in sede di legittimità il fatto è

prescrizione, e tale mutamento del titolo del reato, ove dello stesso debba
rispondere anche il coimputato non impugnante, comporta conseguenze di
carattere generale che, se determinano la mitigazione della responsabilità
penale, producono l’effetto estensivo in relazione alla diversa qualificazione
giuridica del fatto-reato ascritto.

3.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta,

concludendo per l’inammissibilità del ricorso, stante la manifesta infondatezza
dei motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Si rileva in diritto che, per consolidato orientamento di legittimità, il
fenomeno processuale della estensione della impugnazione in favore del
coimputato non impugnante (o l’impugnazione del quale sia stata dichiarata
inammissibile), di cui all’art. 587 cod. proc. pen., opera di diritto, nell’ambito del
processo plurisoggettivo per lo stesso reato o in un procedimento cumulativo,
come rimedio straordinario che, al verificarsi dell’evento consistente nel
riconoscimento, in sede di giudizio conclusivo sul gravame, della fondatezza del
motivo non esclusivamente personale dedotto dall’imputato diligente, è idoneo a
revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del
beneficio conseguito dal coimputato, cui segue che, fino a quando non si sia
verificato tale effetto risolutivo, l’indicato fenomeno processuale non spiega
influenza alcuna sulla esecutorietà della sentenza relativa al rapporto processuale
concernente il non impugnante o equiparato (Sez. U, n. 9 del 24/3/1995,
Cacciapuoti, Rv. 201304, e, tra le successive, Sez. 5, n. 15446 del 17/02/2004,
Koshi, Rv. 228758; Sez. 1, n. 52972 del 07/10/2014, Roman, Rv. 261698).
Attraverso l’estensione della impugnazione si realizza, pertanto, un
ampliamento della sfera «soggettiva» del devoluto, nel senso che la domanda

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stato riqualificato in fattispecie più tenue ed è stato dichiarato estinto per

«estensibile» attrae nell’alveo del relativo perimetro decisorio anche le posizioni
soggettive «estranee» a quella domanda, ma suscettibili di godere dei relativi
effetti positivi.
2.1. Si è anche affermato che, in tema di effetto estensivo
dell’impugnazione, che opera, in presenza di motivi non esclusivamente
personali, a favore degli imputati che non abbiano proposto ricorso per
cassazione anche nel caso di riqualificazione del fatto in un titolo di reato meno
grave di quello per cui vi era stata condanna (Sez. 5, n. 30971 del 10/04/2015,

deve, tuttavia, essere inteso in senso rigidamente formale, con la conseguenza
che l’estensione degli effetti della sentenza favorevole non può essere esclusa in
presenza delle altre condizioni di legge, in forza della mera contingenza di
un’occasionale separazione delle diverse posizioni, quando la situazione
processuale dell’imputato interessato a beneficiarne si sia sviluppata in modo del
tutto conforme a quella degli originari coimputati (Sez. 1, n. 8861 del
11/02/2015, Rastoder, Rv. 262831).
2.2. In coerenza con tale approccio ricostruttivo si è sottolineato che il
giudice dell’esecuzione è legittimato a intervenire e a rivedere la condanna,
eliminando o anche solo ridimensionando la portata del relativo giudicato, sulla
scorta di un esame dei profili di fatto rilevanti per l’esplicazione dell’effetto
estensivo, per il caso in cui il giudice di appello, «pur sussistendone i
presupposti, non abbia citato i coimputati non impugnanti e non abbia
estensivamente applicato gli effetti favorevoli del gravame» (tra le altre, Sez. 3,
n. 21085 del 19/04/2001, Laratta, Rv. 229235; Sez. 5, n. 17650 del
11/02/2004, Tresca, Rv. 229235; Sez. 6, n. 16509 del 21/01/2010, Di Maggio,
Rv. 246654; Sez. 1, n. 16678 del 01/03/2013, Antonelli, Rv. 255847; Sez. 1,
Sez. 1, n. 1454 del 14/10/2013, Lipari, Rv. 258390).
Né si è mancato di rilevare che, posta la possibilità del condannato di
invocare nella fase esecutiva -sempre che ne ricorrano i presupposti- l’effetto
estensivo quando voglia giovarsi della impugnazione proposta da altri, «[…]
l’unico ambito valutativo di tale incidente di esecuzione risulta […] rappresentato
dalla verifica in concreto dei presupposti di applicabilità della disposizione
normativa di cui all’art. 587 c.p.p., ossia la verifica della ‘comunicabilità’ o meno,
nella specifica vicenda processuale posta a monte, dell’effetto favorevole della
decisione emessa nei confronti dei coimputati impugnanti]»” (Sez. 1, Sez. 1, n.
1454 del 14/10/2013, citata, in motivazione).

3. Di tali condivisi principi il Giudice dell’esecuzione ha fatto corrette
applicazione.
4

F., Rv. 264838), il presupposto della unicità della sentenza di condanna non

3.1. L’ordinanza, invero, procedendo dalla preliminare analisi dei presupposti
fattuali della richiesta, ha rappresentato, illustrando la fattispecie di reato
contestata, che l’istante Bernaudo era stato tratto a giudizio per il reato di cui
all’art. 648 cod. pen. «per avere ricevuto da alcuni soggetti, nella
consapevolezza della loro provenienza delittuosa, 9 ricariche per telefonino,
provento di rapina commessa dai cedenti presso un esercizio commerciale
ubicato all’interno dell’area di servizio ‘Rogliano Est’», e ha rilevato che nello
stesso processo altri quattro soggetti (tra i quali Luca Mazzei) erano statti tratti a

telefoniche frutto della medesima rapina.
In esito al processo di primo grado, definito, previo riconoscimento
dell’attenuante speciale di cui al secondo comma dell’art. 648 cod. pen., con la
condanna degli imputati per il delitto contestato, -ha aggiunto il Giudice
dell’esecuzione- la Corte di appello, adita, tra gli altri, dall’istante Bernaudo e dal
Mazzei, ha confermato la sentenza di primo grado con sentenza divenuta
irrevocabile il 17 maggio 2015 quanto al primo e impugnata con ricorso per
cassazione da parte del secondo, nei cui confronti questa Corte di legittimità ha
annullato senza rinvio la sentenza impugnata, ritenuto il reato, riqualificata la
condotta nel delitto di cui all’art. 55, comma 8, d.lgs. n. 231 del 2007, estinto
per intervenuta prescrizione alla data della decisione.
3.2. Dopo tale premessa e congruente disamina il Giudice, rimarcata la
specifica contestazione al Bernaudo del reato di cui all’art. 648 cod. pen. in
contesto spaziale e temporale del tutto autonomo rispetto ad Alessandro (rectius
Luca) Mazzei, ha esattamente rimarcato che l’estensione in proprio favore,
reclamata dal Bernaudo, degli effetti della sentenza di legittimità resa nei
confronti del Mazzei, era pregiudicata dal rilievo preliminare della operatività
dell’effetto estensivo limitatamente alla ipotesi del concorso di più persone nel
medesimo reato, postulata anche dalla giurisprudenza (qui richiamata sub 2.1. di
questo «considerato in diritto»), che riconosce la «unicità della sentenza» (ai fini
della estensione degli effetti della sentenza favorevole) anche quando gli
imputati siano giudicati all’esito di processi differenti per ragioni contingenti.
Né il Giudice ha prescisso dal porre in confronto detta disciplina con quella di
cui al secondo comma della stessa disposizione, traendone anzi espressamente
ragioni di conferma dell’epilogo decisorio raggiunto, prevedendo la stessa che,
«nel caso di riunione di procedimenti per reati diversi, l’impugnazione proposta
da un imputato giova a tutti gli altri imputati soltanto se i motivi riguardano
violazioni della legge processuale e non sono esclusivamente personali», e
ragionevolmente ritenuta pertinente, quale norma di carattere generale, atlb

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giudizio per rispondere di analoghe condotte, e quindi della ricezione di ricariche

fattispecie in esame, nella quale la riunione dei procedimenti era avvenuta nella
fase delle indagini.

4. Detta valutazione, esente da vizi logici e giuridici, resiste alle deduzioni
difensive, che del tutto infondatamente opponendo la incorsa erronea
applicazione della normativa di riferimento e la inadeguatezza del discorso
giustificativo della decisione, ed evocando in diritto una interpretazione ampia e
generica, e non tecnico-giuridica, della fattispecie del concorso di persone in uno

da arresti successivi, reclamano, invece e sostanzialmente, una differente
lettura, invasiva del merito e non consentita in sede di legittimità, di elementi,
pertinenti ai fatti giudicati con riguardo al ricorrente e al Mazzei (quali la identità
delle condotte, la unitarietà del contesto, la identità del reato presupposto, la
interdipendenza, la unicità della pronuncia), in contrapposizione argomentativa
rispetto all’apprezzamento già plausibilmente svolto, nell’ordinanza impugnata,
delle medesime evidenze come non espressive della sussistenza di un concorso
in un medesimo reato, in linea con l’accertamento consegnato al processo e
positivamente riscontrato e ai limiti della indagine demandata al giudice
dell’esecuzione.
Né introducono ragioni di riflessioni le obiezioni e osservazioni difensive
riferite alla ratio della disciplina della estensione e alla natura dei motivi, che
presuppongono la stessa applicabilità dell’istituto, preclusa dal rilievo assorbente
della insussistenza del requisito del «concorso di più persone in uno stesso
reato».

5. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
A tale dichiarazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché -valutato il contenuto del ricorso e in difetto
dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione- al
versamento della somma, ritenuta congrua, di millecinquecento euro alla cassa
delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla
cassa delle ammende.

stesso reato (Sez. 6, n. 9754 del 09/06/1992, Masala, Rv. 191985), non ripresa

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