Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21722 del 30/03/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21722 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bertazza Luca, nato a Bolzano il 28/08/1990

avverso l’ordinanza del 06/06/2016 del Tribunale di sorveglianza di Trento

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Mario Pinelli, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a
favore della cassa delle ammende.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Sorveglianza di Trento, con ordinanza del 6 giugno 2016,
ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata da Luca Bertazza, volta a
ottenere il beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale o della

Data Udienza: 30/03/2017

detenzione domiciliare in relazione alla pena di cui al provvedimento di cumulo
del 30 gennaio 2015 della Procura generale presso la Corte di appello di Trento.
Il Tribunale osservava, a ragione della decisione, che:
– l’istanza originaria era relativa alla sentenza della Corte di appello di
Trento del 27 novembre 2013 di condanna alla pena di anni due e mesi due di
reclusione, mentre il cumulo del 30 gennaio 2015, che era sopravvenuto nelle
more del procedimento, aveva determinato la pena complessiva da espiare in
anni tre e mesi due di reclusione;

riferimento alla pena di cui alla indicata sentenza della Corte di appello di Trento
in relazione alla quale era stato sospeso l’ordine di esecuzione, ai sensi dell’art.
656, comma 5, cod. proc. pen., con estensione degli effetti alla pena come
cumulata;
– la pena superiore a due anni di reclusione comportava la inammissibilità
della istanza di detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-bis, Ord. pen.;
– anche l’istanza di affidamento in prova, da qualificarsi ai sensi dell’art. 47ter, comma 3-bis, Ord. pen., era inammissibile per essere la pena detentiva da
espiare superiore a tre anni e inferiore a quattro anni di reclusione, non essendo
richiamata tale ipotesi tra i casi nei quali il Pubblico Ministero poteva sospendere
la pena detentiva, ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen.;
– era pertanto da ritenere necessario, al fine della eventuale ammissione al
beneficio, l’espletamento della osservazione intramuraria e non poteva assumersi
la decisione unitaria sulla istanza formulata originariamente «estendendone gli
effetti alla pena come cumulata» con il titolo in esecuzione.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
dei suoi difensori avvocati Amanda Cheneri e Arturo Knering, l’interessato
Bertazza, che ne chiede l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale
denuncia errata applicazione dell’art. 47, comma

3-bis, Ord. pen. in relazione

all’art. 27 Cost. e al principio favor libertatis, carenza di motivazione in ordine
alla mancata possibilità di applicazione della detta disposizione normativa e
violazione del principio di ragionevolezza e di uguaglianza.
Secondo il ricorrente, il Tribunale, in presenza di provvedimento della
Procura generale di sospensione dell’esecuzione della pena ex art. 656 cod. proc.
pen. in attesa della sua decisione, avrebbe dovuto esaminare nel merito l’istanza
di affidamento in prova ai servizio sociale e tenere conto della relazione
dell’UEPE, dimostrativa del percorso di revisione da lui intrapreso e sostitutiva
della osservazione intramuraria, come già ritenuto dalla giurisprudenza di
legittimità in casi riguardanti reati di cui all’art. 4-bis Ord. pen.

– l’Organo dell’esecuzione aveva quindi chiesto una decisione unitaria con

Il non avere ritenuto equiparabile l’osservazione effettuata dall’UEPE rispetto
a quella definita intramuraria ha violato i principi costituzionali della rieducazione
della pena e di uguaglianza e ragionevolezza, previsti dagli artt. 27, comma 3, e
3 Cost., oltre al principio del favor libertatis.

3.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta,

concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, stante la manifesta

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso merita accoglimento.

2. Si premette in diritto che l’art. 47, comma 3-bis, Ord. pen. (introdotto
dall’art. 3, comma 8, lett. c, d.l. n. 146 del 2013, convertito con modificazioni
dalla legge n. 10 del 2014) prevede la possibilità di concedere l’affidamento in
prova ai servizi sociali al condannato a pena, anche residua, non superiore a
quattro anni di detenzione, «quando abbia serbato, quantomeno nell’anno
precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in
esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da
consentire il giudizio di cui al comma 2», e quindi che il provvedimento di
affidamento, anche attraverso le prescrizioni imposte «contribuisca alla
rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta
reati».
Tanto premesso, deve rilevarsi che l’entità della sanzione prevista in astratto
per la sospensione dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc.
pen., deve essere quella della pena, anche residua, non superiore ad anni
quattro di reclusione, quando la sospensione sia richiesta ai sensi della predetta
norma, e sia correlata con una istanza di affidamento in prova, consentendo la
stessa norma, attraverso il generale richiamo all’art. 47 Ord. pen. e pur
mantenendo invariata la soglia di tre anni, di ritenere specificamente richiamato
anche il nuovo comma del ridetto art. 47.
Il Tribunale, pertanto, poiché la pena, anche in esito al sopravvenuto
cumulo, non era superiore a quattro anni e l’istanza era collegata a quella di
affidamento in prova ai sensi dell’art. 47-ter, comma 3-bis, Ord. pen., avrebbe
dovuto assumere la decisione unitaria richiesta dalla Procura generale, che aveva
già sospeso la pena di cui alla sentenza del 27 novembre 2013, e procedere, in
presenza delle condizioni di legge, alla valutazione nel merito della istanza.

3

infondatezza dei motivi.

3. Né a tale valutazione ostava la mancanza di osservazione intrannuraria,
poiché, secondo il richiamato testo dell’art. 47-ter, comma 3-bis, Ord. pen.,
anche il condannato libero può accedere all’affidamento c.d. allargato, che ha per
destinatari i condannati sia in stato di libertà che detenuti, prevedendosi la
valutazione del comportamento del condannato «quantomeno nell’anno
precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in
esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà».
Dovendo, pertanto, ritenersi che la nuova norma abbia correlato

prevista per la perdurante forma di affidamento tradizionale, deve ribadirsi la
condivisa giurisprudenza di legittimità, che ha più volte affermato che,
nell’ipotesi in cui l’affidamento in prova sia richiesto prima dell’inizio
dell’esecuzione della pena, il tribunale di sorveglianza è tenuto a valutare, oltre
agli elementi sintomatici desumibili dalla natura e dalla gravità dei reati, dai
precedenti e dalle pendenze penali, la condotta mantenuta in stato di libertà dal
condannato dopo la condanna e gli eventuali progressi compiuti sulla scorta dei
dati conoscitivi forniti dalla osservazione e dalle valutazioni offerte dal servizio
sociale, allo scopo di accertare l’idoneità della misura alternativa a contribuire al
reinserimento sociale del medesimo e a contenerne la pericolosità sociale, se
tuttora esistente (tra le altre, Sez. 1, n. 1088 del 14/02/1997, Cordelli, Rv
207214; Sez. 1, n. 1970 del 11/03/1997, Caputi, Rv. 207998; Sez. 1, n. 1501
del 12/03/1998, citata), ponendosi in insanabile contrasto con un giudizio
prognostico positivo qualsiasi connotazione negativa della persona, eventuali 1/
debiti verso la giustizia e una persistente irregolarità comportamentale (tra le
altre, Sez. 1, n. 20478 del 12/02/2013, Siddique, Rv. 256078).

4. Il Tribunale, pertanto, come fondatamente rappresentato dal ricorrente,
doveva valutare nel merito l’istanza di affidamento in prova e, a tal fine, anche
disporre l’osservazione da parte dell’UEPE competente per i condannati in stato
di libertà, ovvero acquisirne gli esiti se già espletata, e in ogni caso esplicitando
e apprezzando le evidenze da essa traibili nel procedere al complessivo giudizio
prognostico demandatogli.

5. L’ordinanza impugnata, che non resiste alle doglianze difensive nei punti
ripercorsi, deve essere, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame allo
stesso Tribunale di sorveglianza di Trento, che, pur in assoluta libertà di
valutazione, dovrà tuttavia motivare la propria decisione attenendosi ai rilievi e
ai principi di diritto sopra indicati o richiamati.

4

l’affidamento alla osservazione annuale, in luogo di quella «per almeno un mese»

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Trento.
Così deciso il 30/03/2017

Il Consigliere estensore

Angela Tardio

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