Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21721 del 30/03/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21721 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Oliveri Grazia, nata a Ludwigsburg (Germania) il 18/01/1965

avverso l’ordinanza del 27/06/2016 del Magistrato di sorveglianza di
Caltanissetta

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Marilia di Nardo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma
alla cassa delle ammende.

RITENUTO IN FATTO

1. Con provvedimento del 27 giugno 2016 il Magistrato di sorveglianza di
Caltanissetta ha rigettato la richiesta avanzata da Oliveri Grazia, volta a ottenere
la modifica del luogo di esecuzione della misura alternativa dell’affidamento in
prova al servizio sociale, alla quale era stata ammessa con ordinanza del 27

Data Udienza: 30/03/2017

aprile 2016 del Tribunale di sorveglianza di Catania, e l’autorizzazione a eseguirla
a Freibarg in Germania, rilevando che la giurisdizione in materia di misure
alternative alla detenzione poteva essere esercitata solo in Italia.

2. L’interessata Oliveri, per mezzo del suo difensore di fiducia avv. Antonio
Impellizzeri, ha proposto ricorso in appello, che l’adito Tribunale ha qualificato
come ricorso per cassazione, chiedendo la riforma del provvedimento impugnato
e insistendo per la chiesta autorizzazione, in parziale modifica dell’ordinanza del

denunciato la nullità del provvedimento per violazione di legge.
Secondo la ricorrente, il Magistrato di sorveglianza ha omesso di apprezzare
le argomentazioni difensive svolte con l’istanza rigettata, e afferenti al fatto di
vivere dal mese di agosto 2011 in Germania, dove vivevano anche i genitori e i
prossimi congiunti, ha preso in locazione un appartamento e ha sempre lavorato
presso Case di riposo come operatore socio-sanitario.
Essa ha anche rappresentato di essersi trovata temporaneamente a
Valguarnera quando, nel settembre 2015, si era data esecuzione alla sentenza di
condanna del 7 luglio 2011 della Corte di appello di Caltanissetta, divenuta
definitiva, e di trovarsi a vivere in Italia, all’esito della scarcerazione conseguita
all’ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova, in una
condizione di totale sradicannento familiare, mentre l’autorizzazione a eseguire la
misura in Germania consentirebbe la realizzazione della finalità rieducativa della
pena.
Non essendovi una precisa disciplina, il solo limite individuabile dovrebbe
essere quello dell’avere l’affidato una dimora effettiva per rendersi reperibile ai
servizi sociali e consentire agli stessi il monitoraggio e la valutazione del suo
comportamento, senza che contrarie prassi operative o amministrative possano
prevalere sulla esigenza della funzione rieducativa della pena e di reinserimento
sociale del condannato, ovvero limitare la libertà di uscire dal territorio nazionale
e lavorare all’estero.

3.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta,

concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, stante la sua
manifesta infondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

7

Tribunale di sorveglianza di Catania, sulla base di unico motivo, con il quale ha

2. Si rileva in diritto che l’esecuzione della misura alternativa alla detenzione
dell’affidamento in prova al servizio sociale implica il necessario svolgimento
della stessa in Italia, in quanto i centri di servizio sociale per adulti sono deputati
a svolgere solo in ambito nazionale la loro attività che, per le sue peculiarità e la
sua specifica natura, non è ricompresa tra le funzioni statali esercitabili all’estero
da parte di uffici consolari, secondo il consolidato orientamento di questa Corte
(tra le altre, Sez. 1, n. 18862 del 27/03/2007, Magnani, Rv. 237363; Sez. 1, n.
45585 del 24/11/2010, Scozzari, Rv. 249172; Sez. 1, n. 10788 del 19/02/2013,

34747 del 11/12/2014, dep. 2015, Calanna, Rv. 264445).

3. A tale principio, correttamente applicato dal Magistrato di sorveglianza, e
qui riaffermato, deve darsi continuità, poiché, pur in assenza della eccepita
assenza di una precisa disciplina traibile dal testo normativo dell’art. 47 Ord.
pen., le finalità del chiesto istituto e le previste modalità della sua applicazione
ed esecuzione non consentono il trasferimento dell’affidato all’estero, nemmeno
in un paese comunitario.
Ha valenza in tal senso la duplice funzione dell’istituto, che per essere volto,
ai sensi dell’art. 47, secondo comma, Ord. pen., a contribuire alla rieducazione
del reo e ad assicurare la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati,
richiede, ai sensi del successivo nono comma, che «il servizio sociale controll(i)
la condotta del soggetto e lo aiut(i) a superare le difficoltà di adattamento alla
vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi
ambienti di vita», riferendone, poi, gli esiti al magistrato di sorveglianza.
3.1. Né deve trascurarsi di rilevare che lo stesso ridetto art. 47 prevede ai
commi quinto e sesto che all’affidato possono essere imposte le prescrizioni da
seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà
di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali e al lavoro, ovvero
limitative della libertà di soggiorno, di svolgere un’attività o di avere rapporti con
determinati soggetti, come di fatto sono state precisate nell’ordinanza che ha
ammesso la ricorrente al beneficio dell’affidamento in prova, occorrendo, invece,
rimarcare che -contrariamente alla minimizzazione della finalità preventiva delle
prescrizioni e delle limitazioni, opposta dalla ricorrente, invocando la prevalenza
del suo diritto a svolgere attività lavorativa e coltivare gli affetti e dolendosi della
inadeguata organizzazione dei servizi sociali- la previsione di presidi sufficienti
per tutelare la indicata finalità e la concreta possibilità dei servizi sociali di
condurre verifiche negli ambiti spaziali di competenza sono strettamente
correlate alla stessa natura del beneficio, quale misura alternativa alla
detenzione.

3

Mazza, n.m.; Sez. 1, n. 18225 del 25/03/2014, Valtriani, Rv. 261994; Sez. 7 n.

3.2. Indicazioni interpretative utili sono, anche, ricavabili, come già
affermato da questa Corte (Sez. 1, n. 10788 del 19/02/2013, citata) dalla
«Decisione Quadro 2008/909/GAI, la quale disciplina il reciproco riconoscimento
delle sentenze penali di condanna tra Stati dell’Unione con la previsione della
possibilità di trasferimento del condannato in altro paese comunitario per dare
corso all’esecuzione, Decisione recepita nell’ordinamento nazionale col D.Lgs. 7
settembre 2010, n. 161. Ebbene, all’art. 1 la Decisione quadro stabilisce che per
pena debba intendersi “qualsiasi pena detentiva o misura privativa della libertà

un procedimento penale”, mentre poi il cit. D.Lgs., art. 2, nell’esporre le
definizioni generali, specifica che la nuova disciplina è riferita alla sola esecuzione
delle pene detentive e delle misure di sicurezza personali detentive, escludendo
quindi le misure alternative alla detenzione carceraria, per le quali non è
consentito il trasferimento in altro paese comunitario».

4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
A tale dichiarazione segue la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché -valutato il contenuto del ricorso e in difetto
dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione- al
versamento della somma, ritenuta congrua, di millecinquecento euro alla cassa
delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla
cassa delle ammende.
Così deciso il 30/03/2017

personale di durata limitata o illimitata, irrogata a causa di un reato in seguito ad

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