Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21703 del 13/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 21703 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASA CONCETTA N. IL 14/02/1947
avverso la sentenza n. 2205/2014 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 04/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 1,- 5„. 015 .
che ha concluso per 1 q. CAA•4-m.A-AAn “* L Q 1Z.; •ok”.k.

Udito, per la parte civile, l’Avv. &riti
1„..„
Uditoi(difensoreAvv.

, (.24- L.
ef-k

Data Udienza: 13/11/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 04/02/2015 la Corte d’appello di Palermo ha confermato la
decisione di primo grado, che aveva condannato alla pena di giustizia e al
risarcimento dei danni Concetta Casa, in relazione al reato di diffamazione
contestatole per avere offeso la reputazione di Matteo Contino, dirigente
scolastico dell’Istituto tecnico statale per geometri e per il Turismo M. Rutelli di
Palermo, con l’invio di una missiva indirizzata al Presidente del Consiglio dei
Ministri al Dipartimento della Funzione Pubblica, all’Ispettorato per la Funzione

2. L’imputata ha personalmente proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
rilevando che il diritto di critica si sostanzia nell’espressione di un giudizio o nella
formulazione di un’opinione che sono necessariamente fondati su una
interpretazione soggettiva dei fatti e che, nel caso di specie, la missiva, nel
richiedere l’intervento del dott. Villani, all’epoca capo dell’ispettorato della
Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, perseguiva un
interesse di rilevanza pubblica e faceva riferimento a fatti e documenti veri,
portati alla conoscenza del destinatario della lettera.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
sottolineando che i giudizi , critici non sono suscettibili di valutazioni che
pretendano di ricondurli a verità oggettiva, ma devono avere un contenuto di
veridicità, nel senso devono riferirsi ad un fatto storicamente vero o ad un
evento realmente accaduto.

Considerato in diritto
1. I due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente per la loro stretta
connessione, sono infondati.
L’impugnazione non si confronta, nella sostanza, con un essenziale profilo
argomentativo della decisione impugnata, rappresentato dal superamento dei
limiti di continenza. In tal senso va colto il riferimento della Corte territoriale alla
“vera e propria aggressione nei confronti della persona offesa”.
E, al riguardo, va ribadito che, in tema di delitti contro l’onore, il requisito della
continenza non può essere evocato come strumento oggettivo di selezione degli
argomenti sui quali fondare la comunicazione dell’opinione al fine di costituire
legittimo esercizio del diritto di critica, selezione che, invece, spetta
esclusivamente al titolare di tale diritto, giacché altrimenti il suo contenuto ne
risulterebbe svuotato, in spregio del diritto costituzionale di cui all’art. 21 Cost..
Il rispetto del canone della continenza esige, invece, che le modalità espressive
dispiegate siano proporzionate e funzionali alla comunicazione dell’informazione,
1

Pubblica e al Dirigente Ispettore, dott. Villani.

e non si traducano, pertanto, in espressioni che, in quanto gravemente infamanti
e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto
criticato. Pertanto, il requisito della continenza, quale elemento costitutivo della
causa dì giustificazione del diritto di critica, attiene alla forma comunicativa
ovvero alle modalità espressive utilizzate e non al contenuto comunicato (Sez. 5,
n. 18170 del 09/03/2015, Mauro, Rv. 263460).
A tale prospettiva si accompagna, nella valutazione della Corte territoriale, anche
un’analisi dei fatti ai quali si correlava, secondo le doglianze della Casa,

Il rilievo della ricorrente, secondo la quale le sue espressioni sarebbero state
argomentate in relazione a fatti e documenti veri non coglie nel segno, giacché la
veridicità dei fatti sottesi all’espressione dei giudizi non è ravvisabile in
qualunque pur labile collegamento di questi ultimi con alcuni dati della realtà, ma
presuppone una dimostrazione e ragionevole rispondenza dei primi a fatti
realmente accaduti, laddove, nel caso di specie, con motivazione che non
esibisce alcuna manifesta illogicità, i giudici di merito hanno puntualmente
escluso la sussistenza delle irregolarità denunciate come poste in essere dalla
persona offesa.
2. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle
spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione
all’attività svolta, vengono liquidate in euro 1.200,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e
alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità,
che liquida in euro 1.200,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 13/11/2015
Il Componente estensore

Il Presidente

l’espressione dei suoi giudizi critici.

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